La legge di bilancio ha reintrodotto l’Irpef per gli agricoltori e impone ai giovani agricoltori di versare i contributi previdenziali. Nessuna proroga per le due esenzioni. Una scelta politica che potrebbe innescare anche nel nostro Paese le proteste cui assistiamo in Germania. Un gruppo di centinaia di imprenditori è già nato in Lombardia. Si chiama, senza giri di parole, “RIVOLTA AGRICOLA” (oltre 600 aziende, per ora). Una situazione che rischia di sfuggire di mano. Tra i sindacati, Confagricoltura chiede al governo di ripensarci, così come Cia. Tace per ora la Coldiretti.
La mancata proroga dell’esenzione Irpef per i redditi dominicali e agrari ai coltivatori diretti e agli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola (Legge 232/2016) stabiliva che non concorrevano alla formazione della base imponibile i redditi dominicali e agrari di tali soggett; riguardava anche i familiari coadiuvanti ed era fruibile anche dai soci delle società semplici, purché iscritti nella gestione previdenziale agricola. Esclusi invece i soci di società agricole costituite con denominazione Società in Nome Collettivo, Società in Accomandita Semplice e Società a Responsabilità Limitata trasparenti anche se avevano optato per la tassazione catastale.
A questo punto, nella dichiarazione dei redditi che sarà presentata nel 2025 si dovranno dichiarare i redditi dominicali e agrari in base alle risultanze catastali e assoggettarli a rivalutazione (80% per il reddito dominicale e 70% per il reddito agrario, con una seconda rivalutazione del 30%, per coloro che non rientrano nelle categorie esenti: i soggetti in possesso della qualifica di coltivatore diretto e di Iap). Si attende una risposta dell’esecutivo, possibilmente attraverso il Milleproroghe.
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