Il riso africano, si sa, è molto diverso da quello asiatico. Per combattere la siccità potrebbe essere possibile utilizzare il Dna di tale riso. Lo sostiene una ricerca pubblicata sulla rivista Nature Genetics e coordinata dall’università dell’Arizona, alla quale l’Italia ha dato un contributo importante con la Scuola superiore Sant’Anna di Pisa e l’università di Pisa. Rispetto al suo parente asiatico (Oryza sativa), il riso africano (Oryza glaberrima) è meglio adattato a condizioni di stress, come quelle causate da siccità e suolo acido. Averne analizzato il Dna significa ricostruire la storia della coltivazione di questa pianta importantissima per l’alimentazione e poter finalmente capire come è riuscita ad adattarsi ad ambienti estremamente difficili. «Si stima che la popolazione del pianeta raggiungerà i nove miliardi di persone nel 2050 ed è sempre più pressante la necessità di una seconda rivoluzione verde», ha detto Andrea Zuccolo, ricercatore afferente all’Istituto di Scienze della vita della Scuola superiore Sant’Anna facendo capire come il riso possa essere decisivo in questa sfida. Per i ricercatori la scommessa è identificare tutti i geni che rendono il riso resistente allo stress e riuscire a utilizzarli per ottenere raccolti più abbondanti. (02.08.14)
PREOCCUPA L’ACCUMULO NEVOSO
L’analisi idrologica a cura di Confagricoltura Pavia e di Alberto Lasagna