Per la prima volta, la Coldiretti piemontese sarà guidata da una nobildonna. Una baronessa. Può sembrare una concessione al gossip ed invece è un fatto politico ed economico. Tradizionalmente, infatti, il mondo agricolo subalpino ha due anime, quella della piccola proprietà contadina ammantata di giallo da Paolo Bonomi, fondatore della Coldiretti, e quella dei nobili, latifondisti e non, discesi «per lungo di magnanimi lombi» come direbbe il Parini, fino a diventare imprenditori della terra sotto le bandiere di Confagricoltura. Dipendenti dalla Pac i primi, non la disdegnano i secondi. Inclini alla vendita diretta del raccolto i primi, legati a filo doppio con l’industria i secondi.
LE DUE RISAIE
In risaia, questa regola è scolpita nel catasto. Leggere quello delle risaie, effettivamente, significa fare un bel ripasso di storia del Risorgimento. La foto di famiglia, però, è più datata di quel che si creda. Nel senso che da anni la Coldiretti cerca di sfilare ai cugini verdi le grandi aziende, a prescindere dai quarti di nobiltà. Poiché però la politica del carciofo non sai mai dove ti porta, ecco che dai grandi borghesi un bel giorno ti ritrovi nell’Accademia Araldica. E’ un percorso lungo, certo. Inizia con la nomina di Federico Vecchioni – past President di Confagricoltura – al vertice di Bonifiche Ferraresi. Sfilato dalla confederazione verde per prendere in mano l’unica fattoria quotata in borsa, non a caso, una volta, di proprietà del fondo pensioni di Bankitalia. Insomma, un grande borghese senza prozii sabaudi o austriacanti, oggi al vertice di un gruppo che è il crocevia di tutti gli interessi che contano nel mondo agroalimentare e in parte di quello finanziario.
L’ELEZIONE IN COLDIRETTI
Finora al vulcanico Vincenzo Gesmundo, il segretario generale che fa e disfa Coldiretti, sembrava però che non interessasse l’albero genealogico dei presidenti. Invece ora cambia tutto. Al vertice della Coldiretti subalpina, cioè nella Regione che ha dato i natali al Regno d’Italia, arriva una nobildonna. Eletta nel corso della XV° assemblea che si è tenuta a Torino. «Cristina Brizzolari, imprenditrice agricola, gestisce l’azienda La Mondina a Casalbeltrame, in provincia di Novara. Qui vengono coltivati a riso circa 200 ettari.
Cristina ha deciso di puntare sul riso ed, in particolare, sul re dei risi, il Carnaroli, oltre che sull’Artemide, un riso nero basmati integrale. Così è cominciata, circa 10 anni fa, l’avventura di RISO BUONO, confezionato nelle inconfondibili giare di vetro che nascono a Casalbeltrame e vengono vendute in Italia ed all’estero» recita il comunicato della confederazione piemontese. La Brizzolari sostituisce Roberto Moncalvo, già presidente di Coldiretti Nazionale: la neoeletta ha parlato di «continuità» e «lavoro di squadra». Sarà affiancata da due vicepresidenti: Bruno Mecca Cici, presidente di Coldiretti Torino, ed Enrico Nada, presidente di Coldiretti Cuneo.
DUE RISI A CONFRONTO
Ma chi è Cristina Brizzolari? Una imprenditrice immobiliare entrata nel blasonario per aver sposato il barone Vittorio Guidobono Cavalchini. Assumendo il titolo di baronessa del Sacro Romano Impero. Sicuramente, lei nel mondo del riso ha investito e innovato molto. Ha portato Riso Buono in televisione. E ha adottato uno dei packaging probabilmente più costosi per questo cereale, mettendolo sotto vetro.
Secondo Forbes, tutto è iniziato quando «il suocero Luigi Guidobono Cavalchini le chiese di occuparsi della ristrutturazione dell’antico casale di famiglia a Casalbeltrame». La rivista finanziaria parla di «200 gli ettari coltivati a rotazione: 100 a riso e i restanti 100 a mais, a erba da destinare agli animali oppure a risi con tecnologia Clearfield per pulire i campi». Ma, che coltivi riso CL o PVL, la Brizzolari è famosa in risaia per aver creato un brand, Riso Buono, appunto, famoso tra gli chef stellati.
Calcando, ci verrebbe da dire, le orme di quel “furbone” di Piero Rondolino che con Acquerello ha portato il valore aggiungo di un chicco di riso a livelli impensabili e spesso emulati. Dove lui colonizza le bouriques del gusto, lei assolda chef stellati. Tra i due prodotti c’è una differenza: Acquerello è un riso tecnicamente elaborato come si fa con il vino, mentre Riso Buono è un normale riso lavorato di alta qualità. Il primo è un prodotto industriale. Il secondo un prodotto agricolo. In questo senso, la baronessa Guidobono Cavalchini è rappresentativa della confederazione agricola che più di ogni altra ha investito in questi anni nel rapporto con il consumatore. L’obiettivo è accorciare la filiera e valorizzare il prezzo d’origine. Autore: Paolo Viana
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