Artusi è un cognome impegnativo quando si lavora nell’alimentazione. Emiliano Artusi (foto piccola) non è parente del celeberrimo gastronomo ma conosce il riso quasi quanto l’autore de “La Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, anzi, ne calca le orme, perchè ha un approccio scientifico che salda la coltivazione del cereale con la valorizzazione dei suoi aspetti organolettici. In quest’intervista ci spiega come ha creato un’impresa di successo che sta ampliando con l’arrivo di un socio.
Partiamo dall’inizio. Qual è l’obiettivo degli investimenti di questi ultimi anni?
Quello di valorizzare il prodotto “riso” in qualità di produttore. Premetto che fin dai tempi di mio nonno Guido in cascina abbiamo sempre trasformato tutti i nostri prodotti percui un po’ nel sangue il pallino della trasformazione/valorizzazione ce l’ho sempre avuto. Parafrasando Lavoisier, nulla si crea ma tutto si trasforma.
Oggi Cascina Artusi cos’è in termini di ettarato e produzione?
Cascina Artusi è il marchio che ho dato per identificare i nostri prodotti senza glutine; l’azienda agricola oggi produce su circa 50 Ha suddivisi in rotazione di riso, mais, prato e piselli. Le produzioni qui nel Ceranese, in terreni di brughiera a ridosso del fiume Ticino, non sono da primato, ma sono terreni leggeri che ben si prestano a passare da una coltura all’altra, e i problemi di allettamento su risi come Carnaroli o Arborio sono davvero marginali.
Concretamente cosa ha fatto?
Avevo un idea da tempo, un idea che si rafforzava ogni giorno ascoltando il mercato, conoscendo le potenzialità dei prodotti senza glutine: valorizzare tutto quello che viene prodotto nella trasformazione del risone in riso. Così ho iniziato a pensare a come creare reddito dalla rottura e dalla pula che risultavano da ogni lavorazione: per molto tempo come quasi tutti gli agricoltori che trasformano il proprio risone questi sottoprodotti li abbiamo impiegati nell’alimentazione animale, ma effettivamente è tutto amido sprecato…
Cos’è cambiato nel vostro modo di produrre?
Nella lavorazione del risone, ho iniziato a regolare i rulli alveolati alla selezionatrice ottica per ottenere nel pacchetto solo i chicchi migliori, eliminando a priori risetti, risi gessati, fessurati, spezzati insomma tutto ciò che non fosse un chicco perfetto. Una lavorazione antieconomica, se non fosse che grazie all’insieme di macchine che ho riunito ad oggi sto generando materia prima che aumenterà di molte volte il suo valore grazie alla capacità di valorizzarne ogni peculiarità: ho sfruttato ad esempio le opportunità offerte dalla fiscalità agricola che col concetto di multifunzionalità può permettere all’agricoltore di vendere biscotti di solo riso certificati senza glutine e estrusi a base di riso che si affiancano alle tradizionali gallette e che diventano all’occorrenza anche snack.
L’uovo di Colombo?
E’ una scelta accessibile a tutti i risicoltori che trasformano: che già hanno diversificato gli investimenti per ridurre i rischi cercando di svincolarsi dalla morsa dei contributi Pac e che grazie alla produzione di farine e estrusi non possono far altro che incrementare l’offerta aziendale. Ogni territorio risicolo ha delle peculiarità abbandonate per far spazio alla sola risicoltura negli anni ’80, come l’asparago di Cilavegna, il fagiolo di Saluggia ecc. ed ogni azienda agricola ha delle opportunità ancora inesplorate, grazie alla legge 133 del 2008 sulla multifunzionalità. Dico ai miei colleghi: non si tradisce il riso se lo si valorizza.
Economicamente, funziona?
Non lo faccio per una fissazione, sono un imprenditore. Nel 2013 il mercato del prodotto senza glutine era ancora lontano, ma in questi ultimi anni conosciamo bene come si Ë sviluppato. In 36 mesi il mio progetto ha avuto riscontri tali da crescere in maniera esponenziale ai limiti della mia capacità di gestirlo da solo. Mi diedi 5 anni all’inizio ma già oggi Cascina Artusi è, praticamente più di una start up, grazie ai solidi rapporti coi propri clienti. In soli 36 mesi dopo studi, prove, analisi e mal di testa vari, ho acquisito un know out che legato alle macchine può sviluppare interessanti guadagni all’interno di una azienda agricola che abbia già delle buone capacità commerciali e di manodopera. Io personalmente non riesco a seguire tutto da solo e ora voglio che questa mia “figlia” continui a crescere. Sono necessarie passione, conoscenza del mercato del riso e capacità commerciali, perchè oggi più che mai bisogna guardare ai mercati esteri e con prodotti cosÏ particolari ci sono lunghe autostrade libere che vogliono però molta energia per essere percorse.
Cosa farà adesso?
Il frutto delle mie sperimentazioni proseguiranno in quanto il mercato ha bisogno dei derivati del riso. Vorrei proseguissero nel nostro ambito risicolo Italiano e non certo vendere ad un Olandese che vede solo numeri al posto del prodotto. Ho già rassicurato tutti i clienti che le forniture proseguiranno senza interruzioni anche quand’anche subentrerà del nuovo capitale con una nuova azienda, la qualità standard della produzione rimarrà invariata anzi potrà crescere ulteriormente la qualità del servizio.
Con chi intende allearsi?
Non c’è ancora nessun accordo, abbiamo da poco dato la notizia della disponibilità a fondersi, siamo solo all’inizio con qualche trattativa ma ci sono già delle ottime aziende clienti interessate e sono tutte del nostro territorio e con una visione di mercato molto sviluppata; una volta concluso l’accordo io seguirò la transizione da pupa a farfalla per almeno un’anno. Prima dell’inizio del raccolto credo che chiuderò un’accordo, cosi da poter affrontare serenamente il momento clou dell’autunno fino a Natale; con Gennaio l’impianto potrà essere spostato nella nuova sede.
Emiliano Artusi va in pensione?
Emiliano Artusi ha ancora qualche sogno nel cassetto… ma non si dice gatto finchè non è nel sacco.