No al greening, elemento di rigidità per le imprese; sì a nuovi modi di trattare in Europa, che tengano conto del settore agricolo anche nella stesura degli accordi internazionali. No al frazionamento dei produttori, sì all’alleanza, anche se armata, con i trasformatori. No ad uno sguardo al passato, sì all’innovazione e alla ricerca. Solo così, hanno sottolineato ieri mattina i relatori al convegno di Confagricoltura Novara per gli 85 anni dell’Ente Nazionale Risi, la risicoltura potrà ancora avere il grande avvenire che ha già alle spalle (“La risicoltura: un grande avvenire dietro le spalle?” era il titolo del convegno).
Dopo i saluti della presidente Paola Battioli (foto piccola), nella tavola rotonda moderata dal giornalista Gianfranco Quaglia il primo ad intervenire è stato Dario Casati, ordinario di Economia ed estimo alla facoltà di agraria di Milano. «L’Ente Risi non fu l’unico a sorgere nel ventennio fascista – ha ricordato – ma è l’unico ad essere ancora in attività». Casati ha definito l’Italia «piccola Asia del riso europeo»: «Il nostro riso rappresenta il 55% di quello prodotto a livello europeo. I mercati internazionali, dopo un lungo periodo di crisi, torneranno a riequilibrarsi». Casati ha poi ribadito che la crescita continuerà, grazie alle tecnologie e alla ricerca: «Ma le quotazioni hanno seguito un andamento al ribasso generale, quindi il ritorno avverrà da un punto di partenza schiacciato, con prezzi bassi».
L’Italia, ha sottolineato, non è un interlocutore trascurabile: nel 2014 era l’ottavo esportatore mondiale e il trentottesimo importatore. Il docente ha messo in evidenza una delle opportunità offerte dalle tendenze attuali, che riguarda lo spostamento delle preferenze dei consumatori verso i prodotti vegetali.
Alberto Cirio, europarlamentare di Forza Italia, ha parlato dell’accordo con il Vietnam, che verrà votato in Parlamento e potrà quindi essere modificato, ed ha ripreso il tema delle barriere doganali e del protezionismo: «Dobbiamo ricominciare a difendere i nostri prodotti, perché le condizioni di partenza non sono le stesse». La senatrice del Pd Elena Ferrara ha difeso l’opera del Governo e ha rievocato i principi riaffermati ad Expo 2015: «Bisogna discutere di obiettivi a livello internazionale; degli accordi internazionali non beneficiano le popolazioni più povere». Piero Garrione, predecessore di Paolo Carrà alla guida dell’Ente risi, ha rispolverato la clausola di salvaguardia ottenuta contro i PTOM. «Allora c’era ancora la preferenza comunitaria». Partendo dalla riforma McSherry del 1994, ha tracciato lo scenario di quel periodo, con la presenza effettiva dell’intervento. «Oggi la Commissione europea ha scelto di uscire dal controllo dei mercati».
L’attuale presidente dell’Ente Paolo Carrà ha messo in evidenza che «le nostre aziende sono le più grandi a livello nazionale per quanto riguarda la superficie, e anche le rese, dal 1931 ad oggi, sono cresciute passando da 4 a a 6,5 tonnellate l’ettaro, ma prosegue la persistente contrapposizione tra agricoltori e industria, a cui non si riesce a porre rimedio». Persa anche l’occasione di puntare sulla promozione. In prospettiva, ha puntato sulla possibilità di attivare barriere doganali non tariffarie: «Rappresentano un sistema più moderno, di cui si avvalgono molti Paesi». Il settore può contare sulla ricerca, in tema di produzioni innovative e sostenibili, di miglioramento dell’efficienza degli elementi nutrienti, di agricoltura di precisione, di agricoltura conservativa, di controllo sulla presenza di cadmio e arsenico, verifiche sulle emissioni di gas effetto serra, del consumo idrico, di varietà resistenti al brusone, di sommersione invernale, di studi sul nematode galligeno… Il presidente di Confagricoltura Mario Guidi, infine, ha posto in primo piano l’inadeguatezza degli strumenti attuali a livello europeo: «Con Farm Europe, un organismo che punta a guardare in profondità alle tematiche agricole, stiamo cercando di ragionare sullo spostamento del rinnovo della Pac dal 2020 al 2022».