I numeri ci dicono che il 2017 è un anno da dimenticare. Non dicono chiaramente che tipo di anno sarà il 2018. Il crollo delle quotazioni del risone nazionale nei mesi scorsi è stato talmente marcato che ora gli industriali stanno facendo melina per evitare che scendano troppo; un tracollo si rifletterebbe immediatamente sui prezzi riconosciuti dalla grande distribuzione alle riserie.
L’iniziativa dell’Airi (LEGGI L’ARTICOLO), che qualche settimana fa ha diffuso una lista di varietà che l’industria vorrebbe acquistare nel 2018, dice tre cose: che manca una programmazione delle semine nazionali (e non è una novità); che l’industria teme una riduzione dell’ettarato; che varietà da risotto e indica sono le priorità dell’anno che verrà, quanto meno in termini di domanda. I risicoltori replicano: bene, allora pagatele. Qui, obiettivamente, casca l’asino, non solo perché le quotazioni sono quelle che sono ma perché i nostri industriali paiono restii a mettere sotto contratto gli agricoltori. Senza contare che anche quando i contratti vengono sottoscritti c’è chi li straccia: pare che una nota marca specializzata in riso biologico quest’anno si sia rifiutata di ritirare grandi quantitativi di prodotto perché il prezzo pattuito era troppo alto (90 euro) rispetto a quello uruguaiano. Anche il pingue mercato del riso biologico, del resto, ha visto scendere le quotazioni italiane, scese sotto quota 70.
Se il 2017 lascia l’amaro in bocca, come purtroppo avevamo previsto (LEGGI L’ANALISI 2017), il 2018 è appeso ai sondaggi che dovrebbero aiutare a “registrare” gli investimenti. L’Ente Risi ha lanciato il suo nuovo sondaggio sulle semine e un’iniziativa parallela è stata promossa dal gruppo Rice Up, sostenuto dalla Confagricoltura di Milano e Pavia. Si cerca di programmare il programmabile, ben sapendo che l’incertezza resta massima a causa delle importazioni agevolate e degli stock. Per quanto riguarda le importazioni Ue di riso lavorato, nella campagna 2016-17 il riso a dazio zero proveniente dai Pma ha superato il 27% delle importazioni totali dell’Ue (1.250.000 tonnellate) e ad oggi non c’è alcuna certezza che l’Europa contingenti queste concessioni; quanto agli stock, la campagna 2016/2017 si è chiusa con 251.000 tonnellate di lavorato (+ 35%) per quanto siano state collocate oltre 51mila tonnellate di lavorato in più dell’anno scorso e al termine della campagna 2017/2018 si stimano rimanenze da 208mila tonnellate, una zavorra che potrebbe impedire ai prezzi di riprendersi fino all’estate. (SCARICA venduto 2017 – FONTE: ENTE RISI)
In un simile scenario, passa in secondo piano se convenga seminare più Centauro o più Selenio, perché, se si considerano i costi di produzione, sotto i 30 euro parecchie aziende rischiano di fallire. Non a caso, l’argomento più gettonato nelle discussioni tra i risicoltori, quest’autunno, era il valore dei terreni. Insomma, il 2017 è da dimenticare, ma il 2018 dovrà lavorare molto per essere ricordato. (Di seguito, le quotazioni medie dei risoni a Milano e l’ultima seduta della Borsa di Vercelli)