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TUTTI I SEGRETI DEL CONTRATTO DI RETE

da | 26 Apr 2017 | Norme e tributi

competitività

Come abbiamo già scritto, l’Agenzia delle Entrate ha risposto alla consulenza giuridica richiesta da Confagricoltura in merito al trattamento fiscale da riservare alle reti di impresa agricole. Confagricoltura Pavia ha diffuso agli iscritti una lunga nota che riepiloga la questione. L’Agenzia chiarisce che per quanto attiene ai requisiti soggettivi, il contratto di rete “agricolo” deve essere formato da sole imprese agricole singole o associate, di cui all’art. 2135 c.c., definite come piccole e medie (PMI) ai sensi del Regolamento (CE) n. 800/2008 e, cioè, quelle che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro.Conseguentemente, possono partecipare ad un contratto di rete “agricolo” gli imprenditori che svolgono l’attività agricola in forma individuale ovvero collettiva (società di persone, società di capitali, consorzi, cooperative etc.).Per quanto concerne, invece, l’ambito oggettivo del contratto, la normativa in esame trova applicazione nelle ipotesi in cui imprese agricole mettono in comune i fattori della produzione (attrezzature, know how, risorse umane) per il raggiungimento dello scopo comune dichiarato nel contratto di rete: la realizzazione di una produzione agricola che favorisca la crescita imprenditoriale delle imprese partecipanti, in termini di innovazione ecompetitività.Nel contratto di rete agricolo, dovranno essere definiti:gli obiettivi di innovazione e di innalzamento della capacità competitiva dei partecipanti; le modalità concordate tra gli stessi per misurare l’avanzamento verso tali obiettivi; gli obiettivi specifici che costituiscono il presupposto dell’individuazione delle attività necessarie per il conseguimento degli obiettivi generali; un programma di rete che contenga l’enunciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascun partecipante e le modalità di realizzazione dello scopo comune; le modalità di ripartizione del prodotto agricolo comune.

Alla luce dei chiarimenti forniti dal MIPAAF, l’Agenzia ribadisce che l’acquisto a titolo originario della produzione agricola è subordinato alle seguenti condizioni: che tutti i singoli retisti svolgano attività agricole di base e che le eventuali attività connesse oltre a non risultare prevalenti, siano comunque legate alle prime da un rapporto di stretta complementarietà; che la messa in comune dei terreni sia obbligatoria e sia significativa per tutti i partecipanti alla rete; che la partecipazione al conseguimento dell’obiettivo comune, mediante divisione della medesima tipologia di prodotto, si realizzi attraverso apporti equivalenti e condivisione dei mezzi umani e tecnici, che siano proporzionati alla potenzialità del terreno messo in comune, con divieto di monetizzazione delle spettanze; che la divisione della produzione tra i retisti avvenga in maniera proporzionata al valore del contributo che ciascun partecipante ha apportato alla realizzazionedel prodotto comune; che i prodotti oggetto di divisione non vengano successivamente ceduti tra i retisti, dal momento che la ratio di tale tipologia di rete è il fatto che essa è finalizzata alla produzione.

Circa gli effetti ai fini fiscali del contratto di rete agricolo, l’Agenzia ha avuto modo di precisare, condividendo le tesi da noi esposte che ai fini IVA “la ripartizione della produzione agricola tra i retisti, in quanto divisione in natura dei prodotti a titolo originario, secondo le quote determinate nel contratto di rete, non produce effetti traslativi tra le imprese contraenti”. È stato, inoltre, precisato, in risposta all’ulteriore quesito circa l’applicabilità del regime speciale di cui all’articolo 34 del DPR n. 633/72, che la divisione del prodotto, con conseguente acquisto a titolo originario, consente al singolo retista, in regime speciale, che cede a terzi i propri prodotti, indicati nella Tabella A, parte I, allegata al DPR n. 633/72, di continuare ad applicare le percentuali di compensazione.Per determinare il reddito agrario da imputare a ciascun retista per la quota di propria spettanza, si ritiene che sia necessario individuare un criterio di calcolo che tenga conto del reddito agrario di ogni terreno utilizzato per l’attività comune.

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