Nei prossimi giorni la Commissione europea dovrebbe presentare una nuova proposta sul triciclazolo, il principio attivo usato per combattere la Pyricularia (foto piccola), agente infettivo del Brusone. E’ possibile che venga messa ai voti una proposta di inclusione temporanea del principio attivo tra quelli autorizzati all’uso in agricoltura, dando così il via libera all’autorizzazione anche in Italia, dove da anni questa sostanza rientra tra gli usi eccezionali ammessi di anno in anno dal Ministero della Salute.
La posizione di Bruxelles era di netta contrarietà all’autorizzazione ma una minoranza di blocco, costituita dai Paesi mediterranei e dall’Inghilterra ha sventato a fine gennaio un primo tentativo di rigettare la richiesta di registrazione. La svolta è maturata nell’ambito del comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi (PAFF) che ha esaminato la bozza di regolamento presentata nell’ottobre scorso, contro la quale si era schierata l’intera filiera. Un’opposizione che ha impedito di assumere la decisione desiderata dall’esecutivo europeo, in quanto per prendere una decisione era necessaria una maggioranza qualificata, e ha indotto la Commissione a ritirare la proposta di bocciatura, per quanto potesse esibire anche il parere dell’Efsa.
L’agenzia per la sicurezza alimentare, che ha sede a Parma, ha fatto sapere che non ritiene sufficienti alcuni test sul triciclazolo, che peraltro sarebbero vietati dalla stessa normativa europea. Parallelamente, l’agenzia non si pronuncia sull’entità del LMR (il limite massimo residuo, ndr) del Triciclazolo nel riso importato, non avendo dati sufficienti per accertarne tutti gli effetti sull’uomo e sull’ambiente, come richiesto dal Reg. 1107/2009. Questo secondo aspetto è tutt’altro che marginale, dal momento che questa sostanza è usata in tutto il mondo e vietarne l’uso in Europa comporterebbe anche il blocco dell’import di riso asiatico: perciò, alla minoranza mediterranea contraria al divieto si è unita anche Londra, che è un forte importatore dall’India e dal Pakistan. Il giudizio dell’Efsa ha indebolito il fronte interno ma non ha impedito di fermare una decisione da cui dipende la produttività della risicoltura nostrana: il brusone provoca danni alle rese fino al 40% e il 75% delle superfici investite a riso viene trattato con triciclazolo e azoxystrobin, un’altra sostanza attiva nel mirino, per ragioni ambientali, come abbiamo riferito nei mesi scorsi (http://www.risoitaliano.eu/diserbi-e-fungicidi-ecco-i-nuovi-limiti-piemontesi/) Secondo Nomisma un divieto all’uso del triciclazolo potrebbe costare ai risicoltori 125 milioni di euro. (15.02.2016)