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TORNIAMO AI CONCIMI ORGANICI

concimi
La crisi energetica attuale sta causando un aumento dei costi di produzione dei concimi minerali e in particolare degli azotati. In dettaglio, il prezzo dell’urea è aumentato esponenzialmente a causa dell’ingente aumento del costo del metano che è tra i componenti fondamentali per il processo di produzione .

Oltre a quella della transizione ecologica, la Società Agraria di Lombardia, ha proposto una serie di seminari sulla concimazione organica coordinati da Tommaso Maggiore, già ordinario di Agronomia e Coltivazioni Erbacee presso l’Università degli Studi di Milano. Negli ambienti in cui la zootecnia produce una grande quantità di effluenti e di digestati, questi possono in gran parte risolvere i problemi causati dalla scarsità e dagli alti prezzi dei concimi minerali.

SCARTI ALIMENTARI PER L’AGRICOLTURA

Si sta assistendo ad un grande utilizzo dei materiali di scarto delle aziende agroalimentari (ad esempio i sottoprodotti della lavorazione della carne). Il bio-waste che ormai la maggioranza degli italiani produce (il cosiddetto raccoglitore dell’umido fatto con gli scarti della cucina), è sempre più utilizzato in agricoltura in particolare per la produzione dei terricci.

Secondo i relatori «in genere non ci sono metalli pesati negli scarti alimentari ed altri componenti dannosi tuttavia prima di utilizzare tali prodotti in risaia è bene effettuare delle analisi.» Tuttavia durante le relazioni è emerso che «se in tali componenti agroalimentari viene rilevata un’importante presenza di lignina e di cellulosa è meglio non utilizzare in risaia tali scarti per evitare problemi di fermentazione.»

Flavio Barozzi, presidente della Società Agraria di Lombardia chiarisce infine che «il principale discriminante per l’utilizzo degli scarti alimentari è la distanza dal luogo di produzione. Infatti, oltre i 30 – 40 km dal sito di produzione il costo-opportunità dell’utilizzo è indiscutibilmente limitante.»

LETAME

Durante il seminario sui concimi organici è stato dato ampio spazio al letame. Come noto il letame fresco non è adatto alla concimazione. Occorre ridurre l’ossidazione facendo cumuli pressati di circa 2 metri, sottoponendolo a fermentazione e maturazione per circa 3 mesi. Poi è idoneo per i terreni argillosi. Per i terreni sciolti occorrono circa 6 mesi fino a che la paglia e le deiezioni appaino difficili da distinguere. Il liquame, invece, può essere smaltito in tempo più ampio.

«Molto dipende anche dalla concentrazione del refluo zootecnico. Se inizia ad essere diluito perché ci entrano le acque piovane e le acque per il lavaggio di sale mungitura, questo determina un amento dei costi di gestione. Anche le proprietà agronomiche peggiorano determinando una minor opportunità» precisa il relatore Flavio Sommariva
di A.R.A. Lombardia
.

Sulla base delle informazioni raccolte il letame sembra essere una buona soluzione per la concimazione dei campi e potrebbe essere considerato un buon prodotto soprattutto per quei terreni dove la concimazione con il c.d. fanghi non è consentita.

UN BUON CONCIME ORGANICO PER IL RISO?

I digestati ricchi di azoto ammoniacale, secondo quanto spiegato dagli esperti della Società Agraria di Lombardia possono essere un buon fertilizzante in risaia. «Per contro i fertilizzanti su base organica con elevati contenuti ligno-cellulosici possono essere controindicati. Questo perchè in condizioni di sommersione la degradazione microbica della sostanza organica potrebbe dare origine a fenomeni di fermentazione con emissione di GHG (metano)» spiegano i relatori.

USO DEI FANGHI IN AGRICOLTURA

Abbiamo chiesto il parere a Flavio Barozzi, presidente della Società Agraria di Lombardia, con riferimento al tema, molto dibattuto, dell’utilizzo dei fanghi. Barozzi ci ha detto che ci sono delle norme stringenti che regolamentano l’uso dei fanghi e alcune misure relative al PSR sono fruibili solo se i fanghi non vengono impiegati.

«Il problema dei fanghi, aggiunge Barozzi, non sta tanto nella fase di utilizzo agronomico quanto in quella di produzione e di controllo. Le sostanze indesiderate che si possono riscontrare nei fanghi di depurazione e nei c.d. gessi di defecazione (dai metalli pesanti ai residui di antibiotici e agli anticoncezionali, dai solventi clorurati ai metaboliti della cocaina e di altri stupefacenti) originano da attività umane urbane. L’utilizzo agronomico di questi prodotti non può prescindere da attente attività di controllo e certificazione.

D’altro canto non si può scaricare sulle campagne l’onere di subire “danno e beffa”. Da una parte si chiede all’agricoltura di smaltire l’enorme produzione di deiezioni da parte dei centri urbani, dall’altro si criminalizzano gli agricoltori che accettano questo onere. Per contro lo smaltimento attraverso processi di incenerimento appare assurdo tanto da un punto di vista energetico (si tratta di biomasse con solo il 20-30% di sostanza secca e…bruciare acqua non appare il più saggio dei metodi di gestione, visto anche il costo attuale dell’energia) che ambientale (le sostanze indesiderate sarebbero esposte ad incontrollabili fenomeni di “fall down” con le pioggie).» Autore: Elettra Bandi
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