La Produzione lorda vendibile dell’agricoltura in Emilia Romagna nel 2017 è risultata sostanzialmente stabile (+1%) nonostante l’annata sia stata segnata da un andamento meteorologico anomalo, con gelate primaverili e siccità estiva. È quanto afferma Coldiretti Emilia Romagna tracciando un primo bilancio dell’annata agraria da cui risulta che il valore delle produzioni all’origine è diminuito soprattutto nel settore vegetale e risalito per il settore zootecnico. Purtroppo, non si può fare lo stesso bilancio per il riso.
Sul fronte dei cereali, infatti, l’elevata qualità delle produzioni di frumento tenero (–0,4%) e duro (–10,5%) ha portato – secondo i dati di Coldiretti Emilia Romagna – prezzi superiori rispetto a all’anno scorso, anche se non a livelli tali da ripagare i costi di produzione, mentre il riso paga un prezzo pesante: «il meteo è stato inclemente e il grande caldo – commenta il presidente della Coldiretti Emilia-Romagna Mauro Tonello – ha tagliato le ali alle varietà tardive». In questo settore – afferma Coldiretti regionale – solo il prezzo dei contratti di filiera viaggia su livelli in grado di remunerare i costi e in alcune nicchie, come quella dei grani antichi, i produttori hanno avuto buone soddisfazioni, come nel caso del grano duro “Senatore” Cappelli, remunerato in base a un contratto definito prima delle semine.
Per contro, il riso non vede decollare i contratti perchè l’industria nicchia: lo afferma chiaramente Tonello, ricordando che il “menu” presentato dal presidente dell’Airi Mario Francese (LEGGI L’ARTICOLO) non è convincente in assenza di precisi impegni dell’industria sui prezzi che pagherà. Guardando al 2017, secondo Coldiretti, per il riso l’annata è stata pessima, con un calo produttivo del 10% e prezzi abbondantemente al di sotto dei costi di produzione a causa delle forti importazioni di prodotto a dazio zero per i Paesi che operano in regime EBA (tutto tranne le armi), tra cui anche la Birmania da dove nell’ultimo anno le importazioni di riso sono aumentate del 736%, nonostante lo sfruttamento e il maltrattamento della minoranza Rohingya. E il futuro, osserva Tonello, potrebbe non essere migliore: «Molti colleghi risicoltori, almeno qui in Emilia, meditano di gettare la spugna e mi chiedono se hanno diritto alla Pac anche nel caso in cui non coltivassero più riso. Parliamo di poche centinaia di ettari sul bilancio nazionale della risaia, visto che in quest’area non si coltiva questo cereale in modo massiccio come in Piemonte e Lombardia, ma sono segnali preoccupanti». L’orientamento varietale prevalente anche quest’anno potrebbe premiare in Emilia i risi da interno e il Baldo.