Tondi protagonisti dell’ultimo listino. Qui, vi sono una notizia buona e due cattive. A Novara listino immutato mentre Vercelli mostra tre variazioni, in larga parte frutto di tendenze di cui si era parlato anche la scorsa settimana ma senza l’ufficialità a listino.
TONDI -5 €/Q, LUNGHI A DA PARBOILED +5 €/Q
I tondi generici, escluso Sole, scendono di 5 €/q, portandosi a 40 €/q lordi. Tale valutazione era nell’aria da diverse sedute. Per questo la sua ufficializzazione non sorprende ma resta un segnale molto negativo. Secondo gran parte degli agricoltori un prezzo così risulta insostenibile nel contesto produttivo odierno. Le prospettive rimangono poco rassicuranti, con un’offerta che si prevede sempre elevata in virtù di disponibilità trasferibili e sondaggi semine abbondanti. Nei listini piemontesi non si conferma il calo di Centauro a 47 €/q lordi visto venerdì (leggi l’ultima analisi). La dicitura nominale di Vercelli suggerisce che ciò possa essere dovuto ad un numero ridotto di scambi, che gli operatori riferiscono essere nel pratico anche qui al di sotto dei 50 €/q lordi.
L’altra variazione prevista è positiva, riferita ai lunghi A da parboiled. Questi tornano a 50 €/q lordi a listino, valutazione richiesta dai risicoltori per essere convinti a vendere un comparto in cui la domanda era tornata a crescere nelle ultime sedute. Sebbene non più quotati nelle sedi piemontesi, buone notizie anche per i lunghi A più pregiati destinati all’export, che tornano ad essere richiesti a 55 €/q lordi dopo un periodo di calo d’interesse. La variazione un po’ più sorprendente è il calo del gruppo Carnaroli. Questo porta a 57 €/q lordi Classico, di cui in borsa merci si scambia ormai poco, e a 50 €/q lordi i similari. Il paradosso di Carnaroli meno pagato dei lunghi B, sempre richiesti a 55 €/q lordi, si fa così più marcato.
GIUSTO DIFENDERE CON BARRIERE E CONTROLLI MA…
Secondo alcuni tale calo dovrebbe rientrare a breve, poiché le difficoltà nelle semine potrebbero avere ridotto l’investimento di varietà dal ciclo lungo che sono la maggioranza del comparto (es. Leonidas). Resta la grande disponibilità trasferibile attuale, frutto di una produzione eccessiva nella scorsa campagna di varietà similari, ma problematiche scaturiscono anche da un calo nel consumo di risotto, che ha colpito in primis Carnaroli ovvero la varietà più costosa. Nonostante il prezzo attuale all’ingrosso non sia più tra i maggiori del listino e sia ben lontano dai 150 €/q lordi di un anno e mezzo fa, sugli scaffali Carnaroli resta mediamente il più costoso, con valutazioni poco lontano da quelle di allora. Si nota qualche promozione al dettaglio in più di recente ma il prezzo di base resta elevato.
Alla luce di questi andamenti le istituzioni del riso, sempre impegnatesi per difendere e promuovere il comparto (come visto ieri a Milano, leggi), dovrebbero riflettere anche sul rilancio del mercato del riso da risotto. Mercato che contraddistingue la produzione italiana. Risulta fondamentale per la filiera combattere su temi come la reciprocità e il contrasto all’importazione di riso confezionato. Tuttavia, non dobbiamo dimenticarci le dimensioni ridotte della risicoltura italiana nel mondo e la necessità di caratterizzarla valorizzando le sue peculiarità e tradizioni. Si tratta di una politica perseguita da altri prodotti del Paese. Abbiamo l’occasione tecnologica, grazie a Tea e IA, e politica, con la riapertura del tavolo riso al Ministero (leggi), per lavorare a qualcosa di nuovo e adatto alle necessità di filiera produttiva e consumatori.Autore: Ezio Bosso.
