Si avvicina il termine del 31 dicembre 2017, entro cui la Commissione Europea dovrebbe decidere se rinnovarne l’autorizzazione all’impiego, e la “telenovela glifosate” si arricchisce di una nuova puntata. Lo scorso 7 settembre l’EFSA (European Food Safety Authority) ha reso pubblico i propri studi sulle potenziali interferenze endocrine del glifosate, giungendo a conclusioni che escludono rischi su questo fronte per la molecola esaminata. Il parere favorevole dell’ EFSA appare molto importante in funzione del rinnovo della registrazione della sostanza attiva e si aggiunge a quello sostanzialmente positivo espresso dalla Germania, stato membro “relatore” nel processo di revisione europea dei fitofarmaci a base di glifosate, ed a quello della stessa EFSA che già a novembre 2015 aveva ritenuto “…improbabile che il glifosato sia genotossico (cioè che danneggi il DNA) o che rappresenti una minaccia di cancro per l’uomo” (http://www.risoitaliano.eu/lefsa-assolve-il-glifosate/ ). Con questo viene smentita la posizione espressa da IARC (International Agency for Research on Cancer), organismo dipendente dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che aveva inserito la molecola erbicida non selettiva tra quelle “potenzialmente cancerogene”, peraltro ponendola nella stessa classe di rischiosità 2A (ovvero di “limitata evidenza di cancerogenicità”) in cui si trovano anche carni rosse e caffeina (http://www.risoitaliano.eu/il-pericolo-e-la-ragione/ ). Ma viene anche esclusa la potenziale interferenza endocrina, che avrebbe determinato la revoca della sostanza attiva (http://www.risoitaliano.eu/bruxelles-pronti-a-bandire-altri-pesticidi/ ). Il parere positivo dell’EFSA si aggiunge a quelli dell’ Echa (European Chemicals Agency) dell’aprile scorso (http://www.risoitaliano.eu/la-scienza-assolve-il-glifosato/ ) e dell’APVMA (Australian Pesticides and Veterinary Medicines Authority), che sono giunte a conclusioni favorevoli riguardo alla pericolosità della molecola.
La notizia ha, come prevedibile, scatenato la controffensiva degli “ambientalisti” che sembrano aver fatto della crociata contro il glifosate la “madre di tutte le battaglie”. L’EFSA, che agli occhi degli “ambientalisti” è di volta in volta stranamente “autorevole” quando si esprime per la revoca dei prodotti fitosanitari e “inaffidabile” se si esprime a favore della loro autorizzazione, è stata accusata di aver “copiato” il suo rapporto da presunti dati segreti forniti dalla famigerata multinazionale un tempo titolare del brevetto del glifosate. Come se non bastasse tutte le istituzioni scientifiche che hanno espresso valutazioni positive rispetto al glifosate sono state accusate di essere prezzolate, corrotte e segretamente “a libro paga” della suddetta famigerata multinazionale, dipinta come il vero “impero del male”. E di fronte alle obiezioni di chi rileva la fragilità logica di una simile posizione (il brevetto del glifosate è scaduto da circa vent’anni, i formulati commerciali a base di glifosate sono ormai prodotti e commercializzati da molte industrie chimiche specialmente asiatiche, e la stessa “famigerata” Monsanto, titolare del brevetto originario, è oggetto di un processo di sostanziale incorporazione da parte della tedesca Bayer) hanno ipotizzato l’esistenza di una sorta di “complotto internazionale” volto a sostituire il sinistro potere americano con quello tedesco, con tanto di coinvolgimento delle relative autorità politiche, di cui il glifosate sarebbe uno strumento.
Un accanimento che ricorda la manzoniana “Colonna infame” o l’inquisitore giacobino Saint Just, di cui si dice che mandasse alla ghigliottina un povero diavolo accusato di complottare contro la rivoluzione, nonostante l’avvocato difensore avesse dimostrato che l’accusa era assurda essendo l’accusato sordomuto, con la motivazione che il poveretto “complottava sordamente”. Divagazioni letterarie a parte, sembrerebbe emergere in proposito una realtà affatto diversa, come riferisce l’agenzia di stampa Reuters in un report del 9 agosto scorso, da cui risulterebbe che ad “imbrogliare le carte” sul glifosate sarebbe stato il National Cancer Institute degli Stati Uniti, che non avrebbe pubblicato e fornito allo IARC studi scientifici favorevoli al profilo ecotossicologico della molecola in esame. Da qui sarebbe partita un’inchiesta di una commissione della Camera dei Rappresentanti degli USA presieduta dal deputato Trey Godwy, che starebbe indagando per capire per quale motivo “il contribuente americano dovrebbe finanziare un istituto spesso criticato per i suoi lavori scientifici”.
Certamente la “telenovela glifosate” ci regalerà altre puntate prima della fine dell’anno. Comunque finisca farà due vittime. Una sarà l’autorevolezza del metodo scientifico, che nel balletto di accuse e contraccuse uscirà con le ossa rotte. L’altra sarà l’agricoltore europeo. Che, se il glifosate sarà bandito, nonostante la netta prevalenza delle risultanze scientifiche favorevoli rispetto all’unica ipotesi di “potenziale cancerogenicità”, vedrà ridotta la propria competitività rispetto ai colleghi e concorrenti extraUE. I quali potranno continuare a produrre utilizzando un erbicida non selettivo di costo contenuto, ed a esportare in Europa i loro prodotti ottenuti utilizzando glifosate, con buona pace dell’ignaro consumatore. Se invece l’autorizzazione del glifosate (che “fortunatamente” in risicoltura riveste un ruolo piuttosto marginale) dovesse essere rinnovata, l’agricoltore europeo sarà additato come un moderno “untore”, sarà accusato di eventuali impieghi impropri in cui l’agricoltura non c’entra (http://www.risoitaliano.eu/il-glifosate-e-nocivo-solo-in-agricoltura/ ), e magari subirà la beffa di sentire qualche “opinion maker” un po’ radical-chic raccomandare l’uso di prodotti alimentari provenienti da Paesi in via di sviluppo perché “in quei posti il contadino lavora con le mani e non si usano i pesticidi”! Autore: Flavio Barozzi, dottore agronomo.