Continuano ad arrivare in redazione segnalazioni sulla Marsilea quadrifolia, che è al centro degli studi sul riso biologico e alla quale abbiamo dedicato un ampio articolo (leggi), perché secondo l’Università di Pavia potrebbe essere un marcatore di quel metodo di coltivazione. Abbiamo intervistato Maurizio Tabacchi, noto esperto del settore, per saperne di più e perché si dice che stia lavorando a questo studio.
Maurizio Tabacchi, indiscrezioni parlano di uno studio da lei condotto sulla ricomparsa di questa pianta spontanea nelle risaie. Conferma?
No, in realtà non si tratta di uno studio. Ho interagito con alcuni risicoltori, pensando di coinvolgere l’Università di Torino, per fare alcune verifiche oggettive ed in seguito scrivere qualcosa a riguardo, ma si tratta ancora di un pour parler.
Per quale motivo si è interessato a questa pianta?
A mio parere negli ultimi 4 o 5 anni vi è una diffusa ricomparsa della Marsilea, direi non legata al regime colturale, adottato essendo stata notata in terreni sia a conduzione convenzionale sia biologica di qualsiasi tipo, così come in semina interrata o con semina in acqua. Inizialmente, ho notato il crescere della sua presenza nella zona di Trino, Ronsecco e Borgo Vercelli (comuni della provincia di Vercelli, ndr). In generale ad oggi, nel vercellese e casalese, la sua presenza è facilmente riscontrabile, seppur in piccole colonie, in moltissime risaie. Nella mia azienda a Vercelli in alcuni terreni la diffusione è veramente ampia, in alcuni appezzamenti la sua presenza a fine campagna è addirittura simile a quella di Heterantera, qualsiasi sia la tecnologia convenzionale utilizzata.
Cosa pensa dello studio condotto dall’Università di Pavia, riguardante il ruolo della Marsilea come marcatore del biologico?
Ritengo che sia uno studio ancora da approfondire con attenzione, in quanto le mie osservazioni fino ad ora non evidenziano come il regime di coltivazione biologico ne favorisca lo sviluppo; i primi rilievi di 6-7 anni fa erano in terreni condotti in modo convenzionale. Ciò che ho constatato è che la pianta predilige risaie in cui vi sono diradamenti o più spazio per lo sviluppo, forse anche per una maggiore necessità di luce.
Perché, dunque, si sta manifestando questo ritorno?
Probabilmente è legato ad una combinazione di fattori, che coinvolge sicuramente la riduzione d’impiego di alcuni erbicidi, in particolare quelli ad ampio spettro, così come l’impiego di densità di semina inferiori, distanze interfila maggiori nelle semine interrate e anche la coltivazione con metodi biologici. Chiaramente la mia è una teoria, per avere una certezza scientifica bisognerebbe condurre test comparativi adatti a questo caso. In generale, è fattuale che negli ultimi anni siano spariti molti erbicidi e fungicidi, o il loro impiego sia stato limitato per effetto delle misure di mitigazione; presumibilmente ciò ha influito sulla riapparizione diffusa di questa felce. Autore: Ezio Bosso