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SVOLTA SULLE PRATICHE SLEALI

da | 27 Ott 2018 | Non solo riso

Una prassi che crea un danno stimato, a livello europeo, intorno ai 10 miliardi di euro: sono le pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare. «La presente proposta di direttiva mira pertanto a ridurre le pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare mediante l’introduzione di un livello minimo di tutela comune a tutta l’UE comprendente un breve elenco specifico di pratiche commerciali sleali vietate. La tutela si applica ai fornitori di piccole e medie dimensioni della filiera alimentare, nella misura in cui questi vendano prodotti alimentari ad acquirenti che non sono di piccole o medie dimensioni. Con questo ambito di applicazione si intende contribuire ad assicurare un tenore di vita equo alla popolazione agricola, realizzando in tal modo uno degli obiettivi della politica agricola comune»: è questa una delle premesse della proposta di direttiva europea in discussione in queste settimane a Bruxelles e a Strasburgo. Si potranno presentare denunce, tutelando anche l’identità del denunciante se necessario, sia da parte di singli produttori, sia da parte si organizzazioni  e associazioni di organizzazioni di produttori piccoli e medi.  Ai sensi dell’articolo 6 le autorità di contrasto sono dotate dei poteri necessari per avviare indagini di propria iniziativa o a seguito di una denuncia, per raccogliere informazioni, per porre fine a una violazione e per imporre sanzioni e pubblicare le decisioni adottate onde conseguire un effetto deterrente.

Il contenuto del testo

Il testo punta infatti a correggere una delle storture più note nel settore agricolo, ovvero lo scarso potere contrattuale di parti della filiera: nella sua prima proposta, Bruxelles aveva proposto di ritardare i pagamenti per i prodotti deperibili (oltre i 30 giorni), le  modifiche unilaterali e retroattive dei contratti di fornitura, la cancellazione degli ordini di prodotti deperibili con breve preavviso e il pagamento per il deterioramento dei prodotti già venduti e consegnati all’acquirente. Inoltre, se non vi è un accordo preventivo tra fornitore e acquirente, vieta la restituzione dei prodotti invenduti, i pagamenti per poter diventare fornitore, i pagamenti per spese promozionali e i pagamenti per spese pubblicitarie… La Commissione agricoltura dell’Europarlamento ha reso le disposizioni più restrittive: estende l’ambito di applicazione a tutti i prodotti agricoli (florovivaismo, mangimi…) e non solo alimentari, e a tutti gli operatori, eliminando il limite di 50 milioni di fatturato e 250 dipendenti previsto nella proposta della Commissione; inserisce una definizione più generale di pratica commerciale sleale; in vista della Brexit vieta le triangolazioni, poiché una parte della Gdo potrebbe spostare la propria sede legale o centrale d’acquisto al di fuori dell’Unione; inserisce il concetto di dipendenza economica; vieta i trattamenti differenziati e l’abuso di informazioni sensibili del fornitore da parte di acquirenti, le vendite sotto-costo non concordate, le attività promozionali svalorizzanti per le ndicazioni Geografiche e l’imposizione di standard qualitativi senza base giuridica o scientifica, o che traggano in inganno i consumatori (etichettatura a semaforo).

Il protagonista

Di questo tema si è occupato a lungo il parlamentare europeo, primo vicepresidente della Commissione agricoltura, Paolo De Castro, che su questo raccoglie inaspettatamente anche il plauso del ministro dell’agricoltura, il leghista Gian Marco Centinaio: «Sin dal mio insediamento uno degli obiettivi è stato quello contro le pratiche sleali e ho sempre assicurato il mio impegno in tutte le sedi competenti europee a far sì che la norma venga approvata entro la fine della legislatura, a marzo 2019. Voglio anche ringraziare De Castro, vicepresidente della Commissione agricoltura del Parlamento europeo per il suo impegno e per i risultati raggiunti a favore dell’agricoltura italiana. Lo stesso De Castro aggiunge: «Partiamo con negoziati Parlamento-Consiglio-Commissione Ue per chiudere entro Natale. Era ora o mai più. Sono felice che le lobby dei grandi supermercati non siano riuscite a mettere a tacere il Parlamento europeo che invece, a grande maggioranza (428 a favore, 170 contrari e 17 astenuti), ha dato il via libera all’avvio di negoziati con il Consiglio dei ministri e la Commissione Ue, per sopprimere le pratiche commerciali sleali dalla catena alimentare».

La filosofia del provvedimento

I passi compoiuti in questa direzione sono stati diversi: l’obiettivo è una tutela mirata dei fornitori di piccole e medie dimensioni della filiera alimentare, «in quanto – prosegue il testo della bozza – essi sono spesso quelli che non sono in grado di difendersi dalle pratiche commerciali sleali a causa della loro mancanza di potere contrattuale. Vi è inoltre il rischio di conseguenze negative indesiderate concernenti le misure che riguardano i rapporti contrattuali tra operatori più grandi. Pertanto, sebbene la valutazione d’impatto definisca le pratiche commerciali sleali in termini di considerazioni di correttezza assoluta, in questa fase una tutela mirata è più proporzionata. Analogamente, le norme devono applicarsi ad acquirenti della filiera alimentare che non sono di piccole e medie dimensioni, in quanto sono quelli che possono utilizzare il proprio potere contrattuale contro operatori più piccoli, avvalendosi di pratiche commerciali sleali. La concessione di alcuni poteri procedurali alle autorità competenti del controllo del rispetto delle norme in materia di pratiche commerciali sleali (e l’esistenza stessa di tali autorità) si è rivelata importante per dare agli operatori la percezione che esiste un’applicazione delle norme efficace e per affrontare le cause profonde per cui le vittime di pratiche commerciali sleali non presentano ricorso (fattore paura). Gli Stati membri sono pertanto tenuti a designare un’autorità competente per l’applicazione delle norme in materia di pratiche commerciali sleali, dotata di determinati poteri di contrasto e ispirata alle migliori pratiche dei regimi esistenti negli Stati membri».

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