I suoli italiani sono caratterizzati da un elevato livello di eterogeneità, tanto che anche all’interno di una stessa azienda la natura chimica e fisica degli appezzamenti può variare sensibilmente. Molte aree agricole del nostro paese, si pensi ad esempio alla Pianura Padana, si sono formate a seguito di processi di pedogenesi molto complessi, con terreni di origine alluvionale molto diversi da zona a zona. Per un imprenditore agricolo, comprendere questa variabilità e conoscere in modo approfondito i propri terreni è un requisito indispensabile per raggiungere alti obiettivi di resa, qualità e redditività. Infatti, se da un lato il miglioramento genetico offre piante con straordinarie potenzialità produttive e qualitative, dall’altro occorre imparare a soddisfare completamente i loro fabbisogni nutrizionali, senza sprechi di concime. Un’accurata analisi del terreno permette di individuare la variabilità ed è l’informazione chiave che consente ai coltivatori di pianificare nel modo più proficuo gli investimenti e l’intera gestione della coltura.L’Ente Risi, dal 2016, sta conducendo un’attività di monitoraggio dei suoli dei principali areali risicoli italiani avente lo scopo di analizzare sia lo stato della fertilità sia la sua evoluzione nel tempo a seguito degli interventi colturali adottati. A tal proposito è stato predisposto un piano sperimentale che prevede il campionamento di 80 suoli all’anno in 40 aziende che coltivano riso (2 suoli per azienda). Al termine dei primi quattro anni di monitoraggio, le camere di risaia prescelte saranno nuovamente campionate e analizzate in modo scalare, nel successivo quadriennio.
La campionatura
Il lavoro di selezione delle aziende e di campionamento dei suoli è stato svolto dal Servizio di Assistenza Tecnica di Ente Nazionale Risi in collaborazione con il Centro Ricerche sul Riso, mentre le determinazioni analitiche sono state compiute dal Laboratorio Agrochimico della Regione Piemonte. Il numero di campioni è stato ripartito in base alla superficie investita a riso delle nove macroaree risicole: Vercelli, Biella e Alessandria (26 campioni/anno); Lomellina, territori a Ovest del Ticino (22 campioni/anno); Pavese (Est Ticino), Milano e Lodi (10 campioni/anno); Novara (12 campioni/anno); Ferrara (2 campioni/anno); Rovigo (2 campioni/anno); Mantova (4 campioni/3 anni).
Vercelli, Biella e Alessandria
La macroarea di Vercelli, Biella e Alessandria presenta una notevole variabilità in termini di capacità d’uso dei suoli. Terreni pesanti che impongono limitazioni nelle scelte colturali sono presenti nella Baraggia biellese e vercellese, mentre suoli più sciolti sono dislocati nella parte sud-est della provincia di Vercelli. Nei territori risicoli dell’Alessandrino è presente un progressivo incremento del contenuto in argilla man mano che ci si sposta in direzione sud-ovest dal fiume Po. Mediamente i suoli delle province di Vercelli, Biella e Alessandria presentano tessitura franco limosa con reazione debolmente acida. Il contenuto di sostanza organica risulta buono, tuttavia non mancano casi in cui la dotazione del terreno è risultata piuttosto scarsa. Il rapporto tra la percentuale di Carbonio e quella di Azoto nel suolo (C/N) emerge essere superiore all’ottimale, indicando un possibile rallentamento dei processi di decomposizione a carico della sostanza organica e, pertanto, uno squilibrio tra rilascio di azoto e la sua immobilizzazione. La capacità di scambio cationico risulta buona ma inferiore all’ottimale, indice di un terreno con medie possibilità di ritenzione degli elementi nutritivi forniti con la concimazione. La disponibilità media di potassio scambiabile risulta adeguata. Il valore medio della disponibilità di fosforo assimilabile emerge essere superiore all’ottimale; tuttavia, questo valore deriva da realtà molto distanti fra loro. In alcuni appezzamenti il contenuto di fosforo nel terreno risulta molto alto, tanto da creare problemi alla coltivazione dovuti all’abbondante formazione di feltro algale quando si adotta la semina a spaglio in acqua. In altri casi, invece, sono ben visibili in coltivazione i sintomi dovuti a carenza di fosforo nel terreno, che possono portare a riduzioni importanti delle produzioni se il risicoltore non interviene tempestivamente con concimazioni correttive.
Il parere degli agricoltori
Paolo Dellarole, risicoltore piemontese e Presidente Coldiretti Vercelli-Biella invita gli agricoltori a praticare sempre più sovesci per rendere il terreno sempre più fertile naturalmente. Concorde il parere anche per quanto riguarda l’alessandrino. Alla Cascina Daneto di Occimiano (AL) si sottolinea che i suoli utilizzati per la coltivazione del riso comportano un elevato sfruttamento in termini nutrizionali e l’utilizzo dell’irrigazione per sommersione. Monocoltura e tipo di irrigazione causano significative perdite in fertilità, con dilavamento dei nutrienti e conseguente acidificazione superficiale: reintegrazione delle riserve minerali ed organiche e calcitazioni sono obbligatorie se si vogliono utilizzare questi suoli per altre colture, in ogni caso è consigliabile la pratica della rotazione. Autore: Martina Fasani (prima puntata)