Ci sono più interrogativi che risposte sulla nuova Pac. Ne è consapevole il mondo rurale che si è confrontato sul tema a Milano, il 19 settembre, al termine del convegno organizzato dall’Università degli Studi sui rapporti tra produzione e ambiente nella proposta di politica agricola comune. Per Flavio Barozzi, Presidente della Società Agraria di Lombardia (SAL), appunto, «Ci sono più interrogativi che risposte… Sicuramente una prima questione che ci si pone è di carattere generale sul concetto di politica: oggi c’è una visione per certi versi “meravigliosamente orwelliana“, ma è ancora la stessa del trattato di Roma (orientata più alla libertà)? Un altro dato su cui bisogna riflettere è il distacco tra scienza e società: “l’età moderna nasce con la rivoluzione copernicana”, abbiamo bisogno di dare una spiegazione sistemica degli avvenimenti. Non possiamo essere competitivi se invece di produrre bene produciamo regole, troppa burocrazia genera una forma di domino inverso. Dobbiamo pensare comunque ad un modello produttivo e sostenibile che non può essere declinato alle mode del momento. Il problema della sostenibilità arriva dall’istinto di sopravvivenza, tanto più aumentano i fabbisogni tanto più aumentano i generi e la sostenibilità è una necessità di tutti così come l’innovazione e la ricerca scientifica, senza retaggi culturali, anche perché se un aspetto produttivo è efficace funziona da sé: l’effetto starter è un’aggiunta ma deve cambiare la mentalità».
Secondo Giuseppe Croce, Presidente dell’Ordine dei dottori Agronomi e dottori Forestali di Milano, «la linea direttrice è quella di riconoscere una multifunzionalità all’agricoltura. Diventa fondamentale il concetto di sostenibilità: si sta sviluppando troppa prevenzione da parte delle persone nei confronti dell’agricoltura..questa nuova Pac deve riavvicinare le posizioni. Ora l’agricoltore è un imprenditore e non sempre può creare paesaggio, va di pari passo con il guadagno. La nuova Pac può riuscire ad essere più misurabile nell’effetto di un investimento economico per l’ambiente. Ovviamente la necessità di avere procedure più snelle è essenziale come lo diventa il ruolo dei risicoltori e di chi conosce le strutture di campo».
Giuseppe Ferroni, del WWF Lombardia ha detto invece: «Non sono molto d’accordo sul fatto che la Pac debba essere più sostenibile dal punto di vista sociale ed economico per come lo abbiamo visto fino ad oggi: è una politica ambientale che però guardando i risultati non fa tornare i conti, le regole sono state costituite in relazione a cos’era più conveniente per l’imprenditore agricolo e tutto il sistema economico legato all’agricoltura. Il greening è un caso esemplare: non è quello che noi avevamo chiesto e i risultati sono molto inferiori rispetto a quello che avevamo auspicato. Il numero di aziende effettivamente coinvolte nella sostenibilità ambientale sono minime e quelle che complessivamente fanno qualcosa di concreto rispetto a quello che sono tenute a applicare sono ancora meno. Non c’è stato neanche un salto culturale del mondo agricolo verso questa prospettiva: forse ci dimentichiamo che i primi beneficiari di una politica ambientale sono proprio gli agricoltori. Il rapporto dell’Agenzia Europea sull’Ambiente dice che per effetto dei cambiamenti climatici da qui al 2050 in un paese come l’Italia avremo una riduzione del 50% delle produzioni agricole a cui corrisponderà anche una riduzione significativa del valore della terra usata in agricoltura. Questo dato ci dà una prospettiva inquietante e gli eventi metereologici estremi ce lo ricordano ogni mese. Giunti a questo: serve riuscire a definire delle vere politiche ambientali che non si traducano in appesantimento delle procedure burocratiche. Tuttavia, quali sono le alternative? Alcuni esempi prospettici: scompare il greening per far posto alle rotazioni… Ma, queste ultime di per se è non garantiscono sempre una ricaduta positiva in termini ambientali, possono essere fatte anche con colture depauperanti e dal punto di vista dei benefici ambientali sul suolo avrebbero impatto nullo. Si parla in modo generico di questa pratica senza specificare come obiettivo l’aumento della sostanza organica del suolo. Ci preoccupa in nome della semplificazione burocratica, la semplificazione degli indicatori: gli elementi di verifica non vanno eliminati. Ci preoccupa il fatto che la Pac non sostenga più di tanto le piccole aziende: perché non introdurre nel primo pilastro un criterio basato su un indice di multifunzionalità dell’azienda agricola, che vada a premiare le aziende non solo in base alla superficie ma anche e soprattutto alla tipologia di attività che queste realizzano. Non credo che questo indice possa servire nel secondo pilastro in cui fino ad oggi abbiamo pagato sostanzialmente gli investimenti ma, non è quello che serve alle piccole aziende che hanno bisogno di vedersi riconosciuto quel tempo/lavoro che loro dedicano al mantenimento delle infrastrutture verdi, al mantenimento delle attività sociali essenziali. Tutto questo nel secondo pilastro non si può pagare quindi o si interviene anche rispetto alle norme sui cosiddetti premi di Stato e rendiamo possibile anche pagare il lavoro che l’mprenditore realizza per garantire quei servizi oppure non riusciremo ad avere una svolta vera ed efficace».
Damiano di Simine, Legambiente Lombardia, ha sottolineato un altro aspetto: «La consultazione per la nuova Pac penso sia stata estremamente importante per creare quel respiro sociale all’innesco del processo di Riforma: insufficiente. Il principale limite di questo approccio è non considerare che quando andiamo oltre il mezzo secolo non parliamo più di policy ma parliamo di storia: in un contesto del dopoguerra la Pac si è dimostrata efficace non perché rispondeva ai bisogni dell’agricoltura ma, perché rispondeva ai bisogni della società del suo complesso, c’era la necessità di una forte transizione industriale. Ma come è possibile che da una politica pubblica in cui si confronto le unità dei trasferimenti con gli occupati vedo che per ogni milione della Pac si perdono quattro posti di lavoro in agricoltura: oggi serve capire qual è la transizione. È l’epoca di una transizione agro-ecologica: se oggi il tema climatico è così importante allora l’agricoltura deve poter diventare protagonista di questa transizione come lo fu all’epoca per la società post guerra, non deve solo limitare i danni o negarli, questo non aiuta. Se guardo i dati Ispra scopro che le immissioni in agricoltura per un quarto del totale nazionale sono in carico all’8% della Sau e questa si trova tutta in Lombardia… Mi devo porre un problema. Io apprezzo l’idea che in questa regione ci sia stata una diminuzione delle superfici in monocultura a mais, credo sia stato un beneficio dal punto di vista della resilienza climatica, del fabbisogno idrico, ecc… Abbiamo bisogno di avere chiari dalla politica gli obiettivi da perseguire per restituire all’agricoltura il ruolo primario che può e deve avere: se produrre meno mais in Lombardia significa importarne altrettanto dall’estero ,se non di più, da dove magari deforestano per produrlo allora non sono d’accordo. Esprimere delle policy con degli obiettivi sfidanti. Dobbiamo sapere che il benefit sotto tutti i punti di vista è un valore ampiamente maggiore. Che sia una Pac che accompagni l’agricoltura a primeggiare nel sostegno ambientale».
Mauro Belloli, vicedirettore di Coldiretti Brescia, ha rilevato che «ci sono alcuni questioni da sottolineare: questa riduzione delle risorse, è chiaro che impatterà.. porterà a rinunciare sicuramenti ad alcuni interventi, poiché per quanto sia virtuosa la nostra Regione Lombardia, se ci sono meno disponibilità riguarderà tutti a cascata anche i più trainanti. L’auspicio è in una semplificazione, come lo è il tema dell’alimentazione, per cui Coldiretti è in prima linea. Quando si è accennato ad agricoltura e società, per me, come discorso va specificato che l’agricoltura è e deve essere un tutt’uno con la società. Il Psn, se lo guardiamo in modo asettico potrebbe essere un punto di forza e lo sarà se gli adempimenti burocratici verranno rispettati, in caso contrario, farà perdere l’efficacia agli interventi. Sulla sostenibilità: siamo tutti d’accordo. Puntiamo sulle “cose facili”: l’agricoltore attivo per esempio… abbiamo visto che ci sono 29 possibilità per cui un agricoltore possa essere definito tale; la verifica di tutto ciò è inspiegabile. Nelle cose semplici e facili abbiamo bisogno sempre e comunque di tempestività: gli scenari cambiano in modo veloce, serve un modello si più smart ma anche agile».
Umberto Bertolasi, Direttore Confagricoltura Lombardia ha spiegato che «la centralità della sfida è sicuramente fare di più con meno, quindi sicuramente tenere ben presente il concetto di sostenibilità declinato in tutte le sue accezioni. Per noi che rappresentiamo l’impresa, evidentemente si parte da un ragionamento di sostenibilità di tipo economico, cioè ogni ragionamento può trovare un corrispettivo che consente a chi si adopera in quell’attività di poter vivere di quello. Per quanto riguarda le consultazioni di natura pubblica, sono ben accette ma hanno quel limite di base per cui molto spesso in percentuale la valenza del campione che vanno ad intervistare non rispecchia né il mondo agricolo né quella politica decisionale, di traino. Da questo punto di vista, l’Eu sul tema della Riforma deve rilanciare sé stessa provando ad attuare un lavoro diverso da quello fatto fino ad oggi. Normalmente quando si è cercato di fare tutto a livello nazionale è finita male, è un rischio e una sfida di sburocratizzazione».
Carlo Murelli, Vice Direttore Cia Lombardia, ha detto invece: «Questione del budget: noi siamo arrivati alla proposta di inserire una compensazione a livello statale per lasciarlo invariato. L’importanza della misurazione ambientale, i risultati che ci sono stati presentati sono necessari per comprendere l’efficacia della politica agricola comune. Nei momenti di recessione sono le collaborazioni premiano l’individuo. C’è in discussione in questi giorni il Pan che vede un incremento rilevante dell’agricoltura biologica.. saranno risorse della Pac che andranno ad incentivare questa linea? Penso proprio di sì».
Infine, Andrea Massari, Diringente dell’Unitá Organizzativa Programmazione Comunitaria e Sviluppo Rurale di Regione Lombardia, ha dichiarato: «Come Regione Lombardia stiamo cercando di fare il punto su quelle che sono le aspettative per la nuova Riforma: come sapete il nostro lavoro non coprirà più in un PSR regionale ma, dovrebbe confluire in un piano strategico nazionale. La nostra visione in ambito anche un po’ burocratico-amministrativo individua degli elementi di semplificazione e miglioramento rispetto a quella passata: ci continuiamo a ripetere che verremo misurati non più sulla base dei mq o del beneficiario dell’investimento della fattura però pagato su quell’investimento PSR ma, sulla base di questi indicatori e quindi la Commissione si toglie un po’ dalla burocrazia e lascia potere decisionale agli Stati membri. Benissimo se così sarà, in questo momento qualche perplessità a riguardo c’è, se effettivamente in fase di verifica delle politiche applicate a livello nazionale si manterrà questa impostazione poiché avere un piano approvato, può essere positivo per alcuni aspetti ma evidenziare criticità in tutta una serie di eventuali contestazioni dell’utilizzo dei fondi. La seconda questione su cui poniamo l’attenzione sicuramente azzeccare gli indicatori: individuarli in modo corretto, poiché dipendono da tanti fattori non solo dall’agricoltura. Tenendo conto che ci stiamo mettendo 4/5 anni per fare la nuova programmazione, andremo ad applicare tra altrettanti anni, forse se questa deve essere una politica “smart“, il processo decisionale non è molto “smart“. Quindi arrivare ad essere valutato a 7/8 anni di distanza da quando ho stabilito la politica e l’indicatore, dovrebbe essere previsto un adeguamento delle scelte programmatiche che vengono fatte e che non sia un sistema troppo blindato come fondamentalmente è adesso. Gli strumenti di incentivazione dell’ambiente devono essere adeguati: sulle misure agro-ambientali con l’attuale sistema di incentivazione siamo alla saturazione, deve essere riconosciuta una valenza». Autore: Martina Fasani