Semaforo verde all’indicazione del metodo di coltivazione biologico nei buoni di trasferimento risone dell’Ente Risi. E’ il risultato del tavolo tecnico che si è riunito al Mipaaf il 1 febbraio. Lo comunica Federbio. «L’Ente Risi ha presentato una proposta di adeguamento della modulistica obbligatoria e di gestione informatica della stessa per le aziende che coltivano riso bio secondo quanto chiesto ripetutamente e formalmente da FederBio, rendendosi disponibile a attivarla già dalla corrente annata se il Mipaaf darà risposta positiva e formale entro marzo prossimo. Anche ICQRF ha confermato l’intenzione di operare in maniera più stringente nel comparto riso bio e in relazione alla richiesta di Ente Risi di sapere a chi consentire l’accesso alla banca dati e a chi trasmettere la reportistica specifica sul riso biologico ha detto che ritiene opportuno che siano gli organismi di certificazione a poter accedere direttamente a questo data base». Il presidente di Federbio Paolo Carnemolla (foto grande) conferma di aver condiviso questa impostazione e il piano d’azione presentato dall’Ente Risi, «chiedendo tuttavia che si attivi da subito un tavolo di coordinamento fra Ente Risi, ICQRF e organismi di certificazione per verificare fin da ora in maniera incrociata i dati disponibili nelle rispettive banche dati e riferiti agli operatori presenti in SIB».
Tutti i componenti del Tavolo hanno appoggiato la proposta di Ente Risi e FederBio, che dovrebbe coinvolgere anche le riserie e i sementieri; il MiPAAF si è impegnato a verificare con l’Ente Risi il dettaglio della proposta tecnica in tempo utile rispetto alle scadenze poste dall’Ente stesso; è emersa anche la necessità – richiamata in passato dal presidente dell’Ente Risi Paolo Carrà – di modificare il DM sanzioni, rispetto al quale il MiPAAF ha comunicato di aver già fissato un primo incontro con le Regioni, a cui seguirà un altro incontro con il Tavolo tecnico bio, «dato che le proposte di modifica non riguardano solo questa novità della compilazione della modulistica per i risicoltori bio» osserva Carnemolla.
Se infatti pare assodato che, una volta disponibili i dati, i controlli saranno effettuati dagli enti certificatori e dalla repressione frodi (ICQRF), che già hanno tale competenza, l’aver sciolto il nodo della modulistica non significa aver risolto tutto. Resta la questione delle rese reali del riso biologico: il progetto Risobiosystem (capofila di nuovo l’Ente Risi, insieme al Crea) darà delle indicazioni «ma non si prevede saranno definitive, certamente qualora dovesse partire la nuova banca dati Ente Risi per il biologico si potranno avere dati molto utili a riguardo» osserva Carnemolla, dando comunque massima disponibilità al riguardo da parte del comitato tecnico di FederBio.
Ancor più divisivo è il tema delle rotazioni: Federbio contesta il fatto che MiPAAF e Regioni stabiliscano regole e rispondano a quesiti di singoli soggetti o organizzazioni (in questo caso AssOCertBio, nata per scissione di Federbio) senza consultare preventivamente il Tavolo o le rappresentanze dei risicoltori bio in quanto il continuo cambio di regole e le risposte non preventivamente discusse impattano direttamente sulle imprese del settore rendendo sempre più difficile coltivare biologico senza risolvere il problema delle frodi. Nello specifico viene contestata da Federbio la nota MiPAAF DG PQAI – PQAI 01 – Prot. Uscita N.0085158 del 24/11/2017 che – afferma Carnemolla – fissa arbitrariamente un periodo di riferimento per l’entrata in vigore delle nuove disposizioni sulla rotazione del riso bio, senza distinguere la posizione delle aziende che sono entrate in conversione di recente. La nota in questione (LEGGI IL DOCUMENTO avvicendamentiriso-chiarimento) stabilisce che per produrre riso bio nel 2018 bisogna considerare gli avvicendamenti delle colture nel quadriennio precedente (2014-2017) oppure se l’anno iniziale degli avvicendamenti coincide con anno di pubblicazione del DM 3286/2016 (LEGGI IL DM-n.-3286-del-05-08-2016); nel far presente che la programmazione delle semine dovrà essere effettuata prendendo in considerazione il quadriennio precedente l’anno di semina, vincola anche chi è entrato nel sistema bio nel 2017; se non che le aziende in conversione in quell’anno non avevano l’obbligo di fare rotazione, da cui la richiesta di distinguere tra aziende in conversione e già certificate nel 2017.
Il citato decreto 3286 e la circolare della Regione Piemonte del 13 ottobre 2017 (SCARICA Disposizioni per la gestione delle rotazioni nel riso biologico) hanno fissato delle deroghe in base alle linee guida elaborate insieme a Federbio (SCARICA LINEE-GUIDA-PER-IL-CONTROLLO-DELLE-PRINCIPALI-CRITICITÀ-NELLA-COLTIVAZIONE-DI-RISO-BIOLOGICO-Rev.05-del-22-03-17). Tali linee dicono che su un appezzamento non dev’essere coltivato riso per più di due anni: il Piemonte, che fa giurisprudenza perché la sua normativa è stata recepita a livello nazionale, ammette la deroga per tre anni considerando le caratteristiche aziendali, ergo la rotazione del riso biologico in Italia deve prevedere due anni di riso, uno eventualmente in deroga, e due anni di altre colture di cui almeno una leguminosa. Resta il problema delle aziende miste, che viene affrontato dal protocollo con cui il Crea ha distinto le varietà che possono essere coltivate, in modo da distinguere le produzioni biologiche sia in campo che in magazzino. Resta ovviamente, ed è decisivo, il problema del reimpiego di sementi.
Su questo aspetto delle rotazioni, il MiPAAF si è riservato di verificare la situazione in tempi brevi. Della questione si occuperà lunedì la Federazione di prodotto riso di Confagricoltura. Non è noto cosa pensino di fare Coldiretti e Cia.