Si è svolto ieri l’open Day del CRR di Castel d’Agogna, in concomitanza con il TRRC (convegno sulla risicoltura delle aree temperate), organizzato da SaPiSe in collaborazione con Ente Risi. L’occasione ha permesso agli agricoltori presenti di sentire, con l’aiuto di una traduzione simultanea, alcune interessanti relazioni presentate da ricercatori esteri ed italiani.
Il primo è stato il prof. Liscombe, dell’Università della Louisiana, noto per essere stato uno dei padri della tecnologia Clearfield, che ha esposto a grandi linee la storia della risicoltura statunitense, più giovane della nostra, essendo iniziata nel 1685. Il centro ricerche dove lui lavora dispone di 350 ha di terreno, dove si svolgono molte attività sperimentali, compreso lo sviluppo delle varietà resistenti ad erbicidi specifici. Le produzioni di risone medie negli USA sono passate tra il 1981 ed il 2011 da 5,3 a 7,8 tonnellate per ettaro, con un incremento medio di 86 kg/ha/anno, dei quali si stima che almeno 40 siano dovuti al miglioramento genetico: in particolare l’adozione di varietà a taglia bassa, di varietà ibride e del sistema Clearfield. Le varietà ibride dalla introduzione nel 2000 hanno continuamente incrementato la superficie, fino ad arrivare al 25% del totale, ma hanno iniziato un declino nell’ultimo anno. Il prof. Liscombe attribuisce il rallentamento alla scarsa qualità del granello delle varietà ibride, ed è quindi in atto la ricerca di varietà più appetibili per il mercato. I risi clearfield tra la fine degli anni ’90 ed il 2012 sono giunti a coprire il 65% della superficie ed ora sono anch’essi in calo, al 50% nel 2015, forse a causa della comparsa delle prime resistenze nel riso crodo. Si è provveduto a rimediare sviluppando una nuova tecnologia, chiamata Provisia, che propone varietà resistenti all’erbicida quizalofop. Ci sta lavorando la Basf (http://www.windenergy.basf.com/group/corporate/wind-energy/en/news-and-media-relations/news-releases/news-releases-usa/P-13-597). Alcune varietà sono in prova sia in USA che in Argentina, dove saranno disponibili dal 2017, mentre in Italia le potremo forse utilizzare con uno o due anni di ritardo. Il prof. Liscombe ha presentato la nuova tecnologia come complementare e non alternativa al Clearfield: alternando i due sistemi si potrà allungare la vita utile di entrambi. In Europa la pensano diversamente, dato che l’erbicida Imazamox è nella lista dei prodotti in sostituzione, e probabilmente verrà vietato non appena arriverà il Provisia.
Successivamente, il dott. Russell Ford, dell’Istituto Australiano per la ricerca sul riso, ha illustrato alcuni parametri della risicoltura australiana: la superficie media delle aziende è di 1.200 ettari, dei quali solo 100 coltivati a riso, effettuando rotazioni riso-riso-pascolo-grano-pisello-colza. La produzione media dell’ultimo quinquennio è stata di 10,4 tonnellate ad ettaro. Vengono coltivate in tutto otto varietà, suddivise tra tipo tondo, medio, lungo, aromatico, la giapponese Koshihikari ed una da risotto, tipo Arborio. Data la scarsità di acqua, che proviene tutta da invasi artificiali, molta attenzione viene posta al risparmio idrico; si sta lavorando anche per ridurre le emissioni gassose nocive per l’effetto serra. Lo storico sistema detto rice-check, che consentiva una stretta collaborazione tra ricercatori, agronomi dell’assistenza tecnica ed agricoltori, dopo gli ottimi risultati ottenuti nel passato, si è evoluta ulteriormente. Data la contrazione delle superfici coltivate, a causa delle ripetute siccità, anche il budget si è ridotto, per cui è diminuito notevolmente il numero degli agronomi addetti all’assistenza. Si sta quindi introducendo un sistema di comunicazione immediata tra gli agricoltori ed il centro di ricerca, utilizzando le tecnologie di precision farming: le mappe tematiche riguardanti i rilievi di vigore delle piante e le mappe di produzione vengono inviate direttamente al centro di ricerca, che le elabora e ne ricava suggerimenti operativi per gli agricoltori, sotto forma di mappe di prescrizione. L’agricoltore può inserire queste mappe su di un sistema GPS, che automaticamente piloterà la distribuzione delle dosi consigliate sui suoi appezzamenti.
Al fine di facilitare la logistica e l’attività dei centri collettivi di essiccazione e stoccaggio, ogni varietà viene geograficamente concentrata intorno ad uno di questi: una differenza notevole rispetto allo sfrenato individualismo nostrano. In Australia si sono sperimentati i droni, utilizzati al momento solamente come portatori di videocamere, per agevolare l’ispezione dei campi, sperimentali e non, dall’alto. Da tempo vengono invece ampiamente usate le immagini satellitari per le misure di vigore, molto affidabili grazie al clima secco che garantisce lunghissimi periodi di cielo terso.
Il prof. Sleutel, dell’Università di Ghent, nell’ambito di un progetto internazionale del quale fanno parte Università di Torino ed Ente Risi, ha illustrato le prove in atto per comprendere i meccanismi di formazione delle emissioni di metano e di ossidi di azoto, e per limitarne l’entità, anche mediante differenti strategie di irrigazione. Alcune prove erano visibili anche presso il Centro Ricerche, ma al momento è troppo presto per avere risultati disponibili.
Primo tra gli Italiani, il prof. Ferrero, malerbologo dell’Università di Torino, ha tenuto una lezione sulle resistenze delle infestanti agli erbicidi. Dopo aver illustrato con schemi comprensibili i vari meccanismi di resistenza, ha suggerito le strategie più opportune per affrontare lo spinoso problema, che coinvolge tutte le colture, ma in particolare grano duro, mais ed, in primis, il riso. Occorre, nella nostra monocoltura risicola, alternare negli anni erbicidi con diverso meccanismo d’azione; per agevolare il compito, su suo suggerimento, verranno prossimamente apposte sulle etichette lettere e colori indicativi della categoria di appartenenza, in modo che l’utilizzatore abbia le idee chiare su quale meccanismo d’azione stia usando. Ha però riconosciuto che a causa della direttiva 91/414 e del regolamento 1107/2009 della UE, il numero dei fitofarmaci registrati si è ridotto del 70%, per cui non esistono molti prodotti da alternare.
Tra le azioni possibili, ha suggerito la rotazione tra la semina in acqua e quella interrata a file, che consente di introdurre altre tipologie di erbicidi; ha suggerito inoltre la falsa semina e la sommersione invernale,quest’ultima in grado di disattivare tutti i semi di crodo esistenti in superficie. La situazione si presenta preoccupante, per cui il relatore ha esortato a mantenere elevato il livello di guardia in merito al problema.
La mattinata si è conclusa con la relazione del prof. Alma, entomologo dell’Università di Torino. I suoi studi, condotti in collaborazione con Ente Risi, vertono sul ruolo di alcuni insetti nella formazione della macchia sui granelli di riso. Sono già stati raggiunti alcuni interessanti risultati nella identificazione delle specie dannose e nell’individuazione del periodo durante il quale queste sono attive. Un primo esperimento di aggiunta di un insetticida nel corso del trattamento fungicida contro il brusone ha fornito risultati molto incoraggianti, che si spera vengano confermati il prossimo anno, durante il quale proseguirà la sperimentazione.
Dopo la pausa pranzo con immancabile degustazione di riso, i presenti sono stati informati in campo sulle attività di ricerca del CRR: dal breeding, alle prove sulla lotta al brusone ed al Fusarium, alla fertilizzazione. In particolare, sono state presentate le sperimentazioni di lettura di vigore del riso al momento della formazione della pannocchia mediante un drone della soc. SaltLemon, che lo ha esibito da fermo ed in volo. Grazie ad un lavoro di calibrazione fatto in precedenza, la distribuzione del fertilizzante è stata variata in modo automatico in funzione delle letture di vigore effettuate con una fotocamera multispettrale trasportata dal drone (un esacottero). Attendiamo le mappe di produzione, per verificare se l’auspicata uniformità spaziale delle rese produttive è stata ottenuta. In alternativa al drone, è stato successivamente presentato il progetto ERMES, che si propone come fornitore degli stessi dati utilizzando foto satellitari. Una giornata densa di proposte, con una vetrina molto ampia di problemi e soluzioni, che richiedono un’ampia ed approfondita riflessione da parte di tutti i risicoltori. Autore: Giuseppe Sarasso. (11.09.2015)