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SOVESCIO BATTE CONCIME

da | 12 Gen 2019 | Tecnica

Date le caratteristiche stesse del territorio risicolo italiano, l’uso del sovescio con leguminose riveste grande interesse per la diversificazione microbiologica del suolo e per l’apporto di sostanza organica, di veloce mineralizzazione e dotata di un elevato contenuto di azoto. Lo attesta la Relazione2018 dell’Ente Nazionale Risi, che rende conto degli studi condotti sulla gestione della concimazione azotata minerale ad integrazione dell’apporto derivante dal sovescio.

Un problema sempre più sentito

Effettivamente, con la diminuzione della disponibilità di letami provenienti da allevamenti (biologici o convenzionali) si è posta, già diversi anni or sono, la questione relativa ai metodi attraverso i quali apportare sostanza organica nei terreni coltivati: l’interessante pratica del sovescio ha assunto in questo senso una parte importante, pur tenendo conto di alcuni effetti collaterali indesiderati ma tecnicamente prevedibili e gestibili, portando dunque molteplici aspetti positivi.

Indubbi vantaggi

Innanzitutto, riferendoci al problema in premessa, si evita di portare in azienda del materiale che, purtroppo sempre più spesso ultimamente, risulta viziato, in maniera a volte considerevole, da difetti legati tanto alla gestione dell’allevamento (presenza di residui di antibiotici soprattutto nei letami derivanti da allevamenti di animali all’ingrasso) quanto alla gestione del cumulo di letame che non garantiva, nell’azienda di produzione, un adeguato periodo di fermo.

Questione di tempi

Ma partiamo da un punto che non si deve dare per scontato, Cos’è il sovescio? Il sovescio consiste nel seminare una o più specie vegetali e coltivarle allo scopo di triturare la massa prodotta e procedere al suo interramento. Il momento nel quale procedere alla triturazione dipende dagli effetti che vogliamo che questa massa operi nel nostro terreno ed è conseguentemente diversa specie per specie. Nel caso in cui sia stata seminata una miscela di essenze, ad esempio, l’ultimo momento accettabile per la triturazione della massa corrisponde all’inizio della perdita dei semi da parte delle specie potenzialmente più infestanti. Per fare un esempio pratico possiamo dire che un sovescio di leguminose dovrebbe essere triturato generalmente all’inizio della fioritura mentre, in un sovescio misto comprendente anche la senape, si dovrebbe intervenire al più tardi nel momento in cui il primo fiore si sta trasformando in seme per evitare la successiva disseminazione. Allo stesso modo anche il momento dell’interramento può variare a seconda dell’effetto che vogliamo ottenere: ad esempio, in un terreno molto sabbioso noi interverremo più rapidamente possibile, interrando la massa subito dopo la triturazione in modo tale che incorpori molta acqua nel terreno, mentre in un terreno pesante si potranno aspettare diversi giorni per consentire un appassimento deciso dei vegetali triturati al fine di non interrare troppa acqua, favorendo così processi putrefattivi anziché processi vitali positivi.

L’esperienza in Lomellina

Quali sono i fattori positivi e gli effetti colleterali? Ce ne parla Umberto Degiorgi, conduttore di un’azienda risicola nella bassa Lomellina: «Il primo fattore positivo legato al sovescio è l’apportare una massa discreta di vegetali pronti ad essere trasformati nel terreno in sostanza organica. Ovviamente questo processo è tanto più veloce quanto più il terreno è vivo e ricco di organismi che operano questa trasformazione. In questo senso uno degli effetti collaterali più evidenti è relativo alla necessità di non seminare o trapiantare per un certo periodo di tempo il terreno nel quale è stato praticato sovescio: l’insieme dei microrganismi, durante le operazioni di trasformazione della massa, richiama molto ossigeno e diversi elementi nutritivi (non solo l’azoto) non rendendoli disponibili ad altri organismi, come le piante, che sono meno efficienti nella loro ricerca e assunzione. È importante precisare che tali elementi nutritivi non sono e non vengono sottratti, ma vengono temporaneamente immobilizzati e successivamente restituiti al terreno; a tal proposito la vecchia pratica di distribuire concimi ricchi di azoto, come l’urea sopra le paglie, ha un effetto sicuramente immediatamente positivo poiché accelera la trasformazione delle sostanze, ma alla successiva liberazione di tali elementi nutritivi si vengono a trovare nel terreno grandi quantità di nutrienti che, inevitabilmente, vengono lisciviati (cioè lavati via) dalle acque meteoriche e vengono condotti nelle falde freatiche con evidente e notevole danno ambientale. È quindi più opportuno attendere un certo periodo di tempo (da due a sei settimane a seconda del volume verde interrato) per fare in modo che ossigeno e sostanze nutritive siano nuovamente disponibili per ciò che andremo a seminare o trapiantare».

Gli effetti positivi

Tornando agli effetti positivi della tecnica del sovescio possiamo dunque citare i più importanti: opposizione allo sviluppo delle infestanti con conseguente riduzione del carico di seme; arricchimento di azoto nel terreno principalmente fornito dalle leguminose, grazie alla capacità di fissare l’azoto atmosferico legandolo in composti organici; alleggerimento di terreni compatti che permettono lo sviluppo di cereali e specie a radici fascicolata; arricchimento di acqua e sostanza organica attraverso miscugli di cereali e leguminose; riduzione del carico di insetti nel terreno (crucifere).

L’esperienza vercellese

Naturalmente, uno sguardo attento deve essere mantenuto sulle tempistiche e sui costi: Giovanni Tempella, risicoltore del Vercellese esamina questo aspetto. «Una volta raccolto il riso, occorrerà fare presto, e pertanto la coltura da sovescio verrà seminata a spaglio su stoppia, difficilmente si procederà con un’erpicatura del terreno. La coltura da sovescio resterà in campo fino ad aprile e quindi verrà distrutta, eventualmente procedendo con un’aratura leggera che permetta di interrare al meglio i residui colturali. Alcune riflessioni dovranno essere fatte, caso per caso, stagione per stagione, circa la modalità della semina del riso in post sovescio» racconta.

L’esperienza milanese

Meglio il sovescio in asciutta, oppure in sommersione? «La valutazione dipenderà da una serie di fattori, tra cui le temperature stagionali e circa la tipologia di coltura che è stata sovesciata. Le specie che danno i migliori risultati – continua Umberto Garbelli, agricoltore di Zibido San Giacomo (Mi) – appartengono alle leguminose, in virtù della capacità di tali piante di fissare l’azoto atmosferico nel suolo attraverso la simbiosi a livello radicale con batteri del genere Rizobium. Stando alle sperimentazioni in atto, tra le leguminose, la veccia sembra essere la specie più rustica e adattabile alle condizioni di risaia. È comunque fondamentale ridurre o, ancora meglio, eliminare il ristagno idrico, anche se la veccia si è in grado di superare anche dei limitati periodi di sommersione, fatali invece per il colza o il trifoglio».

L’esperienza pavese

Secondo Angelo Sempio, conduttore di un’azienda risicola a Langosco (Pv) è invece il pisello proteico la leguminosa favorita per l’apporto di azoto al terreno, che si aggira intorno alle 30-50 unità la pertica, purche’ il clima durante l’inverno non risulti troppo freddo, limitandone lo sviluppo ai 15/20 cm di altezza ancora riscontrabili nel mese di maggio ( standard fissato intorno ai 50cm). Infine anche loietto viene impiegato ma con risultati molto più blandi, trattandosi non di una leguminosa, bensí di una graminacea. Le ricadute positive di questa successione sono facilmente intuibili: si risparmia concime: il riso utilizza molto bene l’azoto messo a disposizione dal sovescio, se poi si tenta l’ambiziosa strada della coltivazione del riso biologico, allora questa successione è un passaggio obbligatorio e si arricchiscono i terreni, anche se in termini pratici non viene raggiunta la dose necessaria di sostanza affinché sia riscontrabile una minima produzione.

Gli studi dell’Ente Risi

Ente Nazionale Risi, come si può riscontrare nella Relazione2018, ha condotto uno studio pluriennale relativo alla tecnica del sovescio. Le principali variabili analizzate sono state: l’identificazione delle migliori specie e varietà da sovescio per la risaia, la taratura delle dosi di seme delle essenze e la valutazione dell’impatto di tale pratica sulla fertilità del suolo. L’impostazione delle prove è stata basata sulla conoscenza del numero di anni in cui l’appezzamento è stato sottoposto a sovescio e, in funzione di tale dato, è stato deciso di diminuire la dose di azoto in modo proporzionale del 10, 20, 30, 50% rispetto al normale quantitativo apportato nelle singole aziende. Ne è risultato che in tutte le località è stata sovesciata una leguminosa, i risultati produttivi sono stati pari se non leggermente superiori al testimone aziendale, in cui è stato apportato un quantitativo maggiore di azoto minerale. A Crescentino (VC), dove l’essenza utilizzata è stata il loietto, le produzioni sono risultate leggermente a favore della tesi aziendale, in cui è stato apportato il 20% in più di azoto minerale. Tuttavia, nessuna differenza produttiva è risultata statisticamente significativa. Non è stato possibile trebbiare la prova di Simaxis (OR) a causa delle continue piogge. Autore: Martina Fasani

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