L’Ente Risi lancia in questi giorni il tradizionale “sondaggio semine” tra i produttori per sapere quanto e quale riso sarà seminato in primavera: tutti sono convinti che anche questo sarà l’anno del lungo A e delle varietà da risotto. Con tutte le incognite, anche e soprattutto climatiche e agronomiche, che un investimento sempre meno diversificato comporta. Per capire opportunità e rischi che si profilano bisogna ricordare qual è lo scenario da cui si parte. Come sappiamo nel 2013 la superficie era calata per effetto dell’integrazione dell’aiuto specifico per il riso nel regime di pagamento unico che ha esposto maggiormente il riso alla concorrenza del mais e la produzione l’ha seguita a ruota. Per il terzo anno. Sappiamo che la tendenza si è interrotta proprio nel 2014, quando si è registrato un incremento di circa 3.500 ettari (+1,63%) rispetto al 2013. Un dato positivo, che però va letto in controluce, perché questo incremento è avvenuto nell’ambito di una profonda redistribuzione dell’investimento, con lo spostamento di migliaia di ettari dal comparto dei lunghi B (-23%) e dei tondi (-6%), entrambi sotto schiaffo per via dell’import crescente, a quello dei medi (+33%) e dei lunghi A (+26%). Grandi manovre che non risparmiano il parco varietà: confermando la penetrazione della tecnologia Clearfield, nei tondi calano tutte le più note ma la Sole Cl – recentissima – diventa improvvisamente la più coltivata in Italia, sempre nell’ambito di questo gruppo, così come cresce prepotentemente il Luna tra i risi da parboiled.
Questo scenario avrebbe fatto la fortuna dei risicoltori italiani – particolarmente di quelli che avevano scommesso sulle varietà da interno – se non ci avesse messo lo zampino Giove pluvio. La marcia dei lunghi A, poi, non è stata affatto trionfale a causa dell’andamento climatico particolarmente sfavorevole: l’Ente Risi ha definito la stagione di coltivazione 2014 «una delle più anomale degli ultimi decenni dal punto di vista climatico, caratterizzata da un’estate meteorologica praticamente assente, con temperature sotto le medie e con abbondanti, continue e diffuse precipitazioni. Le abbondanti precipitazioni, verificatesi nel mese di maggio, hanno ostacolato le semine ma, pur in presenza di una germinazione difficoltosa, si è raggiunto un investimento accettabile. Il contenimento delle infestanti è stato anch’esso condizionato dall’andamento stagionale; le continue piogge hanno causato non pochi problemi e in alcuni casi non è stato possibile raggiungere la completa distruzione delle malerbe. Sono stati riscontrati anche danni provocati dagli attacchi diffusi di brusone, favoriti dall’elevata umidità e dalla pioggia, e danni derivanti dalla sterilità atipica. La fioritura si è protratta per tempi insolitamente lunghi, a causa della scalarità delle semine e delle temperature, insolitamente basse, del mese di agosto. Una parte delle coltivazioni ha subito aborti fiorali, anche rilevanti. I ritardi vegetativi e le condizioni climatiche hanno rallentato le operazioni di raccolta che si sono protratte fino al mese di novembre». Quest’analisi ha condotto l’Ente Risi a stimare un calo produttivo del 3% (raccolto di 1.386.000 tonnellate di risone, con un calo delle rese agronomiche del 4,4%, quindi superiore all’incremento della superficie che è stato del 1,6%; rese alla lavorazione medio-alte, con un 63,5% rispetto al 62,7% dell’anno scorso; 850.500 tonnellate di produzione netta di riso lavorato, – 2% rispetto allo scorso anno; scorte di riporto nella norma e 125.000 tonnellate, base lavorato, di scorte finali, -24%), contestato da alcuni (la Coldiretti aveva parlato di -10%) ma condiviso dal tavolo di filiera. Tutti d’accordo anche sulla qualità dei grani, superiore alle attese e comunque buona, segno che, come si supponeva, il clima ha inciso particolarmente sui rendimenti unitari.
Dato tale scenario, un risicoltore italiano nel 2015 dovrà considerare che le varietà indica continuano a soffrire: dopo la presentazione del secondo dossier Cambogia da Bruxelles non è arrivata alcuna reazione ufficiale e c’è il rischio che anche quella richiesta del governo italiano resti lettera morta, come la prima. Il nostro risicoltore si rende conto pertanto che il trend dell’import Ue resterà positivo, trainato dai Pma (282.287 tonnellate nel 2013/2014 con un +49% rispetto al dato record della campagna precedente e +5% nei primi tre mesi della nuova campagna), e che l’unico porto (abbastanza) sicuro sarà ancora quello italiano. La partita cambogiana condizionerà anche le semine 2015, più di altri fattori, e non perché il negoziato sul Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (Transatlantic Trade and Investment Partnership, TTIP), che punta a integrare i mercati Usa e Ue, possa essere meno dirompente: è soltanto meno chiara la sua potenziale ricaduta sul mercato risicolo, così come resta denso di incognite il negoziato in corso tra l’Europa e la Thailandia, l’India e il Vietnam, i più grandi esportatori mondiali di riso. Questi fattori fanno dire agli esperti che sarà l’anno del risotto, ma è una previsione preoccupata, perché questo forte orientamento delle scelte, che il sondaggio dovrà per l’appunto confermare o smentire, comporterà una particolare vulnerabilità sia al fattore clima (e a fitopatologie come il brusone) sia al deprezzamento delle varietà più coltivate, che sono proprio quelle che finora hanno “tenuto”. (02.01.15)