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SENZA DISERBO DIRE ADDIO AL RISO

da | 3 Ago 2021 | NEWS

Glifosate

La protezione fitosanitaria rappresenta uno dei passaggi fondamentali per la realizzazione di produzioni agricole qualitativamente e quantitativamente sostenibili. Il noto studio di V-Safe (Università Cattolica del S.Cuore) in specie dimostra come senza protezione si perderebbe l’84% della produzione italiana di riso, una delle colture più sensibili alle avversità (ed in particolare all’azione competitiva delle malerbe).

Come impostare la protezione delle colture

La protezione delle colture va sempre impostata sulla base di un approccio integrato, che compendi vari strumenti e mezzi di difesa e lotta. A cominciare dal miglioramento  genetico (ambito in cui le potenzialità offerte dalle nuove biotecnologie aprono scenari di estremo interesse -innanzitutto per ridurre il fabbisogno di mezzi di difesa chimici verso funghi patogeni e insetti- purtroppo non ben compresi dall’opinione pubblica male informata e dal decisore politico). Passando quindi per i mezzi agronomici, meccanici, fisici, biologici, fino all’utilizzo dei mezzi chimici che resta allo stato attuale sostanzialmente imprescindibile in particolare nella difesa dalle erbe infestanti.

La complessità dell’agroecosistema risicolo, caratterizzato da omosuccessione pressoché obbligata a causa della natura dei suoli di tipo paludoso che interessa vaste aree, dal ruolo polivalente dell’acqua di sommersione (diffusione di semi leggeri di infestanti acquatiche, ecc.) oltre che dalla estrema variabilità delle situazioni (anche a livello di singola azienda), rende oltremodo difficile impostare efficaci strategie di difesa.

Il quadro normativo, caratterizzato da parametri sempre più restrittivi e limitanti per l’utilizzo dei mezzi chimici, rende ancor più difficile e complessa questa sfida.

La scomparsa di alcune sostanze attive

Nel corso degli ultimi anni si è assistito alla scomparsa di diverse sostanze attive la cui autorizzazione all’impiego è stata revocata o per i quali le ditte produttrici hanno giudicato antieconomico sottoporsi al terrificante “tour de force” del processo autorizzativo comunitario, che richiede costi esorbitanti e tempi lunghissimi (curioso il paragone tra la tempistica molto dilatata nel tempo per l’autorizzazione di un prodotto fitosanitario e quella ultrarapida con cui sono stati fortunatamente autorizzati  i vaccini anti Covid).

In particolare nelle risaie italiane abbiamo assistito al ritiro dal mercato del Propanile (erbicida di contatto di sintesi non recente, ma caratterizzato da una spiccata azione “cross spectrum”, che peraltro è stato utilizzato in Spagna fino allo scorso anno ricorrendo all’escamotage delle autorizzazioni “in deroga”), del fungicida Triciclazolo (di cui probabilmente valuteremo le conseguenze nelle prossime settimane, visto l’andamento climatico particolarmente predisponente per le infestazioni di Pyricularia  attualmente in essere), dell’insetticida Alfa-cipermetrina (registrata per la lotta agli afidi), e dell’erbicida residuale Oxadiazon.

Proprio l’impossibilità di utilizzare Oxadiazon -sostanza attiva essenziale per contenere le infestazioni precoci di pontederiacee (Heteranthera spp,), alismatacee e in minor misura giavoni- potrebbe avere rivestito un ruolo non irrilevante nella ulteriore espansione della tecnica di semina del riso in asciutta che sta suscitando tante perplessità e discussioni per le sue ricadute a livello di equilibrio idrico complessivo dell’areale padano.

A surrogare l’uscita di scena di alcune sostanze attive sono intervenute le autorizzazioni in deroga per emergenza fitosanitaria che si sono succedute negli ultimi anni. Per un certo periodo le autorizzazioni in deroga hanno riguardato i già citati Propanile e Triciclazolo, mentre da alcuni anni viene sistematicamente autorizzato in deroga l’uso del Pretilachlor. Pure il Florpyrauxifen-benzil è passato per “l’anticamera” dell’autorizzazione di emergenza prima di ottenere quella definitiva nel 2020.

Analogo percorso ha caratterizzato la registrazione di un formulato commerciale a base di zolfo, utilizzabile ad alto dosaggio per la prevenzione delle malattie fungine ed ammesso anche in agricoltura “biologica” (da segnalare che, secondo quanto risulta dalla pagina del sito di MinSalute relativa alle autorizzazioni in deroga, numerose procedure riguardano proprio prodotti fitosanitari ammessi in “bio”, dall’azadiractina, all’estratto di aglio fino all’olio essenziale di arancio dolce impiegato su alcune orticole)

Le autorizzazioni per emergenza fitosanitaria

Nel 2021 è stato autorizzato con procedura di “emergenza fitosanitaria” l’erbicida Benzobicyclon, utilizzabile in pre-semina e risaia sommersa per il contenimento delle pontederiacee. E’ stata inoltre autorizzata la sostanza attiva Chlorantraniliprole, combinata con la Lambda-cialotrina in un formulato insetticida registrato per l’impego contro il punteruolo acquatico.

In genere alle autorizzazioni per “emergenza fitosanitaria” seguono le iscrizioni in deroga dei prodotti interessati nei disciplinari di produzione integrata volontaria previsti dalle mis.10 dei vari PSR, pur con alcune immancabili differenze di comportamento anche tra Regioni contermini.

Lo strumento delle autorizzazioni per “emergenza fitosanitaria” ha consentito in diversi casi di tamponare situazioni veramente difficili, “prolungando” la vita di prodotti altrimenti destinati alla scomparsa o anticipandone la disponibilità rispetto alle tempistiche piuttosto dilatate delle ordinarie procedure di registrazione. E’ tuttavia “un’arma a doppio taglio”, in quanto secondo le procedure burocratiche di parametrazione della “sostenibilità” dell’attività agricola a livello comunitario, il rilascio di autorizzazioni per procedure di “emergenza fitosanitaria” comporta l’attribuzione allo Stato Membro di un punteggio di penalizzazione molto elevato.

Nel prossimo futuro del settore risicolo si profila la revoca dell’autorizzazione della sostanza attiva Profoxydim, la cui autorizzazione scade ad Agosto 2021 e per la quale la ditta produttrice non avrebbe ritenuto di completare la procedura di rinnovo.

La cosa genera diffusa preoccupazione tra i risicoltori per l’importante ruolo rivestito da questa sostanza attiva nella gestione dell’infestazione da giavoni ed altre graminacee in costante diffusione con la tecnica di semina file interrate e non controllabili con avvicendamenti e rotazioni cui qualcuno attribuisce effetti “taumaturgici” che appaiono in realtà molto aleatori.

Tuttavia, considerando che di norma nei decreti di revoca delle autorizzazioni vengono concessi sei mesi di tempo per lo smaltimento delle scorte giacenti presso produttori e distributori, e dodici mesi per l’impiego in campo da parte degli utilizzatori finali, è verosimile che anche nel 2022 il Profoxydim possa trovare impiego in risaia.

Per contro si attende, sia pure senza particolare aspettativa sulla rapidità delle procedure, l’autorizzazione di un nuovo erbicida appartenente alla famiglia chimica dei trichetoni e caratterizzato da un meccanismo di azione abbastanza inedito.

Il caso Glifosate

Merita infine un cenno il caso del Glifosate, la cui autorizzazione (rinnovata nel 2017 con una  durata quinquennale davvero anomala) scadrà a fine 2022. Se la registrazione non sarà rinnovata, è possibile che i tempi di smaltimento delle scorte siano ridotti rispetto alla norma, come già stranamente accadde quando vennero revocati alcuni formulati commerciali contenenti Glifosate coformulato con l’ammina di sego polietossilata (tallowammide).

Su questo fronte (che interessa marginalmente la risicoltura, settore in cui questa molecola trova impieghi relativamente limitati) gli animi degli “ambientalisti” si stanno già surriscaldando. In particolare dopo che il Gruppo di Lavoro sul Glifosate incaricato dall’UE di valutare il dossier (composto da Francia, Svezia, Paesi Bassi e Ungheria) ha rilasciato un rapporto di 11mila pagine che si conclude con il parere favorevole al rinnovo dell’autorizzazione in quanto non esisterebbe alcun riscontro scientifico in merito alla asserita cancerogenicità e genotossicità della molecola.

Alcuni “ambientalisti” sarebbero particolarmente indignati per il “dietro-front” della Francia, il cui presidente Macron aveva promesso quando eletto di vietare il Glifosate entro il 2020, salvo poi decretare incentivi sotto forma di credito d’imposta per chi ne dimezzava l’uso. Secondo quanto trapela da Oltralpe tra le ragioni del “ripensamento” francese ci sarebbe la posizione del maggiore utilizzatore di Glifosate in Francia, che è la SNCF (Societé National de Chemin de Fer, ovvero il gestore ferroviario di Stato). La SNCF avrebbe constatato infatti l’impossibilità di mantenere la rete ferroviaria, anche alla luce dei risultati tragicomici degli esperimenti fatti con l’assunzione di braccianti per l’estirpazione manuale delle infestanti, con l’utilizzo di greggi ovine e caprine sui binari, e persino con l’adozione di un complicatissimo macchinario che solleva tratti di rotaia per consentire la disposizione di un telo pacciamante su cui il binario viene poi riposizionato. Un sistema ingegnoso, ma che a qualcuno ricorda la leggenda padana del paesello di “fessi” che strozzarono una vacca cercando di issarla con la carrucola sul campanile della chiesa da cui spuntava qualche filo d’erba… Autore: Flavio Barozzi

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