Il prossimo 10 gennaio scadono i termini previsti da Est Sesia per richiedere la prenotazione dell’acqua irrigua per il 2023. Una scadenza un tempo vissuta con tranquillità quasi routinaria, ma che quest’anno sembra avere scatenato un vero e proprio “tsunami” nelle campagne.
A suscitare il putiferio pare sia una informativa recapitata ai coltivatori in cui si legge che «il Consiglio di Amministrazione di questa Associazione ha deliberato che le prossime richieste di acqua, per potere essere accettate, debbano essere corredate dall’elenco dei mappali ricompresi nel catasto irriguo consortile e irrigabili mediante acque in gestione alla Associazione o da “acque proprie”». L’informativa è accompagnata da un modulo in cui ogni agricoltore deve inderogabilmente indicare gli estremi catastali di ogni singola particella che intende irrigare pena l’inammissibilità della domanda.
Questo ulteriore carico burocratico risulta sgradito all’agricoltore, notoriamente poco propenso a perdersi tra le scartoffie. Per di più, il nuovo adempimento pare aver mandato “in tilt” la stessa struttura dell’Est Sesia, tanto che giungono in redazione segnalazioni di “code chilometriche” negli uffici, con tanto di commesso che regima gli accessi in base all’ordine di arrivo degli utenti…SCARICA QUI LA TABELLA
SI RINCORRONO LE IPOTESI
Dopo un “annus horribilis” come il 2022, e con premesse non incoraggianti per il futuro (precipitazioni appena nella norma, temperature superiori alla media, lavori di manutenzione che sembrano languire, visioni “strategiche” che sembrano latitare e… Lago Maggiore un metro più basso rispetto ad un anno fa – leggi la situazione meteo), la richiesta di aggiornamento del “catasto” interno all’Est Sesia non sembra essere la novità più gradita dagli agricoltori, tanto da dare la stura alle illazioni ed alle voci più incontrollabili.
C’è chi ipotizza che in Est Sesia abbiano “perso gli archivi” e che “non sappiano più quali sono le loro bocchette di erogazione”. Ci sentiamo di smentire tale ipotesi. Al contrario, un nostro attento “informatore”, utente della zona novarese, ci assicura di aver visto le “schede anagrafiche” di singole aziende, trovandole encomiabilmente aggiornate con precisone quasi millimetrica sulle superfici irrigate da ogni bocca tassata ed integrate da una puntuale quantificazione delle eventuali “acque proprie” (come quelle da fontanile, da colatura o da altro diritto di prelievo) a beneficio di ogni utenza. Qui il “mistero” rischia di infittirsi, poiché se Est Sesia (perlomeno nella zona di Novara) ha già dati precisi su ogni utilizzatore non si comprende per quale motivo li chieda di nuovo e così perentoriamente.
QUEI DIRITTI FUORI DAL DIRITTO
Qualcuno insinua che la vera “ratio” dell’adempimento richiesto agli agricoltori stia altrove. In particolare si vocifera di terreni convertiti a risaia in anni abbastanza recenti, che sarebbero irrigati con acque derivate da Est Sesia senza che i terreni stessi siano stati inscritti nel “catasto” interno al consorzio irriguo e che quindi non pagherebbero il relativo “contributo comprensoriale”. Sarebbe bello se la presidenza di Est Sesia facesse chiarezza pubblicamente. A dar credito alle voci raccolte, comunque, l’operazione di aggiornamento posta a carico degli agricoltori sarebbe finalizzata a stanare i “furbetti del comprensoriale” che, secondo i maligni, sarebbero concentrati in alcune zone più recentemente convertite alla coltura del riso, magari in sostituzione di colture “asciutte”.
E secondo altri, ancor più “maligni”, tale operazione dovrebbe condurre non solo ad un aumento delle entrate, molto atteso dalla dirigenza dell’Est Sesia, ma anche ad una ridefinizione dei rapporti di forza interni. Si tratterebbe, secondo queste voci di una sorta di “vendetta dei novaresi” (ancora inviperiti per la completa interruzione del servizio subita a metà luglio per mandare tutta l’acqua disponibile verso la Lomellina), nei confronti dei colleghi lomellini, perché servirebbe a dimostrare che qualche zona “reclama” più acqua di quella spettante alla superficie per cui paga i contributi. Capirete bene che dei poveri giornalisti, ancorché vocati a informare i risicoltori su ogni filo d’erba che nasce sull’argine, non possono andare oltre.
CENTO ANNI E NON SENTIRLI?
Insomma, non vogliamo qui riaccendere polemiche inutili ma ci permettiamo di rilevare che un consorzio come Est Sesia, con cento anni di storia e di tradizioni alle spalle e con un comprensorio enorme (il più grande d’Italia), rappresenta un patrimonio di tutti. Sicuramente, di tutti gli agricoltori che tengono in piedi la produzione lorda vendibile di riso attingendo alla sua rete. Ed è pacifico che l’Est Sesia abbia il dovere di riconoscere a tutti uguali diritti e di chiedere a tutti di adempiere uguali doveri. Ammettiamo anche che l’attuale presidente – il contestatissimo Camillo Colli – si trova a fronteggiare una situazione certamente difficile, e forse più difficile di quanto prevedesse quando ha assunto la massima responsabilità attraverso un passaggio di consegne particolarmente divisivo, contrastato e sofferto. Sembra mancare una “visione strategica”: l’ipotesi delle “turnazioni” (che secondo qualche esperto rappresenterebbe addirittura un rimedio peggiore del male, come la “corsa ai pozzi” su cui l’Est Sesia non ha ancora espresso un parere) ha suscitato più perplessità che consensi.
MANCA LA STRETTA DI MANO
All’interno della struttura persistono problemi annosi ed irrisolti, che lo “stress test” della siccità non aiuta ad affrontare, nonostante gli apprezzabili sforzi di alcuni dirigenti, funzionari e dipendenti che continuano a fare il proprio dovere con serietà e dedizione. Ciò che più dovrebbe preoccupare tuttavia è il logoramento del rapporto tra struttura ed utenza che appare sempre più evidente, alimentando tensioni e conflittualità anche su questioni minimali, che in altri tempi si sarebbero risolte pacificamente e che oggi sembrano infilarsi nel “cul de sac” di un approccio sempre più burocratico e meno “umano”.
E si sa che in terra di risaia il rapporto “umano”, la stretta di mano e magari il bicchiere di vino con cui chiudere una discussione contano ancora, molto più di moduli da compilare, pec e scartoffie da archiviare. L’anno che verrà non si presenta facile. Basta guardare le montagne per rendersene conto. In quello appena trascorso l’ente di Via Negroni – al di la delle problematiche di gestione di una risorsa oggettivamente scarsa – non ha certo brillato per capacità comunicativa, sia nei confronti degli utenti (ed in questo gli va riconosciuta una notevole imparzialità, vista l’uniformità del malcontento, uguale tra le varie zone anche se con motivazioni talora molto diverse) che verso l’esterno. Auguriamo a tutti un 2023 migliore. Autore: Paolo Viana