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SE LA RISAIA ARRUGINISCE…

da | 20 Lug 2017 | NEWS

terreni

La gleyficazione (o gleyzzazione) è un processo chimico a carico del ferro in terreni asfittici, caratterizzati da condizioni favorevoli  per la sua riduzione alla forma bivalente (Fe2+).  
E’ difficile conoscere ciò che non vediamo, soprattutto i processi chimici che avvengono nelle nostre risaie. Sono necessarie due premesse fondamentali: la prima è sapere che la gestione delle acque in risaia crea ambienti diversi per le reazioni pedogeniche, la seconda è conoscere la natura del nostro campo, sia attraverso lo studio della tessitura, sia attraverso periodiche analisi chimiche del suolo. Un ambiente asfittico (cioè senza ossigeno presente nei pori), oltre a mostrarsi in risaia, è spesso presente in campi prevalentemente composti da sabbia fine e limo che, con una scarsa macroporosità, sono più soggetti ai fenomeni di ristagno idrico.

Quando andiamo ad allagare le nostre risaie, l’occupazione totale della porosità da parte dell’acqua, creando perciò una saturazione idrica, permette la mobilizzazione del ferro trivalente (Fe3+) dal terreno che, riducendosi a bivalente (Fe2+), viene solubilizzato e, spostandosi seguendo la soluzione circolante, raggiunge diverse zone e profondità del nostro campo. Ma la risaia non è sempre allagata e, quando si svuota (sia prima di intervenire chimicamente per il controllo delle infestanti come il riso crodo, sia prima della raccolta), l’ambiente che si viene a creare fa ossidare, con un processo inverso, il ferro bivalente (Fe2+) fino al suo ritorno alla forma trivalente (Fe3+).

In questo preciso momento avviene il “danno chimico”: il ferro ridotto, essendo solubilizzato nella soluzione circolante, quando passa alla forma ossidata, non viene più riassorbito dal suolo, ma precipita come ossido, andandosi a depositare in sottili linee grigio-bluastre, riscontrabili soprattutto intorno alla sostanza organica stabile (lignificata, come paglia di riso o, in misura maggiore, stocchi di mais rinterrati), materiale adattissimo a “catturare” composti chimici presenti nella fase liquida del terreno. Tecnicamente questi accumuli “metallizzati” si posson definire come orizzonti di inibizione chimica per la crescita radicale, in quanto le radici, incontrando un ambiente inadatto al loro sviluppo, sono costrette ad aggirare l’ostacolo, sprecando energia a livello della singola pianta e andando a creare fenomeni di competizione radicale in campo.

Questo particolare fenomeno, che causa una lenta e costante perdita di ferro dai terreni, è molto difficile da contenere, soprattutto nei terreni che ospitano riso in monosuccessione.
Essendo molto difficile modificare le rotazioni colturali delle aziende risicole, la soluzione più “semplice” è tenere sotto controllo le perdite di ferro del terreno, sia con analisi di laboratorio sia aprendo semplici trincee in campo di 60x30x20 cm al fine di quantificare sommariamente la presenza di strati dal colore grigio- bluastro.

Nel caso in cui si riscontrassero dei problemi legati alla gleyficazione, oppure problemi legati a carenze di ferro (sia attraverso analisi chimiche, sia attraverso la presenza di clorosi ferrica in campo), si può pensare di reintegrare piccole dosi di questo micronutriente, gestendo la concimazione in base alla logica aziendale:

  • per coloro che adottano la sommersione, è preferibile l’utilizzo di formulati per concimazione fogliare (alcuni abbinabili anche a fitofarmaci, così da ridurre i costi della concimazione), in modo da evitare di alimentare il processo di gleyficazione del terreno;

  • per coloro che adottano l’asciutta in terreni soggetti a ristagno idrico, si possono impiegare anche concimi solidi alla semina o in pre-semina, tenendo conto che più prodotto si da più perdite avremo in caso di ristagno idrico, quindi il consiglio migliore è reintegrare gli asporti e le perdite di ferro usando il minimo necessario, in relazione alla resa della coltura precedente e alla tessitura dei propri terreni. Autore: Fabio Buccioli 

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