Anche i produttori francesi sono fortemente preoccupati per la situazione del settore risicolo europeo, dove solo otto paesi producono riso. Ma per quanto tempo? Se lo chiede Bertrand Mazel, che riveste il ruolo sia di presidente del sindacato dei produttori di riso francesi sia di capo dell’unione dei risicoltori europei. La situazione è tesa, a causa dell’aumento delle importazioni di riso negli ultimi anni. Particolarmente preoccupati per il futuro, i rappresentanti dei produttori e industriali dell’industria provenienti da Italia, Spagna, Francia, Grecia, Portogallo, Romania, Ungheria e Bulgaria hanno deciso di incontrarsi lunedì 20 febbraio a Milano.
Lo spiega lo stesso Mazel, intervistato da La Provence: «Queste massicce importazioni destabilizzano il mercato europeo. Lunedi, a Milano, ci sarà una riunione del riso europeo, una piattaforma di discussione che riunisce i rappresentanti di tutti i settore del riso. Nel pomeriggio incontreremo funzionari europei di ciascun paese. Metteremo sul tavolo i dati economici bene in evidenza». Numeri senza appello, come conferma il presidente dell’Unione dei risicoltori europei. «In Europa, consumiamo quattro milioni di tonnellate di riso, e ne vengono prodotte tre. Ma tra il 2009 e il 2016, siamo passati da 800.000 tonnellate di riso a 1.364 milioni di tonnellate importate».
Un prodotto che proviene principalmente da “paesi meno sviluppati” tra cui la Cambogia. «Questi paesi non pagano dazi doganali, sono ipercompetitivi – aggiunge Bertrand Mazel – Ogni anno, le importazioni dai paesi meno sviluppati aumentano del 20%. Siamo arrivati ad un punto in cui dobbiamo conservare la nostra produzione, invece si abbatte il prezzo del riso. Per noi, è tragico». Un’altra preoccupazione proviene dagli accordi di libero scambio che l’UE sta attualmente negoziando con l’India, la Thailandia, gli Stati Uniti e il Mercosur (Brasile, Argentina e altri). Se i dazi di un paese come la Thailandia fossero cancellati, «le scorte salirebbero ancora una volta, il prezzo del riso, già ad un livello disastroso, si abbasserebbe ancora. Uno studio della Commissione europea mostra anche che il riso è un settore sensibile, prevede che il prezzo diminuirà dall’8 al 12%, e la produzione del 5%. Quindi, è la stessa Europa che lancia l’allarme. Siamo già al livello minimo di redditività e di competitività. Se abbassiamo i nostri prezzi del 10%, siamo morti!»
E Bertrand Mazel non parla solo dei produttori, ma dell’intero settore. «Ci sono anche strutture per la lavorazione del riso – conclude – In Francia, si tratta di due impianti, ma in Italia il numero sale a quindici o venti. Se continuiamo su questa strada, si mettono in pericolo anche gli impianti di trasformazione. E quando le fabbriche avranno chiuso, non ci saranno più neanche gli agricoltori a produrre». «L’Italia ha il suo risotto, la Spagna ha la paella, abbiamo la nostra riso IGP Camargue, con estrema tracciabilità: garanzie di qualità che non si trovano necessariamente in un riso coltivato in Asia, dove l’uso di pesticidi solleva numerose domande».