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SCARICA LE PRATICHE SLEALI

da | 15 Dic 2021 | Non solo riso

Con il decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 198 – Attuazione della direttiva (UE) 2019/633 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare, nonché dell’articolo 8 della legge 22 aprile 2021, n. 53, in materia di commercializzazione dei prodotti agricoli e alimentari si disciplinano le relazioni fra acquirenti e fornitori di prodotti agricoli ed alimentari, indipendentemente dal loro fatturato.
Confagricoltura Piemonte ha fornito alcune prime indicazioni, rimandando a una lettura completa del provvedimento al link Pratiche_commerciali_sleali_DLGS_198-2021_Gazzetta_Ufficiale

Il decreto regolamenta le modalità con cui le relazioni commerciali si devono svolgere, adottando misure per il contrasto alle pratiche commerciali sleali. Il decreto prevede, tra l’altro, che i contratti di cessione debbano essere conclusi obbligatoriamente mediante atto scritto, stipulato prima della consegna dei prodotti e indicare la durata, le quantità e le caratteristiche del prodotto venduto, il prezzo, le modalità di consegna e di pagamento. Il prezzo deve essere determinato o determinabile sulla base di criteri stabiliti nel contratto. Il contratto di cessione dei prodotti agricoli (ivi compresi fra quelli conclusi fra imprenditori agricoli) deve dunque essere obbligatoriamente perfezionato in forma scritta. La disposizione in questione costituisce norma imperativa, per cui è nulla qualunque pattuizione o clausola contrattuale contraria. Al fine di considerare assolto l’obbligo della forma scritta, si prevede che le condizioni possano essere riportate anche nei documenti di trasporto o di consegna, nella fattura, nell’ordine di acquisto, purché gli elementi contrattuali obbligatori siano stati concordati fra acquirente e fornitore in un accordo quadro. Così gli ordini di acquisto e le comunicazioni antecedenti alla consegna dei prodotti, come le fatture ed i documenti di trasporto rappresentano modalità esecutive di un precedente accordo quadro, che costituisce il testo base sul quale si radica e trae giustificazione la successiva documentazione.

La durata del contratto non può essere inferiore ai 12 mesi. La deroga a detta durata può intervenire negli accordi contrattuali solo se motivata, anche in ragione della stagionalità del prodotto venduto. La motivazione deve risultare dall’accordo fra le parti, anche assistite dalle organizzazioni professionali maggiormente rappresentative, tramite le proprie articolazioni territoriali. La durata inferiore a quella minima prevista, non motivata o non concordata con le modalità di cui sopra, è ricondotta a quella minima. Il prezzo non deve essere inferiore al costo di produzione (art. 5 lett. b). Il richiamo ai costi medi di produzione era già presente nell’art. 10 quater della L. 44/2019 (recante la disciplina dei rapporti commerciali nell’ambito delle filiere agroalimentari). Il regime di durata minima non si applica ai contratti cessione in cui l’acquirente esercita attività di somministrazione di alimenti e bevande nei pubblici esercizi (art. 5 L. n. 287/1991).

Decreto sulle pratiche sleali

La regolamentazione contrattuale sulla durata, sul prezzo, sulla consegna e sui termini di pagamento deve necessariamente essere prevista nell’accordo ed osservare le indicazioni contenute nella legge, pena in difetto l’inserimento nel contratto, in base all’art. 1339 c.c., di quanto prescritto dalla legge. La nuova normativa affida alle Organizzazioni Professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale presenti nel CNEL o in almeno cinque Camere di Commercio (tra le quali Confagricoltura), nella dinamica delle relazioni commerciali, un ruolo fondamentale, soprattutto nella fase genetica e comunque di formazione del contratto di cessione dei prodotti agricoli. Si tratta di riaffermare un modello di assistenza contrattuale già collaudato e sperimentato nella contrattazione agraria, come testimonia l’applicazione dell’art. 45 della L. 203/82, che ha consentito la buona tenuta del sistema delle relazioni contrattuali nella delicata fase della conclusione dei contratti costitutivi dell’impresa agricola (come l’affitto).   Possono essere conclusi in deroga alla disciplina sulle cessioni di prodotti agricoli, accordi con l’assistenza delle organizzazioni professionali agricole in materia di: a) durata del rapporto contrattuale (che non può essere inferiore a dodici mesi salvo deroga motivata per la stagionalità dei prodotti), attraverso la individuazione di un tempo di durata diverso da quello legale (art. 3 comma IV). b) Accordi e contratti di filiera, che si considerano (in via presuntiva) di per sé attuativi dei principi di trasparenza, buona fede e correttezza nelle relazioni commerciali tra acquirente e fornitori (art. 6 I comma).  L’art. 13 del D.Lg.vo n. 102/2005 prevede, infine, l’applicazione della disciplina civilistica in materia di inadempimento, nell’ipotesi di violazione degli obblighi derivanti da un accordo quadro da parte dei soggetti aderenti alle organizzazioni di produttori firmatarie dell’accordo stesso. L’art. 4 del decreto elenca una serie di comportamenti ed azioni ritenute pratiche commerciali sleali e per l’effetto vietati e sanzionati.

La norma di cui all’articolo 6 del decreto identifica, quale concreta attuazione dei principi di trasparenza, buona fede e correttezza nelle relazioni commerciali tra acquirenti e fornitori dei prodotti agricoli e alimentari, gli accordi ed i contratti di filiera che abbiano durata di almeno tre anni, nonché i contratti conformi alle condizioni negoziali definite nell’ambito degli accordi quadro, ovvero che siano conclusi con la assistenza della rispettiva organizzazioni professionali maggiormente rappresentative al livello nazionale. Al comma 2 si prevede che gli accordi e i contratti per essere considerati buone pratiche commerciali, debbono essere retti sia nella loro negoziazione, sia nella successiva esecuzione, dai criteri di coerenza tra il concordato e l’eseguito, dalla correttezza e trasparenza delle informazioni fornite in sede precontrattuale, dalla giustificabilità delle richieste, nonché dall’assunzione ad opera di tutti i protagonisti della filiera dei propri rischi imprenditoriali. Il comma 3, invece, prevede che per la vendita dei prodotti agricoli e alimentari oggetto dei contratti di cessione dei beni, possono essere utilizzati messaggi pubblicitari del tipo “prodotto conforme alle buone pratiche commerciali nella filiera agricola e alimentare”.   Di un certo interesse è anche la specifica previsione indicata all’articolo 7 del decreto legislativo che esula dai contenuti della direttiva comunitaria in materia di pratiche sleali ma che ha inteso integrare la disciplina nazionale relativa alla “vendita sottocosto” al dettaglio disciplinata dal decreto legislativo in materia di riforma del settore del commercio – D. L.vo 31 marzo 1998, n. 114 e relativo DPR 6 aprile 2021, n. 218.

Si fa notare da subito che questa normativa regolamenta la vendita sottocosto e promozionale al dettaglio ed è quindi concettualmente strumento – già preesistente peraltro – distinto dalla misura introdotta con il decreto legislativo in commento che ha vietato in via generale (art. 5 c. 1 lett. b) – v. sopra), in quanto pratica sleale, l’imposizione al venditore di condizioni contrattuali che includano la vendita di prodotti agricoli e alimentari a prezzi al di sotto i costi di produzione. Con l’articolo 7 invece si limita la possibilità di prevedere “vendite sottocosto” (come intese ai sensi della normativa citata) per i prodotti freschi e deperibili che sono consentite solo in due casi e cioè nel caso: – di prodotto invenduto a rischio deperibilità nonché – di operazioni commerciali programmate e concordate con il fornitore in forma scritta.
La nuova normativa, come appare evidente, è decisamente innovativa e richiede approfondimenti puntuali delle varie tematiche trattate e regolamentate, con particolare riferimento alle modalità di intervento delle organizzazioni professionali agricole, sia in sede di accordi individuali, sia nell’importante attività di formulazione degli accordi quadro. Torneremo pertanto sull’argomento con specifici chiarimenti. Autore: Confagricoltura Piemonte

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