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SAPETE PERCHÈ LA RISAIA NON SPRECA ACQUA?

da | 29 Dic 2017 | Non solo riso

Tra alcuni mesi si vota. Non vi diremo come votare. Diremo ai politici cosa serve ai risicoltori per lavorare. Lo facciamo perché in giro c’è un’idea dell’agricoltura distorta da luoghi comuni. Abbiamo chiesto all’agronomo Giuseppe Sarasso, Accademico dell’Agricoltura di Torino e dei Georgofili di Firenze, di sintetizzare in alcune “pillole” la storia e le prospettive di alcune questioni calde: le offriamo ai nostri lettori e soprattutto ai politici, come vademecum. Chiunque vorrà, potrà inviare a direzione@risoitaliano.eu un breve testo che integri con una proposta questi scritti: sarà riportato in coda, con i riferimenti dell’autore. Un’ultima cosa: non pretendiamo che queste schede siano la “verità”, ma rappresentano le conoscenze tecniche di chi da generazioni coltiva riso, il cereale più diffuso al mondo e quello in cui l’Italia è leader produttivo in Europa. Vale la pena di tenerne conto, se si ama davvero questo Paese. (la redazione)

Tutti i vegetali assumono i nutrimenti solo se disciolti nell’acqua. Dato che il nutrimento degli uomini dipende dai vegetali, l’uso che  l’agricoltura fa dell’acqua non è spreco, ma uso indispensabile. In molte situazioni, l’irrigazione per scorrimento è stata sostituita da altri sistemi (aspersione, irrigazione a goccia, subirrigazione)  che richiedono l’apporto di volumi ridotti, adatti a soddisfare solamente i bisogni delle piante, senza infiltrazioni nel terreno.

Nelle condizioni della pianura Piemontese-Lombarda, quando si irriga per scorrimento, le acque infiltrate nel terreno non sono mai sprecate, in quanto alimentano le falde sotterranee, da dove  vengono pescate per usi civili ed industriali, oppure riemergono nel sistema delle risorgive (fontanili). Anche la parte eccedente l’assorbimento dei vegetali e le infiltrazioni sotterranee, che confluisce nella rete scolante, viene recuperata a valle. Queste “colature” e le falde acquifere  raggiungono il Po a velocità diverse, a vantaggio delle regioni poste a valle.  Nel caso del riso, tradizionalmente irrigato per sommersione, vi è addirittura un maggior recupero delle colature, che vengono riutilizzate più e più volte.

La ricarica delle falde, il cui livello cresce di parecchi metri  grazie alla sommersione primaverile delle risaie, costituisce un invaso sotterraneo  invisibile, esistente senza necessità di costruire pericolose e costose  dighe, valutato in due miliardi di metri cubi. La ricarica delle falde sotterranee  riempie questo invaso in primavera, periodo mediamente ricco di acque, per restituirle al Po  a fine sommersione del riso, in periodi di magra, che si verificano di solito a fine Luglio – inizi di Agosto. L’esperienza vissuta dalla Lomellina  nell’estate 2017 dovrebbe essere maestra: a causa della grande superficie di semina del riso in asciutta, in Aprile e Maggio i Consorzi irrigui hanno ridotto i prelievi dai fiumi, lasciando fluire inutilizzate al mare  grandi masse di acqua. Nonostante la grande disponibilità idrica perdurata nella Dora Baltea per tutta la stagione estiva, con i ghiacciai che si scioglievano fin oltre i 4.000 metri di altitudine, la sommersione tardiva effettuata con il riso in terza foglia, contemporanea alle richieste idriche del mais, e con le falde da ricaricare, ha fatto in modo che il consueto regime delle risorgive sia stato raggiunto a fine Luglio, con carenze diffuse per tutta la stagione. Il minor accumulo nelle falde è anche andato a danno dei terreni inferiori.

In risicoltura, l’eccessiva diffusione della semina in asciutta, che richiede apporti d’acqua successivi, in coincidenza alla domanda irrigua del mais, è un problema. Attenti dunque a promuovere impianti di irrigazione alternativi che, oltre ad avere costi non sostenibili per le aziende, e consumi energetici non trascurabili, quindi emissioni di CO2 oggi  inesistenti, eliminerebbero una riserva d’acqua di dimensioni imponenti. Autore: Giuseppe Sarasso

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