Tra alcuni mesi si vota. Non vi diremo come votare. Diremo ai politici cosa serve ai risicoltori per lavorare. Lo facciamo perché in giro c’è un’idea dell’agricoltura distorta da luoghi comuni. Abbiamo chiesto all’agronomo Giuseppe Sarasso, Accademico dell’Agricoltura di Torino e dei Georgofili di Firenze, di sintetizzare in alcune “pillole” la storia e le prospettive di alcune questioni calde: le offriamo ai nostri lettori e soprattutto ai politici, come vademecum. Chiunque vorrà, potrà inviare a direzione@risoitaliano.eu un breve testo che integri con una proposta questi scritti: sarà riportato in coda, con i riferimenti dell’autore. Un’ultima cosa: non pretendiamo che queste schede siano la “verità”, ma rappresentano le conoscenze tecniche di chi da generazioni coltiva riso, il cereale più diffuso al mondo e quello in cui l’Italia è leader produttivo in Europa. Vale la pena di tenerne conto, se si ama davvero questo Paese.
Già agli inizi dell’attività agricola l’uomo, pur senza avere alcuna idea riguardo alla genetica, si è reso conto dell’utilità di riprodurre i vegetali più idonei alle sue esigenze alimentari. Per questo al momento del raccolto ha iniziato a riprodurre i semi delle piante che, per mutazioni od incroci spontanei, si distinguevano per le migliori prestazioni. Da sempre ha operato in questo modo per il miglioramento genetico delle coltivate. A partire dalle scoperte di Gregor Mendel, a fine del 1800, iniziarono i primi tentativi di incrocio mirato, che ebbero però un largo sviluppo applicativo solo nel primo quarto del ventesimo secolo. Successivamente, nella seconda metà del XX secolo, si diffuse l’uso dei mutageni artificiali: radiazioni nucleari o sostanze chimiche, per accelerare il verificarsi delle mutazioni genetiche. Da queste attività è derivato il grano Creso, primo attore del successo della pasta italiana, e molte varietà di cereali e riso oggi coltivate, senza riscontrare alcun problema di origine sanitaria. L’ulteriore passo, compiuto una ventina di anni fa, è stato quello di spostare alcuni geni da una specie all’altra: in particolare massima diffusione hanno avuto le specie transgeniche resistenti all’erbicida Glyphosate, ed agli attacchi degli insetti. La riduzione dei trattamenti erbicidi su soia e colza, e l’azzeramento dei trattamenti insetticidi sul mais sono state le ragioni del successo di questa tecnologia, i cui prodotti sono consumati sia dagli abitanti dei Paesi nei quali è autorizzata la coltivazione, sia dagli italiani che non possono coltivarli ma li consumano, spesso inconsapevolmente, sotto forma di derivati della soia, o tramite prodotti di allevamenti che utilizzano alimenti Ogm. Le preoccupazioni dei consumatori sono spesso fomentate dagli interessi economici di chi, perdendo competitività a causa dei divieti posti a queste nuove tecnologie, cerca di screditarle propagandando le virtù di varietà presunte “naturali”, scomparse da millenni.
La ricerca di dannosità degli Ogm ha prodotto una sterminata quantità di pubblicazioni scientifiche, delle quali nessuna ha evidenziato problemi, tranne alcune poi sconfessate in quanto truffaldine, quali quelle del francese Seralini, e del gruppo italiano di Infacelli, che comunque circolano ancora su internet. Questo è quanto accaduto finora.
Il futuro appartiene al genome editing, anche conosciuto come CRISPR /Cas9. Questo metodo, poco costoso e alla portata di ricercatori indipendenti dalle multinazionali, permette di “plasmare” la genetica degli organismi senza spostamenti da una specie all’altra, e sta producendo i primi risultati straordinari nella medicina e nell’agricoltura. Con una semplificazione estrema, si può rappresentare l’attività del genome editing mediante un scritto al computer, al quale si eseguono correzioni con i comandi taglia, copia, incolla. Il metodo, che agisce in modo mirato su specifici e noti geni delle piante, appare estremamente più sicuro rispetto all’antica scelta dei mutanti naturali, ed ancor più rispetto ai risultati ottenuti dalle mutazioni indotte, che fin qui hanno operato senza ottenere risultati negativi, e nemmeno avversioni della pubblica opinione. Attualmente si attende una presa di posizione dell’Europa, che è tenuta a decidere se le procedure di autorizzazione delle nuove varietà botaniche ottenute con questo nuovo sistema debbano essere lunghe e complesse come per gli Ogm, oppure possano essere accettate senza indagini, come fin qui fatto per le varietà ottenute da incroci e mutazioni genetiche, naturali od indotte.
Alcune associazioni ambientaliste hanno iniziato a lanciare allarmi, ed hanno già identificato un nuovo “nemico” da avversare, mentre altre organizzazioni che si sono distinte nel combattere gli Ogm sembrano orientate alla loro accettazione: tra queste il nostro Ministero dell’Agricoltura. La sfida di nutrire tutti gli abitanti del mondo, che ai tempi di Mendel erano circa un miliardo, molti dei quali sottonutriti, e che raggiungeranno i nove miliardi prevedibilmente tra il 2030 ed il 2040, non può rinunciare all’utilizzo di questa tecnologia, che potrà oltretutto ridurre la necessità di utilizzo di fitofarmaci, e plasmare con sufficiente rapidità specie agricole idonee ad affrontare i cambiamenti climatici in vista. Charles Darwin, nel suo saggio “Dell’evoluzione delle specie”, ha scritto che fin qui non sono sopravvissute le specie più forti, né quelle più intelligenti, ma quelle che si sono adattate più rapidamente ai cambiamenti. Autore: Giuseppe Sarasso