Dietro agli schiamazzi dei talk show della politica attuale, sono necessarie preparazione alle regole europee per sfruttare opportunità ed opporsi alle illegalità da import selvaggio in cui entità multinazionali sfruttano la confusione e la lentezza normativa. Per il nostro comparto occorre dialogo il vero dialogo europeo che conduca velocemente alla federazione Europea, quella auspicata da Ventotene negli anni successivi alla guerra.
Il processo europeo è ad un punto morto, in balia di una procedura decisionale complessa dove le leggi vengono proposte non in Parlamento ma in commissione dove non ci sono membri eletti dai cittadini europei, ma commissari governativi che dietro ad una dubbia indipendenza agiscono in nome e per conto ognuno dei propri governi. Il parlamento europeo, l’unico organo eletto direttamente dai cittadini rappresenta una parte dell’esame di queste leggi che in procedura codecisionale viene filtrato dall’altra ‘camera’, il consiglio dell’unione europea fatto da una delegazione tecnico politica con a capo ministri dei vari stati . Dati alla mano le decisioni che vengono convertite in leggi dipendono in consiglio dell’unione europea da una maggioranza doppia ovvero dal 55% di stati ma anche dal 65 % del peso demografico della popolazione di ciascuno stato . Un esempio: la Germania incide circa per il 16,5%, la Francia per il 13%,l’Inghilterra per il12,9, l’Italia per il 11 ,9 % mentre con la Brexit dove la comunita vedrà l’uscita di circa 66 milioni di cittadini britannici la Germania giungerà al 18,5%, la Francia al15%, l’Italia al 13,5% e la Spagna al 10,5%. Ma anche nel parlamento europeo vi sono ostacoli alla voce dei cittadini, in quanto questo non ha le prerogative del parlamento nazionale che è il potere di modificare e soprattutto di proporre leggi. Nella situazione attuale, molti nostri rappresentanti si trovano a militare o in gruppi euroscettici sovranisti oppure fuori da gruppi europei parlamentari dove il loro peso decisionale è limitato. Non sarà sufficiente dunque lo sforzo di DeCastro nella difesa della nostra PAC. La ragione è anche geopolitica.
L’Italia si trova a contrastare un asse Franco Tedesco che sostiene alleati come la Spagna ma non Roma. Questo asse rappresenta un trattato bilaterale che non avrebbe potuto esserci se l’Europa anziché una sorta di mercato comune con forti tensioni di sovranità nazionale fosse in realtà una federazione di Stati. Le conseguenze di questa situazione si avvertono e sono devastanti nella microeconomia risicola: chi contrasterà il sodalizio Berlino-Parigi che manterrà i canali aperti verso l’Asia mentre le nostre componenti parlamentari europee restano relegate all’opposizione delle istituzioni comunitarie? Chi eviterà che il riso asiatico arrivi lavorato e confezionato? Chi salverà l’ecosistema della risaia dall’abbandono delle coltivazioni? Si può integrare la clausola di salvaguardia con le mai attuate barriere europee sanitarie ed i controlli nei paesi d’origine, ma non sembra così facile.
La mancata attuazione del federalismo e la regressione nei nazionalismi farà il gioco dell’asse francotedesco. L’unica strada è accelerare un processo federativo che integri totalmente l’Unione Europea in federazione Europea, soprattutto oggi in cui la politica agricola comune rientra tra le materie in cui il processo codecisionale ci vede all’angolo. Per arrivarci è necessario un dialogo tra le varie forze sindacali e politiche. Autore: Andrea Vecco, risicoltore