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RISTEC PREMIA LA VECCIA VILLOSA

da | 26 Apr 2019 | Tecnica

Il progetto Ristec presenta i risultati parziali, conseguiti negli ultimi anni, ormai ad una stagione culturale al termine degli studi, con un incontro tecnico relativo a sovescio, sommersione invernale e lavorazioni conservative,  presso il Centro Ricerche di Castello d’Agogna (PV), che è stato organizzato il 15 Aprile e che si è concluso con la visita al campo sperimentale, presso l’Az. Agr. Bandi di Nicorvo, dedicata al sovescio.

Marco Romani, Responsabile del dipartimento di agronomia del Centro di Ricerche sul Riso, dopo aver presentato il progetto, svolto da Ente Risi, Università di Milano e Università di Torino, grazie anche a fondi PSR, ha affrontato così l’argomento sovescio: «Come noto, la tecnica del sovescio è utile per il miglioramento del terreno e la riduzione dell’utilizzo di fertilizzanti, ma per l’ottenimento di un buon risultato è fondamentale, come per il riso, la tecnica colturale. Si deve permettere alla coltura intercalare di partire adeguatamente per sopportare l’inverno, seminando intorno alla metà di ottobre, massimo alla fine. La terminazione necessita di tempistiche altrettanto adeguate, si deve lasciare la coltura intatta fino alla fioritura, che avviene in questi giorni, e terminarla successivamente, altrimenti si ottiene una coltura scadente in termini di massa verde e apporto di azoto al terreno. Anche il riso utilizzato in successione deve essere adatto, prediligendo varietà precoci e, nel caso di terreni infestati da riso crodo, con tecnologia Clearfield (per la difficoltà di attuazione di un controllo preventivo). La Veccia Villosa si è dimostrata essere l’essenza più capace di apportare azoto per la coltura in successione ma, in alcuni casi, l’utilizzo di una graminacea, in miscuglio, è utile per la sua funzione di catch crop (coltura capace di catturare i nutrienti nella zona delle radici)».

«Questa tecnica – ha proseguito il tecnico – è capace di migliorare l’attività microbica e la complessità della fauna del terreno, oltre a incrementare la sostanza organica (di conseguenza il carbonio), da cui consegue il lento rilascio di azoto, utile per una nutrizione del riso graduale ed una riduzione delle perdite per lisciviazione legate alle laute concimazioni con azoto minerale. Migliorano, negli ambienti con cover crop, le capacità del terreno di solubilizzare anche il fosforo, che diventa più disponibile per la pianta, inoltre si sta valutando come esso agisca positivamente nella fissazione dell’azoto (che necessità di ATP quindi di fosforo). Uno dei problemi può essere l’aumento di emissioni di metano, dovuto alla fermentazione della massa verde in sommersione, per questo è consigliabile una semina interrata del riso, che permette la sommersione della camera più tardiva. La coltura intercalare può essere seminata sia a spaglio che con seminatrice e sia direttamente sulle stoppie che su terreno erpicato, chiaramente con diverse necessità di tempo e impegno. Per l’analisi dei risultati produttivi abbiamo svolto prove con 4 livelli diversi di fertilizzazione azotata (applicata per il 70% in pre sommersione e 30% in differenziazione della pannocchia), ottenendo costantemente risultati migliori nei campi con sovescio, circa la produttività, il numero spighette per pannocchia ed il vigore della coltura. Nel 2018 a causa di problematiche legate alla siccità autunnale, che hanno reso difficile la germinazione della Veccia e quindi il suo sviluppo, e, successivamente, di alcune avversità, durante la coltivazione del riso, i risultati non hanno riportato i trend evidenziati in precedenza».

Nonostante queste migliorie, la tecnica ancora non viene molto utilizzata dai risicoltori. Prova a spiegare il motivo Paola Battioli, Presidente di Confagricoltura Novara, presente in sala: «È un’interpretazione difficile, ma credo che il problema principale siano le tempistiche, che diventano assai ristrette se si rispetta il ciclo colturale della cover. Questa fretta è stata aumentata quest’anno anche dalle condizioni climatiche».

 

Ci si è dunque trasferiti a Nicorvo, presso i terreni dimostrativi dell’azienda agricola Bandi, dove l’agricoltore ha spiegato a livello pratico come attua la tecnica del sovescio, in un comparto aziendale composto da 50 ha ed un solo operatore, dove, per riuscire a rispettare i tempi della tecnica, questa viene fatta in rotazione su un quarto dell’azienda, interessando negli anni tutta la superficie. Adriano Bandi ha spiegato: «È da 15 anni che utilizzo questa tecnica, vedendo un incremento produttivo tangibile, soprattutto in questa zona molto sabbiosa e soggetta a basse rese. Per l’attuazione io semino 30 kg/ha di veccia villosa a spaglio, sempre e solo veccia villosa, direttamente sulle stoppie, avendo dunque necessità di tempo minime ed accettabili anche contemporaneamente alla raccolta. È stato fatto un tentativo con un erpice stellare, passandolo prima di seminare o dopo. Sembra non conferisca grossi vantaggi, richiedendo più lavoro, anche se dobbiamo ancora valutare numericamente i risultati. In terreni pesanti, inoltre, potrebbe aumentare i problemi di asfissia radicale alla coltura, per la riduzione del drenaggio dei suoli.  Un’accortezza deve essere il perfetto spargimento delle paglie, che non devono accumularsi per permettere la germinazione. Un’altra criticità potrebbe essere la predazione della semente da parte dei volatili, come alimento chiaramente ma, se si cerca di seminare in prossimità di una pioggia, si ovvia a questa problematica, poiché dopo la germinazione il seme diventa inappetibile. Bisogna compattare il meno possibile il terreno, altrimenti la coltura non cresce, come visibile in capezzagna, e i fattori climatici, in particolare piovosità e temperatura, determinano il maggiore o minore successo della tecnica, in relazione alla quantità di biomassa prodotta da interrare. Per l’interramento io utilizzo un erpice a disco per tagliarla e, successivamente, aro il terreno. Dunque livello e semino direttamente, senza passare erpici, che potrebbero portare in superficie  radici e la biomassa incorporata. Come si può notare, nei terreni la paglia viene degradata maggiormente quando viene praticato il sovescio, rendendo i nutrienti in essa contenuta più disponibili al riso in successione. Abbiamo svolto anche tentativi con trifoglio ed avena, senza ottenere risultati all’altezza della veccia». Autore: Ezio Bosso

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