Non c’è ancora una soluzione alla crisi del riso italiano. Nel corso del tavolo agroalimentare che si è riunito oggi a Roma, l’Ente Nazionale Risi ha presentato una situazione di mercato (SCARICA IL DOCUMENTO) nella quale «sono state evidenziate tutte le difficoltà che il settore risicolo nazionale sta attraversando» come recita testualmente una nota dell’Ente stesso, che ha messo in evidenza i volumi di importazione, la riduzione dei prezzi e il «prevedibile aumento delle scorte a fine campagna».
Sulla base di questi dati, l’Ente Risi ha chiesto al Viceministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Olivero, e al Sottosegretario del Ministero dello Sviluppo Economico, Scalfarotto, l’impegno ad ottenere l’applicazione della clausola di salvaguardia e la modifica del regolamento che ne prevede le condizioni di applicabilità: si tratta della stessa richiesta avanzata dal G8 dei risicoltori e su cui si era impegnato il ministro Martina. Il 23 maggio, presso il Ministero dello Sviluppo economico, si terrà un incontro tra una delegazione della Commissione europea, in rappresentanza della Dg Agri e della Dg Trade, e le autorità italiane per la discussione della specifica tematica relativa alle importazioni a dazio zero dai Pma: al momento, questa è l’unica certezza cui aggrapparsi, anche perché la recente flessione delle importazioni dai Pma sarà sicuramente un argomento invocato da Bruxelles per lasciare le cose come stanno.
In settimana, il presidente dell’Ente Risi Paolo Carrà (foto piccola) ha scritto al ministro Martina sollecitando una fornitura di riso agli indigenti che, «se bandita in tempi brevi e per un quantitativo importante, potrebbe essere effettuata con il raccolto di questa campagna di commercializzazione. Fatta eccezione per l’ultima fornitura, di regola negli anni passati le gare sono state bandite tra i mesi di aprile e maggio, periodo auspicabile anche per quest’anno proprio in considerazione dei problemi evidenziati».
Difficilmente, però, le contromisure che abbiamo elencato riusciranno a risollevare un mercato agonizzante. Gli operatori considerano la campagna compromessa e danno per scontato che a settembre le quotazioni dei risoni siano quelle di oggi. L’unica varietà su cui si appuntano le speranze di una ripresa è il Baldo (35 euro al quintale, un prezzo che lo rende competitivo solo sul mercato estero, perché su quello nazionale viene preferito il più economico Barone), ma solo perché il mercato turco è stato chiuso ai russi e solo se riusciremo a contendere qualche grosso ordine agli operatori statunitensi, oggi agguerritissimi. L’anno scorso abbiamo perso il 13% di quel mercato.
La situazione è talmente grave che l’Ente Risi ha lanciato da settimane l’allarme rimanenze e l’Unione europea, per nascondere il problema, ha postulato un aumento dei consumi di riso japonica di cui non esiste alcun riscontro reale. La base rumoreggia e accusa l’industria di speculazione (ma l’Ente Risi attesta che i trasferimenti al 2 maggio sono aumentati solo dell’1%, il che conferma lo stallo degli scambi, malgrado il forte ribasso) e l’Ente Risi di non diffondere i dati di semina (Carrà ha dichiarato che non lo fa perché sono inattendibili, a causa dell’alta percentuale di reimpiego del seme). Nei giorni scorsi, le federazioni di Vercelli e Novara di Confagricoltura, Cia e Coldiretti hanno incontrato i vertici del movimento #ildazioètratto e per le prossime ore sono attese note ufficiali delle confederazioni e del movimento per puntualizzare le misure che gli agricoltori ritengono decisive per risollevare le sorti della risicoltura nazionale. (foto grande di Marco Limina: risaie di Isola della Scala)