Dopo un lungo lavoro, il Ministero dello Sviluppo economico ha predisposto il dossier anti-Cambogia e si è impegnato a consegnarlo alla Commissione europea. La conferma ci viene da Paolo Carrà, presidente dell’Ente Nazionale Risi, organo tecnico della filiera risicola e primo consulente del governo sui problemi del riso. Il documento che sarà presentato a Bruxelles chiede l’adozione di misure di salvaguardia all’import di riso lavorato dalla Cambogia ai sensi dell’art. 22 del regolamento (UE) n.978/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo all’applicazione di un sistema di preferenze tariffarie generalizzate. Non sono specificati i tempi, perché per il richiedente sono immediati, ma è improbabile che gli effetti di questa richiesta si vedano prima dell’inverno, come ci conferma lo stesso Carrà. Anche per questo, la filiera risicola ha deciso di mobilitarsi ed occupare le principali borse risi del Paese dal 14 luglio. Ma cosa dice il dossier? Risoitaliano nei mesi scorsi ne ha anticipato in esclusiva i contenuti. Di seguito vi proponiamo un’ampia sintesi di quel documento, che può esservi utile per capire le ragioni della protesta in corso nelle piazze del riso del nostro Paese.
L’INDICA PUO’ SCENDERE SOTTO I 20 EURO
“Le importazioni a dazio zero di riso lavorato dalla Cambogia hanno raggiunto livelli tali da creare gravi turbative di mercato; la produzione di riso greggio indica non è più remunerativa per l’azienda risicola italiana; la produzione di riso greggio indica non può essere sostituita da varietà di tipo japonica; l’abbandono delle superfici a riso causerà gravi danni all’ambiente e alla biodiversità; i consumatori comunitari potranno acquistare riso indica esclusivamente di origine extra-europea e conseguentemente diminuiscono le garanzie di approvvigionamento del mercato (food security); l’industria di trasformazione italiana non potrà più disporre di riso greggio indica da trasformare; tutto ciò creerà un dissesto economico, finanziario e sociale delle imprese industriali e agricole”. Sono queste le conclusioni del dossier. La richiesta di adottare la clausola di salvaguardia contro le importazioni a dazio zero dalla Cambogia – che gode del regime preferenziale accordato ai Pma dalla direttiva Eba – è esattamente quella di “ristabilire i normali dazi della tariffa doganale comune per le importazioni di riso dalla Cambogia allo scopo di eliminare le distorsioni prodotte dalle importazioni a dazio zero, dal momento che dalla campagna 2008/2009 la quota di consumo del riso semigreggio importato è scesa dal 15% al 10% del totale, la quota di consumo del riso cambogiano importato, costituita quasi esclusivamente da riso lavorato, è aumentata dal 2% al 15% (17% con gli altri EBA) e la quota di consumo del riso lavorato comunitario, mediamente pari al 42%, è prevista in diminuzione al 38%. Nelle ultime sei campagne i produttori italiani hanno mediamente collocato sui mercati degli altri Paesi UE 291 mila tonnellate all’anno di riso lavorato indica. Da fonte INTRASTAT, nel primo semestre della corrente campagna le industrie risiere italiane hanno diminuito del 12% le proprie vendite di riso lavorato indica verso gli altri Paesi dell’UE. Le riduzioni più consistenti avvengano proprio verso quei Paesi comunitari che sono i principali importatori di riso cambogiano (Paesi Bassi -59%, Polonia -37% e Francia -19%). Considerando il volume di riso lavorato indica prodotto in tutta la UE si stima che quest’anno le industrie di trasformazione collocheranno sul mercato comunitario 46.500 tonnellate in meno rispetto alla scorsa campagna. Sul fronte interno, come si sa, il prezzo di mercato del riso lavorato italiano di tipo indica risulta in netto calo (dell’11-13% rispetto alle ultime due campagne). Lo studio ipotizza “che nel prosieguo della campagna attuale il prezzo debba raggiungere il livello precedentemente calcolato in 195 euro per poter competere con il riso cambogiano”.
INDUSTRIE A RISCHIO FALLIMENTO
Il dossier sostiene anche che “i prezzi del riso greggio indica non sono stati remunerativi per gli agricoltori per tutta la campagna, scoraggiando il mantenimento della coltura; le scorte invendute sono aumentate; è diminuito il quantitativo lavorato dalle industrie italiane, in particolare di quelle che forniscono riso alla rinfusa alle industrie che confezionano in nord Europa”. Il documento prevede che, nell’eventualità in cui proseguano le importazioni di riso cambogiano a dazio zero, già in questa campagna “le superfici seminate a riso indica caleranno del 21% rispetto alla campagna precedente; ci sarà un aumento delle superfici seminate a japonica, premessa della creazione di una eccedenza in questo segmento di mercato e di una conseguente probabile diminuzione di remuneratività anche del riso japonica nella campagna 2014/15; si verificherà una perdurante inadeguatezza dei prezzi del riso greggio indica”. Guardando alla primavera del 2015, se l’Europa non porrà rimedio, si avrà la “ulteriore e drastica contrazione delle superfici seminate con inevitabili ripercussioni a livello economico, sociale e ambientale” e dall’autunno 2015 riscontreremo una “ulteriore minore disponibilità iniziale di riso greggio indica per l’industria; la difficoltà di quest’ultima di stipulare contratti con la Gdo europea con conseguente riduzione del giro d’affari; la diminuzione del personale occupato nelle industrie risiere e la crisi dell’indotto economico”, fino al “rischio di chiusura impianti” e al “rischio di fallimenti dell’industria”, a partire da quelle che si sono specializzate nel segmento indica da vendersi in Europa. Il dossier precisa anche che ai prezzi della campagna corrente il rischio fallimento è reale, in quanto le quotazioni del riso greggio indica sono “stabilmente al di sotto dei costi di produzione agricoli” e i risicoltori sono disincentivati a seminare riso.
UN QUARTO DELL’IMPORT ARRIVA DA PHNOM PEHN
Il Ministero dello Sviluppo economico presenta quest’analisi di scenario: “l’Unione Europea consuma 2,5 milioni di tonnellate di riso lavorato e non è autosufficiente. Otto Paesi dell’Unione europea sono produttori di riso e soddisfano questo fabbisogno per solo 1,7 milioni di tonnellate. L’Italia è il primo produttore nell’UE con circa 0,9 milioni di tonnellate. Il consumo di riso lavorato nell’Unione Europea è diviso in due grandi segmenti: 1 milione di tonnellate di riso lavorato tondo, medio e lungo A (di seguito “japonica”) e di cui l’UE è autosufficiente; 1,5 milioni di tonnellate di riso lavorato lungo B (di seguito “Indica”). L’Unione Europea soddisfa in parte questa domanda con 700 mila tonnellate di riso lavorato ottenute da 1,1 milioni di tonnellate di riso greggio prodotto dalle aziende agricole europee. Da rilevare che la coltivazione del riso indica in Europa è stata introdotta alla fine degli anni ’80 grazie a specifici aiuti UE per incentivare la coltivazione di questo tipo di riso, gradito dal consumatore europeo, riducendo la dipendenza dal riso d’importazione. In pochi anni la coltivazione di tali varietà in Italia è cresciuta, sia grazie all’apprezzamento dei consumatori e all’allargamento della UE, fino a superare i 70.000 ettari negli ultimi anni. La concorrenza esercitata dal riso lavorato cambogiano riguarda il riso lavorato non parboiled e parboiled ricavato dal riso greggio indica coltivato nell’Unione Europea”. Quindi, il dossier prodotto dall’Ente Risi per il Mise, rammenta che “nelle ultime 5 campagne le importazioni di riso lavorato dalla Cambogia nell’Unione europea sono aumentate da 5 mila a 181 mila tonnellate, raggiungendo il 23% di tutto l’import UE, grazie alla completa liberalizzazione tariffaria, avvenuta il 1° settembre 2009, a favore dei Paesi beneficiari del sistema di preferenze tariffarie generalizzate di cui all’articolo 1, § 2, lettera c (EBA) del regolamento (UE) n. 978/2012. L’evoluzione delle importazioni a dazio zero dalla Cambogia ha assunto proporzioni che compromettono il corretto funzionamento dell’organizzazione comune di mercato. La concorrenza cambogiana ha di fatto ridotto i prezzi di mercato del riso greggio di tipo indica prodotto nell’Unione europea al di sotto dei costi di produzione, provocando, di conseguenza, una prima sensibile contrazione delle superfici seminate nel 2014 (circa 22% in meno). Il persistente aumento delle importazioni dalla Cambogia, oltre che dal Myanmar, continua a creare pressione sul mercato UE con conseguente ulteriore riduzione dei prezzi del riso greggio e disincentivo a coltivare questo tipo di riso. Senza l’urgente attivazione delle misure di salvaguardia, le industrie italiane (e quelle dei Paesi produttori dell’UE), non potranno più approvvigionarsi di riso greggio indica e perderanno il mercato del riso lavorato indica, acquisito nell’ultimo decennio grazie a importanti investimenti in corso di ammortamento. Ciò causerà un irreversibile deterioramento dell’equilibrio economico e finanziario del settore industriale al quale sarà impossibile porre rimedio a posteriori, con conseguente crisi occupazionale e serio rischio di fallimenti. Il consumo comunitario tenderà a dipendere sempre più dalle importazioni. Poiché il riso è un prodotto estremamente sensibile per molti Paesi, in particolare dell’estremo Oriente, la sicurezza degli approvvigionamenti di riso per il mercato comunitario sarà a rischio (cfr. le misure protezionistiche adottate in anni recenti dall’India, dall’Egitto e dalla Thailandia). In considerazione della peculiarità della coltura, un drastico calo delle superfici determinerà difficoltà di approvvigionamento e aumento del costo dell’acqua per le aziende agricole che continueranno a coltivare riso japonica; conseguenze ambientali irreversibili nel medio periodo, tra cui lo sconvolgimento della biodiversità; l’abbassamento della falda freatica con conseguenze per l’approvvigionamento idrico anche per uso domestico e industriale”.
QUESTE SONO LE IMPRESE ITALIANE COLPITE
Il dossier anti-Cambogia spiega che “nel 2013 le aziende risicole italiane hanno prodotto 485 mila tonnellate di riso greggio indica, dalla cui vendita, considerati i prezzi medi della campagna, ricaveranno circa 126 milioni di euro, con una perdita di 30 milioni di euro, tenuto conto di una stima dei costi di produzione pari a circa 156 milioni di euro. Da questo riso greggio l’industria ricaverà una disponibilità vendibile di circa 290.00 tonnellate di riso lavorato indica, diretto concorrente del riso lavorato cambogiano. Per l’industria italiana, il riso lavorato indica rappresenta, a prezzi correnti, un giro d’affari di 232 milioni di euro.Una minor disponibilità di riso greggio provocherà una drastica riduzione del giro d’affari dell’industria italiana con seri rischi di carattere economico, finanziario e sociale”. La quasi totalità del riso indica italiano viene collocato negli altri Paesi Ue. Circa l’80% viene collocato in sette Paesi UE, Francia, Germania, Repubblica Ceca, Belgio, Ungheria e Polonia, tra cui vi sono i principali importatori di riso cambogiano. Secondo il documento, “nel 2013 le aziende risicole di tutti gli altri Paesi dell’Unione europea hanno prodotto circa 637.000 tonnellate di riso greggio, per un valore, a prezzi medi di mercato, di 160 milioni di euro. Il costo produttivo è stimabile a 190 milioni di euro. Gli altri risicoltori dell’Unione Europea in questa campagna non riusciranno a coprire i loro costi produttivi per circa 30 milioni di euro. Da questo riso greggio l’industria degli altri Paesi produttori ricava una disponibilità vendibile di circa 387.000 tonnellate di riso lavorato indica, diretto concorrente del riso lavorato cambogiano, per un valore stimabile, a prezzi correnti, a 310 milioni di euro. I produttori italiani sono i primi interessati dalla concorrenza del riso cambogiano, rappresentando il 43% di tutta la produzione UE di indica. Seguono i produttori spagnoli con il 32%”. LA SECONDA PARTE DELL’ANALISI SARA’ PUBBLICATA DOMANI. (08.07.14)