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RINATURAZIONE DEL PO IN STAND BY

Po

Il progetto di rinaturazione del fiume Po non si ferma. Tuttavia, dovrà tener conto degli investimenti agricoli, a partire da quelli dei pioppicoltori, minacciati da uno dei progetti più importanti finanziati con il PNRR. Tutte le confederazioni agricole sono schierate contro il progetto. Quest’ultimo è legato in modo inscindibile alla quarta rata del PNRR: il Governo, quindi, non può permettersi di sfilarlo dal novero delle azioni da compiere con i finanziamenti europei.

QUALI INTERVENTI IMPATTANO L’AGRICOLTURA?

Per questo, gli assessori regionali ieri hanno convenuto con l’AIPO (Agenzia Interregionale per il Fiume Po) di rivedere quegli interventi che hanno impatto sull’agricoltura. Non è ancora chiaro come il tutto si svolgerà ma è chiaro che si tratta di un negoziato.

Da un lato, l’AIPO non può rinunciare alle 5 aree di intervento che qualificano il piano; dall’altro gli agricoltori non possono vedersi sottrarre migliaia di ettari, soprattutto quando si parla di coltivazioni che richiedono investimenti decennali. Al momento, si è deciso di rivedere le modifiche suggerite da AIPO, probabilmente ci sarà una conferenza dei servizi che farà il punto.

LE VASCHE DI LAMINAZIONE E LA PIOPPICOLTURA SUL PO

All’orizzonte, ci potrebbe essere una ridefinizione delle aree, dove si progetta di realizzare vasche di laminazione e intervenire sui ponti, allargare l’alveo e liberare lanche interrate da decenni. In queste operazioni è prevista anche la revisione della piantumazione – ecco come la pioppicoltura è investita del problema – cui non si può rinunciare poiché rappresenta un intervento qualificante per raggiungere la finalità della decarbonizzazione che è – politicamente – la ragion d’essere del programma finanziato dal PNRR.

UNO STANZIAMENTO DI 357 MILIONI

Il progetto di “Rinaturazione dell’Area del Po” è previsto dall’Investimento 3.3 del PNRR con uno stanziamento di 357 milioni di euro, coinvolge l’intera asta fluviale e attraversa quattro regioni (Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto) su un’area molto vasta: il fiume, infatti, scorre per 652 km e ha un bacino idrografico di ben 71.000 km2.

La Val Padana è una delle aree a maggiore antropizzazione nel nostro paese. Infatti, il fiume attraversa un vero e proprio corridoio ecologico. Ques’ultimo secondo i promotori del progetto, «conserva ancora un buon potenziale di recupero dei processi geomorfologici, ecologici e di biodiversità e costituisce un bene comune di straordinaria rilevanza sociale e ambientale e un patrimonio insostituibile da conservare e valorizzare anche per le generazioni future».

UN PROGETTO, TANTE FILIERE

L’azione di rinaturazione prevista mira a ripristinare le caratteristiche ambientali e la funzionalità ecologica dell’ecosistema del fiume, «in relazione alle sue condizioni potenziali, determinate dalla sua ubicazione geografica, dal clima, dalle caratteristiche geologiche e geomorfologiche del sito e dalla sua storia naturale pregressa».

A questo scopo, gli interventi e le azioni del progetto dovranno necessariamente comportare impatti considerevoli sulle aree circostanti l’alveo fluviale. Si tratta di aree ad oggi destinate alle attività agricole, zootecniche e all’arboricoltura: dai foraggi, al riso, al pomodoro da industria, alla barbabietola, fino ai pioppi. Insomma, sono tante le colture e le altrettante filiere d’eccellenza per la nostra economia. Filiere che si vedrebbero sottratti ettari attraverso espropri o revoche di concessioni che rischiano di minare, in alcuni casi, la sopravvivenza stessa delle aziende agricole.

NATURA NON FA RIMA CON RESILIENZA

Il progetto prevede, tra le altre azioni, il ripristino e l’attivazione di meandri e lanche. Poi, si aggiunge l’abbassamento dei pennelli di navigazione che genera delle aree “rinaturalizzate”. Le aree saranno difficilmente gestibili da parte delle autorità regionali o provinciali coinvolte. Pertanto, queste ultime saranno probabilmente destinate all’abbandono. Di conseguenza c’è il rischio di mettere a rischio la gestione delle acque in casi di eventi estremi.

TANTE CRITICHE

Le associazioni di categoria criticano aspramente il progetto. Non solo per la lamentata mancanza di confronto nel percorso di definizione dei piani d’azione e di intervento. A questo si aggiunge anche la visione futura del bacino del Po. Il fiume naturale, infatti, rischierebbe di far sparire l’uomo e l’agricoltura.

A rischio, oltre alle aree destinate alla risicoltura e foraggicoltura, ci sono 7.000 ettari di pioppeti (il 15% della superficie coltivata in Italia) il cui allevamento si basa sulla possibilità di occupare le aree golenali: espropri/ revoche di concessioni e rinaturazione di queste aree minerebbero un settore che alimenta l’industria mobiliera italiana, eccellenza nazionale, costringendo ad incrementare le importazioni dall’estero.

Inoltre, la dispersione delle acque prevista dal progetto, insieme all’accumulo di vegetazione e sabbia nell’alveo, per le associazioni di categoria mette a rischio la sicurezza dei territori circostanti in caso di eventi metereologici estremi, rischiando impatti disastrosi come quelli avuti di recente nelle campagne dell’Emilia Romagna.

La rete irrigua, poi, con i suoi canali e manufatti per la derivazione delle acque, sarebbe impattata nelle sue strutture. Ciò accade proprio in un periodo in cui sarebbe necessario impiegare risorse finanziare per rendere le infrastrutture irrigue più efficienti ed intelligenti per la gestione.

Non è da dimenticare, poi, il problema dell’esistenza di diversi progetti che potrebbero entrare in conflitto con gli interventi di rinaturazione. Tra questi c’è la bacinizzazione del fiume che in questi giorni ha avuto un OK da parte della Regione Lombardia.

Il mondo agricolo si chiede quale sia il reale motivo per un progetto così invasivo su un’area già così fortemente antropizzata, in cui gli interventi dell’uomo hanno in realtà attuato bonifiche e consentito, così, la sicurezza idrologica e lo sviluppo sociale ed economico del territorio nei secoli. Autore: Azzurra Giorgio

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