Il progetto Risobiosystem procede e i risultati sono incoraggianti, ma proprio per questo i ricercatori mettono le mani avanti: una cosa è la sperimentazione e una cosa la coltivazione, a partire dalle rese, che si presentano sensibilmente diverse. Questo progetto mette insieme diversi attori del mondo della risicoltura: l’Università degli Studi di Milano, di Torino e di Pavia, il CREA, il CNR, l’Ente Nazionale Risi, le regioni Piemonte e Lombardia, un gruppo di risicoltori sempre più nutrito e un agente di filiera, Ecor, marchio correlato con NaturaSì, uno dei leader italiani nella distribuzione del settore biologico. Quest’ultimo rappresenta una garanzia riguardo questo gruppo di operatori, infatti l’azienda provvede a verifiche in campo e sul prodotto più accurate di quelle previste dalla normativa, garantendo, conseguentemente, un prezzo più competitivo. Ciò è importante a causa delle difficoltà di certificazione riscontrate dalle istituzioni predisposte, come ha ricordato Patrizia Borsotto del CREA durante l’incontro di presentazione di questo progetto, voluto da ENR, tenutosi il 5 luglio a Castello d’Agogna.
In questa occasione, oltre alla dottoressa Borsotto, che ha parlato anche delle opportunità economiche (prezzo più alto e aiuti PAC relativi al greening) e di mercato (richiesta sempre maggiore dei consumatori) del riso biologico, hanno preso la parola alcuni delle enti sopraelencate illustrando i risultati ottenuti nelle ricerche di competenza effettuate. (segue)
Il gruppo di ricercatori e agricoltori impegnati in Risobiosystem
Il progetto è strutturato, in parte, come una ricerca partecipata dal basso, si organizzano incontri plenari dove ognuno mette in tavola le proprie conoscenze in un ambiente dinamico che permette un confronto diretto, dove si giunge con più rapidità alle soluzioni. Ogni attore fornisce i propri risultati di ricerca scientifica, agronomica o socio-economica senza restrizioni lasciando che sia il gruppo a valutarli e a scegliere la mossa successiva, fornendosi di un rapporto di fiducia che unisce i partecipanti. Il compito di gestione di questi incontri è stato affidato al CNR e all’Università di Milano. Quest’ ultima segue da vicino i risicoltori impegnati nel progetto partecipando ad ogni tavolo di lavoro e, durante la presentazione del 5 luglio grazie al professor Stefano Bocchi e all’assegnista Francesca Orlando, ha presentato le tecniche utilizzate e sottolineato come vi sia un gap di resa tra la sperimentazione e la pratica aziendale, a causa delle innumerevoli incognite di questa impostazione agronomica, molto più influenti che in agricoltura convenzionale.
Sono tre i principali modelli di gestione in sperimentazione attualmente presso le aziende:
1. False semine in asciutta con strigliatore: uso dello strigliatore per il diserbo meccanico, al posto o ad integrazione del classico erpice; 7 strigliature o combinazione di 2 erpicature (a 10cm) e 4-5 strigliature. Macchina leggera, dai bassi consumi, «pettina» la superficie del terreno, sradicando le plantule di infestanti, senza danneggiare il riso che viene seminato in profondità (circa 5 cm). Può essere impiegata in copertura, mantenendo un’asciutta post semina di 20-30 giorni.
2. Pacciamatura verde con uso di cover crop: semina di cover crop a fine estate, semina del riso in asciutta sulla biomassa di cover crop, abbattimento della biomassa con trinciatore o rullo, sommersione per 4-7 giorni che genera un processo di fermentazione a cui segue un’asciutta (2 settimane). Questa tecnica fornisce ottimi risultati in virtù dell’efficacia dei miscugli o della scelta singola di cover crop, ad esempio quelli contenenti Lolium multiflorum sono efficaci nel controllo dell’ Echinochloa sp, grazie all’allelopatia negativa che generano le essenze delle foglie di questo erbaio, di cui il riso non risente.
3. False semine in acqua con diverse macchine: Sommersione in presemina e lavorazioni in acqua con 2-3 passaggi superficiali. Sperimentazione di diverse macchine: rotolama, spianone modificato, fresa koreana, erpice modificato (simile erpice «vasino»). Innovazione di macchinari principalmente condotta da un’azienda. semina del riso a spaglio in acqua e utilizzo, con riso in campo, di un rullo per l’abbattimento delle ciperacee.
Riguardo alla tecnica basata sulle fermentazioni sono stati condotti degli studi, presentati a Castello d’Agogna il 5 luglio da parte dell’Università di Torino e dell’ENR, proposti dal dottor Aldo Ferrero. Della pacciamatura verde sono stati analizzati gli effetti su controllo infestanti, l’influenza su germinabilità riso (composti fitotossici da fermentazione) e l’azione su fertilizzazione, ottenendo queste conclusioni: ampia variabilità effetto cover crops su infestanti, diverso insediamento delle cover crops, diversa risposta delle differenti infestanti alla copertura (es. poco reattivi giavoni ed eterantere), effetto su infestanti prevalentemente dovuto ad azione pacciamante, concentrazione prodotti della fermentazione (es. ac. acetico) inferiore a quella tossica per la germinazione dei semi di riso e ampia variabilità di risposte produttive, legata ad ampia variabilità delle infestazioni.
Marco Romani, ricercatore dell’Ente Risi, ha illustrato le sue ricerche sulle tecniche di coltivazioni biologica in due campi prova e i valori della contaminazione di acqua, terreno e di ogni parte della pianta scaturiti dall’utilizzo dei fitofarmaci nelle zone limitrofe, riscontrando che vi sono: una buona efficacia della semina interrata con strigliatore anche in terreni di medio impasto-limosi, maggiori criticità in ambiente di Baraggia, difficoltà per le colture intercalari e per quelle in rotazione, limitata efficacia dei concimi organici e nessun effetto della contaminazione delle acque sulla presenza di residui nei tessuti della pianta, inoltre la falsa semina in acqua con successivo utilizzo dell’erpice «vasino» ha conseguito un controllo delle infestanti accettabile.
Il Crea sta anche lavorando sulla semente, analizzando le scelte varietali dei risicoltori e individuando degli olii essenziali e componenti pure valutandone il potere inibente nei confronti di Fusarium fujikuroi, al fine di creare una concia adatta al contenimento, come è stato spiegato da Stefano Monaco, che ha anche ricordato l’impegno volto alla costituzioni di varietà sempre più resistenti al brusone.
Dunque le tematiche da analizzare in questo progetto sono giunte ad alcune risposte, anche se ancora parziali, al fine di delineare una metodologia efficacie di risicoltura biologica che non subisca oscillazioni nelle rese eccessivamente ampie come quelle viste fino ad ora. Il gruppo sembra affrontare con serietà ed innovazione una ambito agronomico che può rappresentare una grossa opportunità anche nel nostro settore per innumerevoli motivi. Una delle caratteristiche più peculiari e punto di forza di questo collettivo è la grande condivisione e la disponibilità reciproca che caratterizza i partecipanti, elementi che hanno permesso una crescita esponenziale di conoscenza e capacità e anche la nascita di vere amicizie, soprattutto tra i risicoltori coinvolti negli incontri di aggiornamento periodico. Le parole del presidente di ENR, Paolo Carrà inquadrano così il progetto: «La domanda di bio è in forte aumento e vi è la necessità di fare chiarezza in un settore che è obiettivamente in forte evoluzione. Dalle relazioni del convegno si evince che coltivare riso biologico è complesso e necessita, da parte degli operatori, di attuare scelte colturali ben precise. Molte sono le variabili che ne influenzano la coltivazione, a differenza di quanto avviene per la risicoltura convenzionale. La rotazione è indispensabile e dove non è possibile farla non è possibile coltivare riso biologico. E’ importante- continua Carrà -altresì optare una corretta scelta varietale senza trascurare la necessità di verificare l’efficacia e l’efficienza dei controlli oggi in atto. È necessario continuare da un lato il confronto tra ricerca ed agricoltori biologici inteso come momento di acquisizione da parte dei ricercatori di informazioni e conoscenze da porre al vaglio della verifica scientifica. Dall’altro i partner del progetto devono chiedersi, in seguito a quanto è emerso negli interventi e nella visita alle aziende biologiche, se vi sia la necessità di ritarare ed approfondire alcuni ambiti di ricerca del progetto». Autore: Ezio Bosso