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«QUELLA SENTENZA CAMBIA MOLTE COSE»

da | 22 Ott 2015 | NEWS, Tecnica

gentPremetto che le sentenze non si discutono: si rispettano. Non è mia intenzione tradire questo principio nel massimo rispetto dell’operato del Giudice che ha seguito la controversia tra le società Almo e Sapise, conclusasi con la sentenza che Risoitaliano.eu ha riportato (http://www.risoitaliano.eu/la-sentenza-che-salva-il-sirio-cl/), citando anche l’accordo extragiudiziale che permette di coltivare ancora la varietà Sirio CL, al centro della disputa. Questa sentenza, come ha evidenziato il sito nel dare la notizia, produce delle conseguenze se non giuridiche sicuramente “comportamentali”, nel senso che va ad impattare sul lavoro quotidiano dei breeders, particolarmente per l’aspetto relativo alla registrazione delle nuove costituzioni, che seguono procedure comunitarie e pertanto simili in tutti i Paesi a vocazione risicola della Comunità europea.

Per registrare una nuova varietà, essa deve rispondere alle caratteristiche di distinguibilità, uniformità e stabilità, analizzando 38 caratteri di cui alcuni a variabilità continua; il termine che ricorre è il DUS. Inoltre tale varietà deve sottostare a prove funzionali e attitudinali che devono superare del 90% la produttività delle migliori varietà. Il ministero dell’agricoltura di ogni Paese in prima persona con sue strutture, ed è il caso di Grecia e Romania, o delegando a altre istituzioni di diritto pubblico, come avviene in Italia, con opportune convenzioni procede a effettuare l’iter burocratico finalizzato alla valutazione e, nel caso sia positiva, alla iscrizione nei registri nazionali prima e comunitari successivamente. A questo punto entro un anno dalla prima commercializzazione si può richiedere il brevetto nazionale attraverso le Camere di Commercio, Ministero dello Sviluppo, o la privativa Comunitaria. Come si evince dalle notizie divulgate, la privativa comunitaria attiva per la varietà Gladio ha permesso alla ditta Almo di procedere in giudizio sostenendo che la varietà Sirio CL fosse derivata dalla prima, come ha poi confermato il giudice.

Al di là degli aspetti squisitamente giudiziari ed economici, che non ci riguardano, la sentenza di Torino solleva degli interrogativi “funzionali”. Partiamo dalla registrazione del Sirio CL: a seguito del procedimento di valutazione da parte del ministero attraverso l’ex ENSE, è stato dichiarato che le due varietà Gladio e Sirio CL erano distinguibili per diversi caratteri morfologici e funzionali (precocità, gene Clearfield, produzione ecc.) e si è messa in commercio il Sirio CL in modo del tutto legittimo, salvo le successive rivendicazioni – legittime – di verifica della distinguibilità. A questo punto, il fatto che un Giudice abbia dichiarato attraverso l’analisi del Dna che i geni di Sirio CL che sono stati analizzati erano per circa l’80% derivati da Gladio e su tale base ha ritenuto la varietà “essenzialmente derivata” è lecito chiedersi innanzi tutto perchè il Ministero non accetti e non inserisca nella verifica della distinguibilità proprio l’analisi del Dna, evitando di mettere in difficoltà i breeder nel loro lavoro, sia perché l’analisi del Dna è un criterio scientificamente adeguato, sia perché può sempre venire effettuata in seguito alla registrazione, di fatto invalidandola.

Secondo punto. Alla luce di questa sentenza che valore ha il DUS rilasciato dagli enti preposti? Carta straccia. Non è neanche il primo caso, in quanto anni fa è stata ritirata dal registro una varietà che era troppo simile alla varietà Ariete e un altro caso si è avuto di una varietà iscritta in Francia o Spagna. Anche questo secondo aspetto del problema dovrebbe essere analizzato attentamente dopo la sentenza di Torino, che, come Risoitaliano.eu ha osservato, introduce degli elementi innovativi nel lavoro dei selezionatori di riso. Poiché però si lavora sulla base delle leggi esistenti e non di quelle che si dovrebbero riformare chiediamoci ora, alla luce di questa sentenza, cosa possa fare o non fare un breeder.

Se si dovesse prendere rigidamente in esame il giudizio citato, nel caso di varietà brevettate o con privativa, non si dovrebbe più effettuare una mutagenesi in quanto si modificano singoli geni (come nel caso di Carnaroli e Karnak che hanno solo il gene sd1 mutato), non si dovrebbero più fare reincroci con l’introgressione di geni di resistenza p.e. CL e Bl (brusone), dopo BC1, sarebbe proibita la stessa selezione massale, poiché ci troveremmo nello stesso background genetico. Quanto alla selezione genealogica, partendo da incroci semplici F1, si può ancora fare, ma avendo attenzione di selezionare verso il parentale non brevettato. Sicuramente, alla luce della sentenza di Torino si potrebbero usare varietà brevettate accordandosi con il costitutore, mentre nel caso di varietà non brevettate, ne è lecito l’utilizzo come germoplasma, evitando di realizzare però delle varietà troppo simili, le quali non verrebbero iscritte. Indubbiamente, ci troviamo di fronte anche a un vuoto normativo nell’indicare e fissare la percentuale di omologia e nel fissare i criteri e il numero di marcatori, ecc per la valutazione. Questo, per dire quale breccia una singola sentenza possa aprire nel quadro normativo del nostro lavoro, con ovvie ricadute scientifiche ed economiche. Personalmente, non uso brevettare le varietà che rilascio, sia per i costi di mantenimento dei brevetti che per i costi di una tutela eventuale., rimandando ad un impiego responsabile del germoplasma altrui, ma anch’io credo che dovrò riflettere bene sulle conseguenze di questo provvedimento giudiziario e anch’io ne terrò conto nella quotidianità del mio lavoro di breeder. Autore: Eugenio Gentinetta (18.10.2015)

LA LEZIONE DI EST SESIA

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