Vorremmo raccontarvi la storia del Creso e degli spaghetti radioattivi come ve la raccontano Dario Bressanini e Beatrice Mautino (nella foto grande, accanto alla loro “creatura”). Oppure, vorremmo affrontare il tema della celiachia con la stessa (scientifica) irriverenza. Invece, nel leggere “Contro natura”, il loro nuovo libro uscito in queste ore per i tipi di Rizzoli, ci soffermiamo inevitabilmente sui capitoli dedicati al riso. Diciamo subito che gli autori di questo viaggio dagli Ogm al bio – “falsi allarmi e verità nascoste del cibo che portiamo in tavola” recita il sottotitolo – non provengono dalla risaia, ma vi si orientano alla perfezione, anche perché si affidano a delle guide esperte, come il risicoltore novarese Nino Chiò, esplicitamente indicato come il novello Virgilio di questo viaggio dantesco nell’agroalimentare (che si tratti di Inferno, Purgatorio o Paradiso lasciamo a voi giudicarlo, dopo aver letto il libro), ed Eugenio Gentinetta, ampiamente intervistato in qualità di breeder indipendente. Gli autori – «un chimico che da una decina d’anni si occupa di divulgare la scienza di cio che mangiamo con tutti gli annessi e connessi del caso, OGM compresi, e una biotecnologa cresciuta in un bar di provincia al confine con le risaie del Vercellese e che della comunicazione della scienza ha deciso di fare un mestiere» come dicono loro stessi nel testo – toccano alcuni dei tasti dolenti della risicoltura e ne danno un’interpretazione, facendo parlare alcuni protagonisti. Per questo, chiedendo venia a chi si interessa di girasole, soia ovvero di mele, sfogliamo febbrilmente il libro fino a pagina 118. Capitolo: Che cos’è veramente un Ogm. Obietterete: in Italia non si coltiva riso Ogm e anche all’estero, a ben vedere, ne esiste uno solo, il famosissimo golden rice. Solo ufficialmente, ribattono gli autori di “Contro natura”. Già, perché la tesi di fondo dei due ricercatori – che non sono sicuramente No Ogm – è che «tutte le specie coltivate hanno avuto il loro DNA modificato, più o meno drasticamente, e che le modifiche genetiche le generiamo appositamente per ottenere piante con caratteristiche desiderate». In pratica, l’agricoltura esprime una vocazione storica alla modifica genetica, indipendentemente dalla tecnologia utilizzata per realizzarla e che un «OGM è tale quando la legge dice che e OGM»: non è affatto una battuta, perché secondo gli autori proprio in campo risicolo esiste un gruppo di risi che giuridicamente non sono Ogm mentre secondo loro, da un punto di vista scientifico, lo sono eccome. Stiamo parlando di tutte le varietà promosse da un colosso tedesco dell’agrochimica applicando una tecnologia americana, varietà resistenti a un diserbante – commercializzato per l’appunto dal colosso germanico – che stermina una delle malerbe più temute dai risicoltori. Secondo Bressanini e Mautino il motivo per cui questi risi non sono Ogm e vengono abitualmente coltivati nel nostro Paese – anzi, per dirla tutta, vanno per la maggiore – è soltanto quello di rispettare la lettera (ma, secondo gli autori di Contro natura, non la sostanza) della «Direttiva 2001/18/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 marzo 2001 sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati», e specificamente l’articolo 2 che elenca le tecniche e le procedure che segnano lo spartiacque tra ricerca genetica “buona” e Ogm. Il resto non ve lo raccontiamo, per non rovinarvi la sorpresa della lettura, ma avrete già capito che l’argomento è caldo, perché i due prendono di mira proprio la tecnologia leader del momento, quella cioè che negli ultimi anni ha conquistato ettari su ettari in questo Paese (e non solo), e la colpiscono con l’accusa più insidiosa proprio nel momento in cui la società tedesca si appresta a lanciare sul mercato nazionale un nuovo prodotto. Noi ne riparleremo. Se invece volete sapere quel che ne pensano Bressanini e Mautino non vi resta che leggere Contro Natura. E’ in vendita a 17,50 euro. (08.05.2015)
DE MINIMIS: IL NUOVO REGOLAMENTO
La Commissione europea pubblica il 13 dicembre 2024, il nuovo regolamento che alza la soglia “de minimis”, a 50.000euro/agricoltore/triennio.