«L’Italia non ci ha notificato il testo dei due decreti»: così parlò il portavoce del commissario alla Salute e sicurezza alimentare Vytenis Andriukaitis, aprendo l’ennesimo capitolo della storia infinita dell’etichettatura del riso (e della pasta). La notizia, rimbalzata da Bruxelles, conferma le incertezze che hanno circondato l’emanazione del decreto sull’etichettatura obbligatoria, prima annunciato dal Ministro Martina, quindi firmato ma non notificato all’Europa, infine, dopo che Bruxelles avrebbe fatto sapere a Roma che non avrebbe mai approvato questa riforma, nuovamente firmato, pubblicato in Gazzetta Ufficiale (con registrazione della Corte dei Conti) ma non notificato all’Europa, con la motivazione – a dir poco eccentrica – di “forzare” Bruxelles a dare «piena attuazione al Regolamento europeo 1169 del 2011» come ha dichiarato Martina, rammentando il ritardo della Commissione europea ad attuare entro il 2013 il Regolamento 1169 nella parte in cui prevedeva di introdurre norme che evitassero ai produttori di presentare come nazionali dei prodotti monoingrediente fatti con materie prime importate. La mossa italiana si basa sul precedente del latte – l’etichetta fu tardivamente autorizzata – ma rischia di essere “punita” da Bruxelles con una procedura d’infrazione, come conseguenza dell’aver legiferato in contrasto con la normativa europea.
Il pronunciamento della Commissione non permette dubbi: «abbiamo controllato ma secondo le informazioni che abbiamo, la notifica non ci è arrivata». Né arriverà, a quanto è dato di sapere, anche se ciò non inficia minimamente la validità legale del decreto. Ce lo conferma il direttore dell’Ente Nazionale Risi Roberto Magnaghi: «Non sappiamo se o quando sarà notificato il provvedimento – è la risposta alle nostre domande – ma per quanto ci riguarda il decreto ha valore legale, essendo stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e avendo preventivamente ricevuto il via libera della Corte dei Conti. Il compito degli operatori è osservare le leggi vigenti e questo decreto lo è e come tale andrà applicato».
Il provvedimento prevede tra l’altro che sull’etichetta del riso devono essere indicati: a) “Paese di coltivazione del riso”; b) “Paese di lavorazione”; c) “Paese di confezionamento”. Se le tre fasi avvengono nello stesso Paese è possibile utilizzare la dicitura “Origine del riso: Italia”. Anche per il riso, se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: Paesi UE, Paesi NON UE, Paesi UE E NON UE. Le indicazioni sull’origine dovranno essere apposte in etichetta in un punto evidente e nello stesso campo visivo in modo da essere facilmente riconoscibili, chiaramente leggibili ed indelebili.