Giusto un mese fa la Commissione UE ha rinnovato l’autorizzazione al commercio ed all’impiego per alcuni prodotti fitosanitari. Tra essi due hanno qualche attinenza con la risicoltura e meritano qualche breve osservazione. In primo luogo è stata rilasciata l’autorizzazione per il Bacillus subtilis ceppo IAB/BS03, che costituisce il principio attivo di un cosiddetto “biopesticida”impiegabile su colture ortofrutticole. Non è qui il caso di fare valutazioni linguistiche e psicologiche sull’orrendo neologismo “biopesticida” in cui il prefisso “bio” dovrebbe annullare gli effetti terroristici del successivo “pesticida”. E’ invece interessante notare che l’approvazione del prodotto fitosanitario naturale è avvenuta a maggioranza e non all’unanimità. La Svezia, normalmente molto favorevole a questo tipo di prodotti, ha votato contro l’autorizzazione e la Germania ha espresso un’astensione critica. Il motivo andrebbe ricercato nel profilo tossicologico di questo prodotto naturale, costituito da un ceppo batterico che presenterebbe rischi per la salute pubblica e l’ambiente tali da suscitare qualche preoccupazione. Tanto che gli studi dell’EFSA hanno richiesto ben quattro anni di valutazione e che la sofferta approvazione del “biopesticida” è stata condizionata a prescrizioni d’impiego molto stringenti per mitigare i rischi derivanti dalla distribuzione del microrganismo. Ad ennesima dimostrazione che “naturale” non significa automaticamente “innocuo” e privo di pericoli per l’uomo, gli animali e l’ambiente. Va incidentalmente ricordato che esiste già un ceppo di Bacillus subtilis autorizzato per l’impiego in agricoltura (il ceppo QST713). Alcuni anni fa una notissima multinazionale ne aveva richiesto ed ottenuto l’autorizzazione d’emergenza ai sensi dell’art.53 per l’impiego in risicoltura “biologica” in Italia. I risultati tuttavia erano stati piuttosto interlocutori, tanto che dopo un paio d’anni la richiesta di autorizzazione eccezionale non è stata più ripresentata.
Si segnala inoltre il rinnovo dell’autorizzazione come “sostanza candidata alla sostituzione” dell’alfa-cipermetrina, principio attivo di un formulato commerciale che può trovare impiego anche in risaia esclusivamente per la difesa dagli afidi (mentre la lambda-cialotrina è l’unica sostanza attiva per cui esiste un’autorizzazione all’impiego in risaia per la difesa in campo dal punteruolo acquatico). Come il piretro e le piretrine naturali autorizzate in agricoltura “biologica”, anche i piretroidi di sintesi (come appunto alfa-cipermetrina e lambda-cialotrina) sono sostanze insetticide non selettive ed ad ampio spettro, anche se generalmente poco persistenti. Inoltre presentano valori di PNEC (Predicted No Effect Cocentration) in genere molto bassi, indicativi di un profilo ecotossicologico piuttosto problematico, specie sugli organismi acquatici e sugli artropodi non bersaglio. Al punto che la DGR 1376/19 della Regione Lombardia prescrive per questi prodotti misure di mitigazione che comportino una riduzione della deriva del 90% in prossimità di corpi idrici rilevanti. In ogni caso tanto l’impiego del piretro e delle piretrine “naturali” quanto quello dei piretroidi di sintesi andrebbe attentamente valutato (sia in ambito agricolo, ed indipendentemente dall’adozione di tecniche di produzione “convenzionali” che “biologiche”, che in ambito urbano e civile) e limitato ai casi di effettiva necessità, adottando al tempo stesso tutte le misure idonee a limitarne i possibili impatti. Autore: Flavio Barozzi, dottore agronomo