Erano amici. Hanno lavorato insieme per decenni. I due Antonio. Finassi e Tinarelli. Due grandi esperti della scienza risicola. Oggi Antonio Finassi (foto piccola) piange l’amico scomparso pochi giorni fa (foto grande) e regala alla filiera questo ricordo toccante: «Ho incontrato Antonio alcuni giorni prima del suo commiato – ci scrive – al ritorno del mio soggiorno in spiaggia e per portargli alcuni prodotti del mio orto. Era di mattino e mi accolse sorridente, sereno, con la sua innata cortesia. Eravamo entrambi consci dell’inarrestabili progredire del male e del poco tempo che avrebbe riservato ai nostri incontri. Seguì un lungo fascinoso colloquio, tipico di due persone che hanno vissuto decadi di vita in comune, che hanno esercitato la stessa professione, che hanno condiviso esperienze ed interessi. Un riassunto di mezzo secolo di vita in due ore. Il tempo sedimenta e filtra i ricordi e le rievocazioni fanno emergere i fatti dell’esistenza che abbiamo confinato nei recessi della memoria ma che non abbiamo rimosso.
La nostra vita professionale ha avuto molti punti in comune, la ricerca, la divulgazione e i contatti internazionali. Rievocando una missione compiuta insieme in Pakistan, caratterizzata da un rocambolesco ritorno, il discorso si concentrò sul riso Basmati e sull’importante ruolo assunto da questa varietà nel mercato europeo. Antonio, dopo alcune considerazioni di carattere tecnico, si infervorò e ricordò che fu proprio lui nel 1963, tra lo scetticismo palese dei tecnici e degli economisti, a costituire la varietà Anseatico incrociando le due subspescie Indica (Bajang) con la Japonica (Allorio). L’Anseatico superò brillantemente il test commerciale comparativo a Bruxelles, nel confronto con i risi orientali e consenti alla risicoltura europea di proteggersi dalla libera introduzione dei risi esteri dl tipo lungo B. Purtroppo le caratteristiche agronomiche non erano all’altezza della nostra situazione climatica e occorreva proseguire la selezione e potenziare la linea di ricerca. Così non avvenne; è l’amaro destino di chi guarda troppo in avanti. I responsabili dell’epoca non seppero alzare lo sguardo al di là del contigente. Gli anni 90, con l’introduzione del californiano L202, ribattezzato Thabonnet dagli spagnoli, confermarono clamorosamente la validità della previsione di Tinarelli. Che poi tale argomento fosse ancora motivo di rimpianto e di amarezza risultò apertamente dalla sua rievocazione. E’ incancellabile il suo atteggiamento di consapevolezza e serenità che ha accompagnato questo nostro ultimo incontro. L’incontro tra due colleghi che hanno avuto l’incomparabile dono di fare un lavoro che ci piaceva. Congedandomi sulla soglia mi strinse la mano e mi congedò con una frase icastica “caro Tonino ci siamo divertiti”». (30.07.14)