Un cammino a ritroso nel tempo, fino alle origini della coltivazione del riso nella Pianura Padana. Questa è la storia che si dipana dalle mura antiche del castello di Cozzo. Il maniero è di proprietà della famiglia Gallarati Scotti ininterrottamente dal 1465, anno in cui Pietro Gallarati, da ricco e dinamico mercante e gentiluomo di origine gallaratese, diventa un feudatario degli Sforza che gli affidano questo territorio, che lui trasforma coltivando riso fin dall’inizio del ‘600.
UN PERCORSO STORICO UNICO
IL RAPPORTO CON IL DUCA DI MILANO
Il punto di partenza è proprio la concessione del feudo ai Gallarati. La concessione era un modo per rinsaldare il già forte legame con il duca di Milano. Duca a cui Pietro Gallarati era imparentato, essendo cugino della moglie, ma anche a seguito dei tanti servigi resi al signore meneghino. La sua famiglia, tra l’altro, aveva prestato la somma necessaria per poter acquistare il titolo di Duca, a suo tempo.
L’ARCHIVIO INEDITO
Tuttavia, la concessione andava rinnovata grazie alla procedura dell’infeudazione, ancora in vigore alla fine del Medioevo. Il signore legava a sé i suoi uomini più fidati concedendo terre e titoli. Cozzo fu una delle terre concesse ai Gallarati, ma fu quella a cui Pietro Gallarati rimase più legato. Da allora il castello e la proprietà è sempre rimasta nelle mani della famiglia, che ha anche conservato un archivio, pressoché inedito, nella casa di città, a Milano.
Negli armadi che conservano le carte secolari di famiglia, è stata ritrovata anche la pergamena lunga due metri, in perfette condizioni, che sancisce il patto di infeudazione. La data è quella dell’11 maggio 1465. Pietro Gallarati si affida all’architetto Benedetto Ferrini, anch’esso uomo di fiducia degli Sforza, per rinnovare il castello. Castello che verrà visitato anche da re Luigi XII di Francia. Al suo interno si conserva un affresco monocromo che solennizza proprio questo momento sicuramente straordinario.
I PRATI RISARI E L’AGRICOLTURA
In queste terre paludose si sperimentarono varie colture. Un documento del 1601, come ha sottolineato la professoressa Mauri, conferma che già dalla seconda metà del ‘500 c’era riso, i cosiddetti “prati risari”. All’inizio del ‘600 si parla già di più di mille pertiche di risaia. Si tratta di un’area vastissima che indica anche la vocazione di quest’area alla coltivazione risicola.
A confermare anche la volontà di sfruttare al meglio le potenzialità del territorio, nel percorso sono esposti i vari “privilegi” che consentirono a Pietro Gallarati e Cicco Simonetta, altro feudatario coevo, di derivare l’acqua, ancora una volta su concessione della famiglia ducale milanese.
Un’altra sala è dedicata ad un’altra opera essenziale per migliorare la proprietà: la bonifica dei laghi di Vinzaglio, avvenuta nel 1812. La costruzione del cavo Gallarati Scotti è un altro momento importante che consolida la vocazione risicola. E’ stata poi ricostruita nei dettagli la struttura geologica del territorio, anche in relazione all’area di Vinzaglio, con una completa esposizione di cartografie che descrivono l’evoluzione di quest’area nei secoli.