In un precedente articolo abbiamo visto il progresso tecnologico proporsi come un valido aiutante dell’imprenditore agricolo, consentendogli di adattare le nuove tecniche colturali, come guida assistita o interventi a dosi variabili, alla propria realtà aziendale. L’Italia, con le sue eterogeneità agronomiche, climatiche e tecnico-gestionali, si rivela un Paese estremamente lento ad adottare le nuove soluzioni colturali, con profonde differenze anche all’interno dei singoli settori, fatto particolarmente evidente nel cerealicolo e nel cerealicolo zootecnico. La più rapida conclusione di questa osservazione vedrebbe un fallimento delle aziende tecnologicamente più arretrate, ma ciò non rispecchia la realtà: il motivo di questo particolare comportamento è da ricercare nella profonda differenza tra l’innovazione ed il progresso nell’azienda agricola.
Possiamo definire un’innovazione, simile per natura ad un fattore qualitativo, come il cambio (o l’introduzione) di un processo o di un prodotto che consenta di ottenere un bene finale migliore del precedente, indipendentemente dalle condizioni in cui si andrà a operare: un classico esempio di innovazione è l’introduzione di un nuovo principio attivo, come un fungicida, in grado di proteggere al meglio la coltura e, al tempo stesso, aver minor tossicità verso l’uomo rispetto ad altri principi attivi della medesima classe. Il progresso all’interno dell’azienda agricola, molto più simile ad un fattore quantitativo, è definito dal valore aggiunto con cui l’innovazione andrà a generare reddito, aumentando le rese o massimizzando gli input di produzione.
Sembra essere molto sottile la linea che passa tra l’adozione di un’innovazione ed il suo reale ruolo nel progresso aziendale, così come è nascosta l’area tecnico-economica che l’imprenditore agricolo dovrà individuare per ogni sua scelta: ogni realtà agricola ha la sua area di progresso e necessita solo di alcune tra le innovazioni che lo sviluppo tecnologico fornisce. I principali fattori (che limitano o accentuano il valore aggiunto dato da un’innovazione) si possono raggruppare in 3 grandi classi, interconnesse ed in perenne mutamento: tra quelli agronomici (o pedologici) troviamo le classiche proprietà fisico-chimiche del terreno e la risposta strutturale del suolo all’azione degli attrezzi agricoli, la presenza di caratteristiche eterogenee all’interno degli appezzamenti e l’organizzazione delle lavorazioni in base alla tecnica colturale adottata; tra i fattori ambientali possiamo trovare gli andamenti pluviometrici, climatici e meteorologici locali, la composizione della fauna, della flora e della microflora all’interno e lungo i perimetri dei propri campi; i fattori colturali, dal nome stesso, fanno principalmente riferimento ai particolari bisogni di ogni varietà in ciascuno stadio colturale, un esempio sono i diversi asporti di azoto (N), fosforo (P) e potassio (K) lungo l’arco di crescita di una coltura, che vede il fosforo (base energetica per i processi biochimici) asportato in misura maggiore nelle prime fasi di crescita, l’azoto nella fase intermedia (per la strutturazione della pianta) e il potassio nell’ultima fase, con lo scopo di favorire l’accumulo di sostanze nutritive nelle cariossidi (passaggio “source-sink”, dalle radici alle cariossidi).
In base allo studio ed alla conoscenza di questi parametri si potrà indirizzare la propria azienda verso una specializzazione molto più attenta alla sfera economico-ambientale anche se, paradossalmente, è caratterizzata dalla presenza di un numero maggiore di “paletti” entro cui operare. Questo lavoro, che pare fin troppo certosino, si trova a valle dello studio della fattibilità economica, in quanto il progresso (quantitativo) si può presentare simile anche in base a scelte economiche diverse. Infine si ricorda come la creazione di gruppi locali di collaborazione (ufficiali o ufficiosi che siano) può portare enormi aiuti nell’introduzione di innovazioni “comuni”, che risultino economicamente valide in territori omogenei per natura o per tecnica, in un periodo dove ogni aiuto tra agricoltori è fondamentale per poter sostenere il futuro dell’agricoltura italiana ed europea. Autore: Fabio Buccioli