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PAN, MA CON QUALI STRUMENTI?

da | 28 Apr 2014 | NEWS

Si è tenuto nei giorni scorsi il corso di aggiornamento “Uso sostenibile (razionale) dei prodotti fitosanitari”, dell’Ordine dei Dottori Agronomi di Milano, Pavia, Lodi e Monza-Brianza. Con il contributo di docenti universitari quali Tommaso Maggiore e Luigi Mariani, del Dipartimento Scienze agrarie ed ambientali dell’Università di Milano, Paolo Balsari, Aldo Ferrero e Francesco Vidotto, del Dipartimento scienze agrarie dell’Università di Torino e di tecnici delle istituzioni pubbliche, come Beniamino Cavagna del Servizio Fitosanitario della Lombardia e Gianni Azzali di Arpa Lombardia, si è fatto il punto della situazione a poche settimane dall’entrata in vigore del Pan, il Piano di Azione Nazionale di recepimento della direttiva 2009/128/CE sull’uso sostenibile degli agrofarmaci, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 35 del 12 febbraio 2014.

Con il recepimento della direttiva 2009/128 dal 1° gennaio 2014 è entrata in vigore in tutto il territorio dell’ Ue la “difesa integrata obbligatoria”, in cui il ricorso al mezzo chimico diventa l’ estrema ratio cui ricorrere dopo aver utilizzato altri strumenti (mezzi di lotta fisici, meccanici, biologici) non sempre agevoli da individuare ed ancor meno da praticare. Il PAN, che ha visto la luce dopo una complessa e lunghissima gestazione (tanto da “nascere” appena in tempo per evitare all’ Italia una procedura d’ infrazione comunitaria per essere l’ ultimo Stato membro a recepire la direttiva 2009/128) indica dei vincoli piuttosto precisi e stringenti nell’ambito della formazione degli utilizzatori professionali, dei rivenditori e dei consulenti o della “certificazione” delle macchine per i trattamenti, ma rimane abbastanza sul vago nell’individuazione degli strumenti tecnici per attuare la difesa integrata obbligatoria.

In questo quadro di scarsa informazione (sembra che tra gli agricoltori la percezione dell’ obbligatorietà della difesa integrata non sia molto diffusa) e di ampia incertezza operativa il caso del riso appare abbastanza particolare. Le peculiarità della coltura rendono indispensabile conciliare  le necessità di protezione dell’ ambiente, in specie di quello acquatico cui la direttiva 2009/128 ed il PAN dedicano particolare attenzione, con l’ importanza che i mezzi chimici di difesa assumono, risultando di fatto imprescindibili per ottenere produzioni quantitativamente e qualitativamente accettabili. 

I prossimi mesi saranno probabilmente decisivi per capire se la direttiva sull’ uso sostenibile dei “pesticidi” (pessima ed un poco terroristica traduzione dall’ inglese pesticide, ovvero antiparassitario) ed il Pan si tradurranno in un nuovo vincolo, in un ulteriore carico burocratico ed un ulteriore rischio sanzionatorio che andrà a gravare sulla già traballante competitività delle aziende agricole in genere e  risicole in particolare. Oppure se si riuscirà a cogliere l’ opportunità di implementare un reale ed efficiente servizio di assistenza tecnica alle aziende che consenta di rendere quanto più razionale possibile il ricorso ai mezzi tecnologici, fitofarmaci in primis, indispensabili per un’ agricoltura moderna. Il lavoro da fare in questo senso è molto e difficile. 

Nello specifico caso del riso assume particolare importanza l’ approfondimento delle conoscenze sugli insetti che da alcuni anni rappresentano un problema per la coltura, con l’ individuazione di soglie di intervento (ad oggi non codificate) e con l’ implementazione di un sistema di monitoraggio a livello comprensoriale, risultando poco sostenibile economicamente e sostanzialmente illogico a livello tecnico un monitoraggio aziendale (e discorso del tutto analogo vale per Diabrotica e Piralide nel mais). Sarebbe pure utile disporre di dati pubblici sulle varietà resistenti alle avversità (in particolare alle patologie fungine) purtroppo difficili da reperire da quando Ente Risi ha dovuto interrompere l’attività di sperimentazione varietale “on farm”. Per non parlare delle problematiche malerbologiche, aggravate dalla rarefazione dei principi attivi disponibili, e dal rischio di interpretazioni restrittive della normativa (ad esempio in tema di  distanze dal reticolo idrico) che potrebbero creare gravi problemi di sostenibilità economica della coltivazione. L’obiettivo, in ogni caso, dovrebbe essere quello di mettere a disposizione dell’agricoltore, attraverso l’assistenza di una consulenza tecnica qualificata, le informazioni  e le indicazioni per attuare piani di difesa integrata che siano realmente tali, e non si limitino ad un mero adempimento burocratico e ad un semplice aggravio di costi.

La discutibile esperienza dell’applicazione a livello lombardo della “direttiva nitrati”, basata su un supporto informatico del tutto avulso dalla realtà (oltre che molto lacunoso  a livello di telematica), induce a qualche preoccupazione. Il corso tenutosi a Milano a cura dell’ Ordine degli Agronomi ha dimostrato l’interesse e la disponibilità dei tecnici al confronto ed alla discussione che porti a soluzioni concrete e praticabili, a partire dall’ eventuale elaborazione di un Piano di Azione Regionale che declini in termini aderenti alle effettive realtà della Lombardia le indicazioni piuttosto generiche del Piano di Azione Nazionale. La parola passa ora alle Istituzioni ed alle organizzazioni professionali. Autore: Flavio Barozzi. (22.04.14)

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