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«OGNI MAGAZZINO DEVE AVERE L’HACCP»

da | 13 Lug 2019 | NEWS

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Le multe ai magazzini e i sequestri di risone degli ultimi tempi meritano di fare chiarezza su un punto: come difendersi prima dagli infestanti e di conseguenza dai Nas? Purtroppo i sindacati agricoli hanno sottovalutato questo aspetto, ma è possibile fare chiarezza tecnicamente. Uno dei tecnici più esperti in questo campo è Paolo Guerra (nella foto), titolare di Evoluzione Servizi Srl (una delle primarie aziende di servizi per l’assistenza e il controllo degli infestanti nel settore agro alimentare), nonchè consulente e auditor in NOPEST®.

Innanzi tutto, l’agricoltore è tenuto ad applicare il sistema HACCP?

Il principio della prevenzione igienico-sanitaria introdotto in Europa con la Dir. Cee 93/43 e recepito in Italia nel 1997 (oggi normato dal Reg. CE 852 del 2004), è più che mai attuale. La stessa circolare della Regione Lombardia del 26 novembre 1998 in merito all’applicazione dell’Haccp, se letta correttamente, recita che: “sono escluse dall’applicazione di tale sistema le aziende agricole che stoccano temporaneamente il prodotto senza alcun trattamento post raccolta..”. Ebbene, non è un trattamento post raccolta l’essicazione? Non sono trattamenti post raccolta la refrigerazione o la disinfestazione? Con il Reg. (CE) 178/2002, le linee in materia di igiene vengono dettate “from field to fork”: in parole povere se un risicoltore essica e/o stocca o fa qualsiasi tipo di trattamento una volta portato il risone in azienda deve applicarlo.

A cosa serve?

l’Haccp può rappresentare lo strumento ideale per evitare problematiche ai consumatori e garantire che le derrate siano state correttamente gestite da tutti i componenti della filiera. Di fronte al ruolo sempre più aggressivo dei produttori spagnoli, portoghesi e greci e alle conseguenze dei mercati globali con massicce importazioni da paesi terzi, il significato di qualità di filiera potrebbe rappresentare un interessante obiettivo per i risicoltori italiani.
Il sistema aziendale deve tuttavia disporre di procedure definite, un insieme di istruzioni tecniche che, scritte ed applicate nella singola azienda, consentono agli addetti di svolgere delle operazioni con l’ausilio di specifiche, con riferimenti numerici definiti (limiti, dosi, tempi, parametri), che devono essere controllati con idonee strumentazioni. L’esito dei controlli e delle verifiche deve essere riportato su dei moduli (semplici, di facile compilazione) comprensibili da terzi.

E’ realmente tutto ciò in un’azienda risicola?

Per un approccio che possa effettivamente differenziare il riso nazionale dagli altri, consentendone una valorizzazione rispetto ai prodotti coltivati altrove, è possibile impostare, almeno inizialmente, il “sistema filiera” sull’igiene. Garantire al consumatore un prodotto sano, igienico e integro dal punto di vista sanitario, implica di per sé la possibilità di garantirne i valori nutrizionali. In ambito comunitario queste attività devono essere svolte sotto controllo igienico e sanitario a fronte di limitazioni o addirittura divieti:sull’impegno di taluni prodotti chimici (fertilizzanti, diserbanti, prodotti fitosanitari in fase di coltivazione e stoccaggio), e sulle caratteristiche fisico-chimiche delle acque (in fase di coltivazione e trasformazione); sui requisiti strutturali degli edifici interessati alle lavorazioni (depositi di stoccaggio, sistemi di essicazione, processi produttivi e di trasformazione); sulla formazione e tutela richieste dei lavoratori operanti nel varie realtà aziendali… Tutto questo non accade nei paesi terzi. Simili garanzie nella comunità europea, e in Italia soprattutto, non possono però esistere solo a parole. Purtroppo, in particolare nelle aziende italiane, vige l’abitudine di assicurare che il prodotto è sì igienico e le operazioni sono svolte correttamente, ma quando si tratta di dimostrare quanto affermato con l’ausilio di poche carte, nascono i problemi.

Esattamente ciò che è avvenuto – pare – nelle aziende colpite dalle sanzioni. Come premunirsi?

In post raccolta, le cause che inducono ad alterazioni sul risone (con risvolti fisici e conseguentemente igienici e nutrizionali) sono inizialmente attribuibili all’eccesso di umidità del prodotto e ai limiti strutturali dei locali di stoccaggio. Questi elementi possono portare non solo alla comparsa di insetti, ma conseguentemente all’aumento delle temperature con formazione di funghi e muffe e con l’innesco di processi alternativi influenti sia sull’aspetto qualitativo sia su quello igienico-sanitario. Per questi motivi è necessario stabilire dei requisiti minimi sulle strutture e le attrezzature occorrenti, per assicurare da un lato la buona e corretta prassi colturale, dall’altro una conservazione in post raccolta ottimale, con l’ausilio di procedure (anche detti “disciplinari”) per lo svolgimento di ogni operazione. L’umidità compromette fortemente la fase di conservazione: l’essicazione del risone dovrebbe portare a livelli di umidità del 13% per le varietà Japonica e dell’11% per le varietà Indica. Il grado di umidità raggiunto deve essere controllato e registrato in apposita modulistica.

Cosa bisogna fare poi?

Durante la conservazione è necessario svolgere dei controlli sulla merce, attraverso l’impiego di trappole per la cattura d’insetti. Per i depositi sono impiegabili quelle a sonda (Probe trap, PC trap), introdotte nella massa del risone con densità di una trappola per 150-200 mq nei depositi orizzontali e una o due per ciascun silo verticale. Per il monitoraggio dei lepidotteri, sono impiegabili trappole ad imbuto (Mastrap, Bucket trap, Black stripe) innescate con feromoni sessuali a densità di una ogni 150-200 m3 di volume nei depositi orizzontali, e almeno una ogni silo verticale. Le trappole devono essere ispezionati ogni 15 giorni, registrando il numero degli insetti catturati su apposito modulo.

I topi sono l’unico problema?

Il monitoraggio dei roditori risulta di notevole importanza non solo per i danni diretti ma soprattutto per il possibile veicolo di virus e batteri di notevole interesse sanitario. Il controllo di questi nocivi avviene con l’ausilio di specifiche trappole e con erogatori di esche a norma con le disposizioni igieniche in materia. Il controllo (ogni 20-30 gg.) consente di valutare la densità delle popolazioni murine e la loro effettiva presenza nell’area circostante i depositi.

Qual è il ruolo della temperatura?

La refrigerazione dovrebbe consentire il raggiungimento di temperature inferiori ai 18 °C, possibilmente vicino ai 10-12 °C in caso di stoccaggi prolungati (6 mesi). Questi livelli assicurano un equilibrio microclimatico tale da evitare lo sviluppo dei parassiti. In realtà, uno dei maggiori problemi è proprio rappresentato dalla gestione di questi sistemi. Raramente si vedono depositi di stoccaggio muniti di sonde termometriche a molteplici letture, le quali consentirebbero l’ottimizzazione delle macchine per la refrigerazione e la possibilità di dimostrare a terzi l’effettivo andamento delle temperature escludendo a priori alterazioni tali da innescare processi tossinogeni.

Se il magazzino è infestato, che faccio?

Anche gli interventi di lotta chimica devono essere svolti con procedure precostituite, specificando i composti utilizzabili, le dosi e le modalità di distribuzione dei prodotti fitosanitari.

Cosa deve garantire un magazzino dal punto di vista strutturale?

Per quanto riguarda i requisiti strutturali dei depositi, in base alla normativa igienico-sanitaria, devono essere rispettate le indicazioni della Legge 283/1962, richiamata nei contenuti del Reg. CE 852 del 2004, che impone l’autorizzazione sanitaria nei depositi di materie prime destinati all’alimentazione. L’interessamento, spesso equivoco, delle commissioni agricole ha portato alla conclusione che qualsiasi azienda agricola che abbia investito milioni per stoccare i risoni al riparo, si ponga sul mercato allo stesso modo di un’azienda che intende stoccare il prodotto sotto ad una tettoia. La stessa circolare della Regione Lombardia del 26 novembre 1998 in merito all’applicazione dell’Haccp, consente alle aziende risicole ampie interpretazioni: in realtà se letta correttamente recita che: “sono escluse dall’applicazione di tale sistema le aziende agricole che stoccano temporaneamente il prodotto senza alcun trattamento post raccolta..”. Ebbene, non è un trattamento post raccolta l’essicazione? Non sono trattamenti post raccolta la refrigerazione o la disinfestazione? Con l’attenzione che il consumatore ha oggi sull’aspetto igienico degli alimenti, più per i fenomeni negativi amplificati dalla stampa che non per le leggi già vigenti, il riso potrebbe trovare una collocazione ideale. Il vero problema è che quando si parla di igiene, ma spesso accade per altri contesti, è che si parla solamente. Non si dimostra. Il risultato è quello di un’involuzione continua. Deve essere chiaro che, se per gli avanzamenti tecnologici e produttivi avuti negli scorsi decenni si fossero attese delle leggi o dei controlli ufficiali oggi non saremmo arrivati ad ottenere alcun vantaggio. In realtà i progressi si sono ottenuti singolarmente o a livello associazionistico. Autore: Martina Fasani

LISTINI OSCILLANTI

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