La “telenovela Glifosate” si arricchisce di una nuova puntata, che potrebbe dar luogo a vari sviluppi. Nei giorni scorsi la Commissione Europea ha deciso di non decidere in merito alla procedura di rinnovo (o di revoca) dell’autorizzazione della sostanza attiva, che scade al prossimo giugno, chiedendo agli esperti di 28 stati membri di inviare ulteriore documentazione ed eventuali istanze di modifica alla proposta di regolamento attualmente in discussione, che dovrebbe tornare sul tavolo al 18 maggio. La “non decisione” della Commissione ha scatenato le polemiche reazioni delle organizzazioni “ambientaliste”, tutte schierate per la messa al bando di questo prodotto fitosanitario peraltro molto impiegato in settori non agricoli che vanno dalla manutenzione dei bordi stradali e delle sedi ferroviarie a quella del verde pubblico e dell’ uso “domestico”. Bisognerà quindi attendere ancora per conoscere il destino di questa molecola, un tempo esclusiva dell’americana Monsanto, ma oggi prodotta e commercializzata da moltissime ditte di tutto il mondo. Ce ne occupiamo sia perché il glifosate è utilizzato anche dai risicoltori, seppur non in operazioni direttamente connesse alla coltura del riso, sia perché lo stop and go and stop di questa sostanza rischia di condizionare le decisioni su altri principi attivi, quelli sì di interesse strettamente risicolo.
Partiamo dallo scenario. Negli scorsi mesi sul glifosate è iniziata una vera e propria telenovela di studi scientifici presentati, smentiti o contestati cui è davvero difficile tener dietro. Basti ricordare tra di essi lo studio della IARC per cui il glifosate sarebbe “probabilmente cancerogeno” e quello più recente dell’ EFSA che“…esaminata una corposa massa di evidenze scientifiche, compresi alcuni studi di cui IARC non ha tenuto conto…”, conclude affermando: “… è improbabile che il glifosato sia genotossico (cioè che danneggi il DNA) o che rappresenti una minaccia di cancro per l’uomo”( http://www.risoitaliano.eu/lefsa-assolve-il-glifosate/ ). Ad essi si potrebbero aggiungere altri studi e notizie di stampa sulla presunta pericolosità dei coformulanti della sostanza attiva nei prodotti commerciali. Tra di essi merita una citazione la nota informativa di alcuni ricercatori dell’ISPRA che nel 2014 individuavano tra i più pericolosi coformulanti associati a glifosate l’ acido pelargonico (unico erbicida “biologico”, peraltro totale e non selettivo, ad oggi registrato), il benzoato di sodio (naturalmente presente in mirtilli ed albicocche, ed utilizzato industrialmente nella produzione di cosmetici), ed addirittura l’acido ascorbico, ovvero la comunissima e “benefica” vitamina C, a cui venivano associati rischi di “gravi irritazioni della pelle,nausea, vomito, polmonite chimica, e mal di gola … reazioni allergiche …danni genetici nei test di laboratorio”!
Al di la di ogni valutazione sulla serietà, indipendenza e credibilità degli studi scientifici su cui ognuno è ovviamente libero di formarsi una propria opinione, pare evidente come la crociata contro il glifosate abbia quale secondo, o forse primo e vero fine, le colture ingegnerizzate con geni di tolleranza all’erbicida che peraltro non sono coltivate nel territorio dell’ UE. Qui, come paventa anche una importante organizzazione agricola notoriamente non favorevole ai cosiddetti OGM, si corre il rischio di vietare l’ uso della molecola in Europa ma non l’importazione da ogni parte del mondo di prodotti trattati con glifosate, che andrebbero beffardamente a fare una spietata ed ancor più agevole concorrenza low-cost a quelli di origine comunitaria.
Come più volte richiamato il glifosate è una sostanza attiva di impiego relativamente secondario e limitato in risicoltura (è escluso, ad esempio, da alcuni disciplinari di produzione del riso utilizzato nei prodotti per l’ infanzia, senza conseguenze significative sulla redditività della coltura). Molto più rilevante è il suo ruolo per altre coltivazioni, oltre che in pratiche agro-ambientali come l’ agricoltura “conservativa” (incentivata tra l’ altro dai PSR) per la quale questa molecola assume un ruolo pressoché fondamentale. Inoltre trova largo impiego (in misura peraltro non precisamente quantificata e generalmente non controllata) in ambiti extra agricoli quali appunto il diserbo di strade, ferrovie, canalizzazioni, verde pubblico e privato.
Sul rinnovo dell’ autorizzazione al glifosate l’ Italia ha espresso un parere nettamente contrario. I ministri Martina (Politiche agricole), Galletti (Ambiente) e Lorenzin (Salute) hanno annunciato di avere “…iniziato un lavoro coordinato con le Regioni per incentivare pratiche agronomiche più sostenibili …” senza peraltro fare alcun cenno all’ ampio impiego della molecola che viene fatto da parte di amministrazioni dello Stato, enti pubblici, enti locali e parastatali. La posizione “proibizionista” espressa dall’ Italia potrebbe generare un “effetto domino” -tutto politico e non tecnico- su altre molecole di cui è attualmente in discussione il percorso autorizzativo. Tra cui il triciclazolo, ovvero la sostanza attiva di più comune impiego nella difesa fitosanitaria contro la Pyricularia oryzae. Secondo alcuni osservatori infatti la difficile azione di ampliamento del consenso all’autorizzazione del triciclazolo (attualmente sostenuta da Paesi produttori di riso tra cui l’ Italia e dal Regno Unito, forse per ragioni commerciali) passa attraverso il coinvolgimento della Germania. Che sarebbe, secondo i rumors, tra gli stati membri più interessati al rinnovo dell’ autorizzazione al glifosate: il “ruggito della formica” italiana potrebbe quindi scatenare la vendetta del leone tedesco. Per questo nella “telenovela glifosate” potrebbe trovare applicazione il principio del “simul stabunt simul cadent” ed in questo caso il triciclazolo rischierebbe più di qualcosa. Arriviamo dunque al punto: la filiera risicola italiana vuole evitare che il triciclazolo subisca le conseguenze di un’eventuale sconfitta del fronte “pro Glifo”, venendo vietato anch’esso. Sono state compiute diverse missioni a Bruxelles, anche sotto la guida tecnica dell’Ente Nazionale Risi; si è mosso il Copa-Cogeca; hanno preso posizione Cia e Confagricoltura. In queste ore, a quanto ci risulta, la filiera del riso torna a muoversi per chiedere a gran voce l’autorizzazione del triciclazolo o comunque la sua autorizzazione in deroga. Lo scenario su questo punto è ancora quella descritta in http://www.risoitaliano.eu/triciclazolo-verso-lautorizzazione-temporanea/ : se riuscirà a sottrarsi al gorgo del glifosate, questa sostanza attiva potrà accedere a un’inclusione temporanea nell’elenco dei principi attivi autorizzati in agricoltura. Con sollievo dei risicoltori europei. (14.03.2016)