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NON BASTA DIRE BIODIVERSITÀ

da | 10 Giu 2018 | NEWS

Il rapporto sulla biodiversità pubblicato da Rete Rurale Nazionale continua a far discutere. Il documento  – “La Politica di Sviluppo Rurale 2014/2020 per la Biodiversità, Natura 2000 e le Aree protette”, predisposto nell’ambito delle attività del progetto CREA 23.1″Natura 2000, Biodiversità e Aree Protette. Programma LIFE” in collaborazione con il WWF Italia – inquieta molti agricoltori che vedono dissipare risorse pubbliche e soprattutto vedono le istituzioni procedere in senso diametralmente opposto a quel che richiederebbe l’agricoltura italiana.

Il rapporto si pone sostanzialmente il problema di come l’agricoltura debba essere finanziata dai Psr per contribuire alla conservazione di specie ed habitat. Alla base di questo lavoro c’è un approccio conservatore, che presuppone l’utilità di intervenire il meno possibile sull’ecosistema per conservarlo. In realtà, sempre più spesso, è vero il contrario. La presa di posizione di Coldiretti Lombardia in merito a questo argomento è stata chiara, richiamando l’emergenza dell’invasione di specie aliene: «Con oltre ventimila varietà di flora e fauna la Lombardia rappresenta da sola il 30% delle circa 63 mila specie esistenti in Italia, molte delle quali sono a rischio per l’invasione di parassiti “alieni” provenienti da altri continenti».  La Popillia japonica è stata segnalata per la prima volta in Lombardia nel luglio 2014 lungo il Naviglio Vecchio a Turbigo (MI) e da allora il numero delle aree interessate è andato crescendo anno dopo anno:  se nel 2015 – continua la Coldiretti regionale – erano 5 i comuni focolaio, alla fine dello scorso anno il loro numero era salito a 113, mentre nello stesso periodo i comuni cuscinetto sono passati da 8 a 145. La Popillia è considerata un vero e proprio flagello per almeno un centinaio di specie di forte interesse economico come il mais, la vite, il pomodoro, i meli e i fiori. Si teme che presto attacchi il riso.

Tra gli ultimi insetti arrivati in Lombardia dall’estero a causa dell’intensificarsi degli scambi commerciali – spiega la Coldiretti regionale – c’è poi la “cimice marmorata asiatica” (Halyomorpha halys) che sta distruggendo i raccolti nei frutteti, negli orti e interessa anche le grandi coltivazioni di soia e mais. Tra le colture più colpite quella delle pere nel Mantovano. Proveniente dall’oriente c’è inoltre il tarlo asiatico (Anoplophora chinensis), che mangia i tronchi degli alberi. Nemiche della biodiversità vegetale lombarda anche la vespa del castagno e la diabrotica, che proviene dall’America e attacca il mais, una coltura danneggiata anche dalla presenza ormai radicata della nutria, un animale di origine sudamericana. Tra i principali nemici della fauna autoctona lombarda ricordiamo lo scoiattolo grigio che sta sfrattando il più piccolo e pacifico cugino italiano, il gambero della Louisiana che ha colonizzato canali e aree umide, risaie comprese, la testuggine dalle orecchie rosse. Dall’Est Europa il pesce siluro e dall’Oriente la vespa velutina, che si ciba delle più comuni api.

A questa situazione si sovrappone l’emergenza cinghiali che ormai sono giunti, nella loro espansione, fino alla bassa Pianura Padana, partendo, ad esempio, nell’areale novarese e limitrofo, dal Parco del Ticino. Paola Battioli di Confagricoltura Novara ci dice: «l’espansione di questa specie è ormai pressoché incontrollabile, anche a causa di difficoltà nell’attuazione della battute, che richiedono personale  di controllo (Polizia Provinciale) in orari straordinari poiché l’animale concentra gli spostamenti all’alba e al crepuscolo. Le opere di abbattimento fatte fin ora, inoltre, non sono state per nulla selettive finendo per aumentare il potenziale riproduttivo della specie. Anche riguardo i risarcimenti vi sono delle problematiche che si legano, in particolare, alla Regola de minimis proposta dell’UE». La regola, a cui fa riferimento Battioli, prevede che lo Stato e le altre Amministrazioni pubbliche possono erogare aiuti alle imprese solo nel limite di determinati massimali, fissati in percentuale sugli investimenti, autorizzati espressamente dalla Commissione europea. L’importo totale massimo degli aiuti di questo tipo ottenuti da una azienda agricola è a dir poco restrittivo, assai inferiore rispetto ad altri tipi di imprese. Ciò significa che per stabilire se un’impresa possa ottenere una agevolazione in regime de minimis e l’ammontare della agevolazione stessa, occorrerà sommare tutti gli aiuti ottenuti da quella impresa, a qualsiasi titolo (per investimenti, attività di ricerca, promozione all’estero, ecc.).

Queste restrizioni non colpiscono solo i risarcimenti danni causati dai cinghiali, ma siano relativi ad ogni forma di danno animale. Anche la popolazione delle nutrie è in crescita esponenziale nelle zone risicole: con la creazione di tunnel e tane sotterranee causano frane e perdite idriche dalle camere di coltivazione. Battioli aggiunge: «le modalità di azione per la lotta alla nutria sono ancora da chiarire; l’animale è stato dichiarato ufficialmente dannoso nel luglio 2014, peccato che non siano state spiegate le modalità d’attuazione dell’eliminazione o  proposti dei mezzi di controllo, rendendo la riuscita di qualsiasi operazione ad oggi impossibile. La responsabilità è passata dalle mani dei Comuni (impossibilitati per ragioni burocratiche e di disponibilità ad intervenire) alle Regioni che hanno avuto, però, diverse difficoltà ad applicare di qualsiasi misura».

Riguardo alla Popillia, infine, Paola Battioli ricorda che il problema è dipeso anche difficoltà di controllo dell’inoculo, presentatosi nei pressi del Parco del Ticino, per problemi nel rilascio dei permessi di spargimento dei fitofarmaci, il che ha consentito il fenomeno diventasse incontrollabile com’è oggi. Queste emergenze dimostrano che non è sufficiente pronunciarsi per la biodiversità per garantire l’equilibrio dell’ecosistema, in quanto nel mondo globalizzato non sono le attività agricole a insidiarla. Al contrario, come dimostra il caso delle specie aliene l’attività degli agricoltori è l’unica in grado di custodire l’equilibrio dell’agroecosistema. Un ruolo che andrebbe riconosciuto dalle istituzioni pubbliche. Autore: Ezio Bosso

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