LA LEGUMINOSA PIACE AL RISO
«Dal punto di vista produttivo, la varietà S. Andrea, utilizzata in tutti gli otto anni di sperimentazione, ha conseguito delle buone prestazioni – osservano i ricercatori -, dimostrando una resa unitaria più alta quando coltivata in successione alla soia. La maggiore fertilità residua e una leggera minore pressione malerbologica hanno permesso di ottenere una produttività più alta del riso che segue la leguminosa, soprattutto, nel caso della pacciamatura verde. Tale tecnica, infatti, non prevede la possibilità di destinare la cover crop intercalare al sovescio, per cui il riso risulta maggiormente dipendente dalla fertilità residua lasciata dalla coltura principale in precessione.
Considerando, quindi, un programma di rotazione che valorizzi la produttività del riso, dai risultati conseguiti emerge come il riso intervallato, in alternanza, dalla soia e dal cereale autunno-vernino, garantisca migliori prestazioni. Il cereale autunno vernino, di difficile coltivazione nei suoli tendenzialmente sabbioso-limosi dell’area risicola, risulta importante nel programma di rotazione in quanto consente una riduzione della pressione malerbologica, in particolare delle specie graminacee, per mezzo della possibilità di effettuare una falsa semina estiva».
SI RAGGIUNGE UNA STABILITA’ PRODUTTIVA MIGLIORE CON SEMINA INTERRATA E FALSA SEMINA
I ricercatori ci dicono che «dal confronto delle due tecniche di coltivazione del riso si può concludere, dopo questi otto anni di valutazione, come la semina interrata, implementata dalla falsa semina e dall’utilizzo dell’erpice strigliatore, abbia conseguito una maggiore stabilità produttiva rispetto alla pacciamatura verde. Occorre, tuttavia, tener presente la necessità di dover spostare l’epoca di semina a fine maggio – primi di giugno, in modo da prolungare la falsa semina e aver minori probabilità di incorrere in periodi piovosi nei 10-15 giorni successivi alla semina.
Per ottenere un successo produttivo è, infatti, fondamentale l’accessibilità degli appezzamenti alle operazioni di strigliatura pre-emergenza e post emergenza a partire dalla seconda foglia, decisamente più efficaci quando effettuate su suolo non compattato da eventi meteorici. La tardiva epoca di semina impone, di conseguenza, una limitazione alla scelta varietale e risulta maggiormente problematica nelle zone poste più a nord dell’areale risicolo italiano. La pacciamatura verde, per contro, permette di anticipare anche più di 15 giorni l’epoca di semina. Se condotta, come al Centro Ricerche, in semina in acqua, consente di risolvere la criticità delle infestazioni di Cyperus esculentus, non controllabili né con la falsa semina tradizionale, né con l’erpice strigliatore. La pacciamatura verde presenta nella perdita di germinelli, per effetto della fermentazione della biomassa delle cover crop, il principale fattore di limitazione della stabilità produttiva». Nessun nuovo dato sulla resa delle varietà biologiche sottoposte a sperimentazione. (Nella foto, Marco Romani)
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