Si torna a parlare della legge sul mercato interno del riso. Nei giorni scorsi al Senato si sono tenute alcune audizioni, presso la commissione agricoltura, sulle “Disposizioni in materia di sostegno al settore riso” contenute nel disegno di legge sulla semplificazione e competitività nel settore agricolo, il cosiddetto “collegato agricolo”. La delega, qualora approvata, consentirebbe al Governo di emanare rapidamente un decreto legislativo per sostituire la legge 325 del 1958, su cui da anni si ripetono i tentativi per un aggiornamento. Il 6 maggio sono stati auditi i vertici dell’Ente Nazionale Risi, mentre l’8 maggio è stata la volta di Airi e Assosementi. Nei giorni successivi, si è tenuto un ulteriore incontro, più politico, presso il Ministero delle politiche agricole, per raggiungere una soluzione di compromesso tra le confederazioni agricole, preoccupate che la legge indebolisca il posizionamento di mercato delle tradizionali varietà italiane di riso, e l’industria risiera, che chiede invece una maggiore flessibilità nella gestione delle denominazioni, per uniformare il mercato interno agli usi degli altri mercati del mondo. L’Ente Nazionale Risi ha presentato all’audizione in Senato una relazione che dice: “Il riso è uno dei pochissimi prodotti agroalimentari che vanta una apposita legislazione concernente l’etichettatura, la legge 18 marzo 1958 n. 325, che è tuttora in vigore nonostante l’introduzione di normative successive, sia nazionali sia comunitarie, applicabili a tutti i prodotti. La legge attualmente in vigore prevede che le diverse varietà di riso greggio coltivato possano essere vendute, una volta effettuata la trasformazione in riso commestibile, con la denominazione fissata ogni anno, con un apposito decreto del Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico. La legge prevede inoltre una classificazione che distingue il riso nelle classi merceologiche comune, semifino, fino e superfino, che non risultano però definite da alcuna norma o standard internazionale.
Affinchè l’intera filiera risicola possa continuare a mantenere la sua peculiarità e competitività, oggi è però assolutamente necessario che si doti di criteri oggettivi, trasparenti e determinati per poter “classificare”, in vista della vendita, l’inestimabile patrimonio varietale italiano che conta ben 200 varietà di riso iscritte al registro varietale. E’ questo stesso numero che rende evidenza di una realtà produttiva che non può continuare ad essere disciplinata per la vendita mediante pubblicazione di un decreto annuale e pone in luce la necessità di fondarsi su criteri di classificazione chiari ed oggettivi.
L’obiettivo da realizzare è l’adozione di norme più chiare e semplici, perfettamente inquadrate nella normativa comunitaria vigente. La semplificazione delle regole di etichettatura agevolerà le imprese che confezionano il riso in Italia, rendendole competitive nei confronti di quelle che, confezionando il riso in altri Paesi, non sono tenute al rispetto della normativa italiana.
In accordo con tutta la filiera, l’Ente Nazionale Risi da tempo si sta prodigando per individuare soluzioni adeguate a rispondere alle esigenze di innovazione, trasparenza e tutela del consumatore.
Già negli scorsi anni era stato predisposto un disegno di legge che, tuttavia, non aveva potuto concludere il suo iter parlamentare. Ciò nonostante, il lungo lavoro preparatorio per arrivare alla stesura di quel testo si è rivelato prezioso per predisporre una nuova bozza, tenendo conto delle criticità che avevano reso difficile il cammino del precedente disegno di legge.
Da tale testo sono stati mutuati gli elementi basilari per impostare una nuova proposta, che si fonda su due assunti ampiamente condivisi: 1. la necessità di una classificazione merceologica aderente alla normativa comunitaria, che prevede la suddivisione in tre gruppi (tondo, medio e lungo) sulla base della misura del granello; 2. la salvaguardia delle denominazioni varietali oggi più note e maggiormente utilizzate, che sono un patrimonio della filiera risicola italiana.
Per realizzare questi due obiettivi, la bozza proposta prevede di: 1. poter genericamente vendere il prodotto come riso Tondo, Medio e Lungo, 2. codificare come denominazioni di vendita alcuni dei nomi di varietà divenuti sinonimi di eccellenza qualitativa – come Carnaroli, Arborio, Roma/Baldo, S. Andrea e Vialone Nano – per riservarne l’utilizzo commerciale solo al riso con caratteristiche merceologiche ben definite, a prescindere dalla varietà agronomica da cui esso è ottenuto.
La filiera ha inoltre proposto che venga istituito un registro, dove vengono elencate le caratteristiche merceologiche utilizzate per la classificazione delle nuove varietà. Tale registro dovrà essere redatto e gestito dall’Ente Nazionale Risi, che possiede tutte le necessarie competenze tecniche per tale compito. Il testo prevede, infine, una tutela specifica per i marchi collettivi che identificano il prodotto di qualità e che comunicano al consumatore una certa “reputazione”. Vi sono quindi i presupposti per valorizzare il ruolo del marchio collettivo “Riso italiano”, registrato dall’Ente Nazionale Risi, che fornisce un’indicazione certa circa l’origine nazionale del riso contenuto nelle confezioni che presentano tale marchio”. (16.05.14)