Il Risicoltore, mensile dell’Ente Nazionale Risi, pubblica, sul numero in distribuzione postale in questi giorni, un lungo articolo sulla nuova legge del mercato interno del riso italiano. Un articolo importante, perché offre il punto di vista dell’Ente Risi su una riforma in cui questo ente ha avuto un ruolo di regia tecnica. Peccato che venga citata ampiamente la bozza della nuova legge, approvata dalla filiera del riso, ma il testo, anche questa volta non venga fornito al lettore. Lo facciamo notare perché – come abbiamo dimostrato nei mesi scorsi, fornendovi puntualmente le diverse versioni della bozza in questione – la trasparenza non è solo una bella parola e non condividere con la filiera i documenti che saranno destinati a modificare profondamente il modo di lavorare dei suoi operatori rappresenta a nostro giudizio un malvezzo antico. Significa non permettere di lavorare all’agricoltore che non ha santi in paradiso, cioè che non ha un amico nelle stanze in cui si decidono le regole del gioco. Sappiamo bene che l’Ente Risi, in quanto ente pubblico (ancorché economico), deve rispettare procedure lunghe e a volte farraginose ed è probabilmente per questo che non è stato autorizzato a pubblicare il testo finale di una legge di cui ormai si conosce il 99%, anche per Risoitaliano ne ha seguito la genesi passo per passo. Sappiamo anche che al Ministero delle politiche agricole siedono occhiuti funzionari che in questa partita hanno giocato un ruolo da protagonisti e che non amano condividere le informazioni con il pubblico, che è poi quell’omino in fondo alla sala che sta sempre in penombra e diventa importante solo al momento di pagare le tasse… Vabbè, fermiamoci qui e leggiamo quel che passa il convento, che, tra parentesi, è molto interessante perchè a redigerlo è stata Anna Callegarin, ossia il funzionario che per l’Ente Risi ha seguito tecnicamente tutta la vicenda. Per chi poi volesse leggere la bozza approvata dalla filiera (ovviamente la versione ufficiosa ma attendibile che ci passano le solite fonti bene informate) può farlo leggendo quest’articolo: http://www.risoitaliano.eu/accordo-sulla-riforma-del-mercato-interno/
Ecco invece cosa scrive il giornale dell’Ente Risi: «Dopo un anno e mezzo di serrate discussioni nell’ambito del comitato tecnico di filiera, lo scorso 3 febbraio si è finalmente arrivati alla stesura di un testo approvato in linea di massima da tutti i partecipanti al tavolo (organizzazioni agricole e industriali, rappresentanti delle ditte sementiere) e patrocinato dai Ministeri competenti (Politiche agricole e Sviluppo economico) nonché dalle Regioni risicole. Resta ancora aperta la discussione sulle caratteristiche merceologiche (tenore massimo di rotture consentite per i risi “fuori griglia”) che deve presentare il riso confezionato e commercializzato in Italia, ma si è concordato che il testo approvato potrà essere oggetto di un decreto legislativo nel caso non si raggiunga in breve tempo un diverso accordo. L’attuale stesura riassume e aggiorna le varie bozze predisposte nel corso degli anni, aventi tutte l’obiettivo di rispondere alle esigenze di innovazione, trasparenza e tutela del consumatore, lasciandosi alle spalle una legge (la n. 325 del 1958) che, pur essendo stata un valido strumento di regolazione del commercio del riso in Italia, risente da tempo della necessità di una profonda revisione. In sintesi, due sono i principali caratteri distintivi dell’attuale proposta. Il primo concerne i gruppi varietali: la denominazione dell’alimento riso viene adeguata in primo luogo alla normativa comunitaria. Il riso potrà, quindi, essere venduto seguendo la classificazione europea che distingue il riso tondo, quello medio, quello lungo A e quello lungo B, abbandonando la precedente indicazione, facoltativa ma ancora molto utilizzata, di comune, semifino, fino e superfino, che non risulta definita da alcuna norma o standard internazionale. Il secondo punto prevede di consolidare in vere e proprie denominazioni i nomi delle varietà tradizionali, che sono un patrimonio della filiera risicola italiana: Arborio, Baldo, Carnaroli, Ribe, Roma, S. Andrea e Vialone nano. I rapidi cambiamenti che stanno intervenendo negli scenari commerciali e la necessità di andare verso una sempre maggiore trasparenza e garanzia del consumatore, rendono, infatti, indispensabile da un lato tutelare i nostri prodotti di eccellenza, e dall’altro fornire all’industria di trasformazione strumenti che l’aiutino a essere competitiva sul mercato globale, in entrambi i casi con vantaggio per l’intera filiera. La tutela delle varietà tradizionali Per garantire l’eccellenza dei nostri risi, le sette denominazioni citate potranno essere utilizzate solo per il prodotto ottenuto da risone dell’omonima varietà o di una varietà similare che rispetta caratteri biometrici predeterminati che garantiscono uniformità di comportamento alla cottura. Tali caratteri sono descritti nella cosiddetta “griglia”, già presente attualmente nel decreto annuale. Non sono ammesse miscele di varietà diverse, come avviene già attualmente. Nel caso si utilizzi risone della varietà omonima (risone di Carnaroli per produrre riso lavorato etichettato come Carnaroli), sarà possibile aggiungere alla denominazione varietale anche l’aggettivo “classico”, ma solo a condizione che la coltivazione e la lavorazione industriale avvengano seguendo un protocollo che garantisce la tracciabilità varietale. Un obiettivo che si vuole realizzare con la nuova legge è anche l’adozione di norme più chiare e semplici, inquadrate nella normativa comunitaria vigente. Sarà, infatti, possibile etichettare il riso, non appartenente alle griglie di cui abbiamo parlato precedentemente, anche solo con la semplice indicazione del gruppo merceologico (tondo, medio, lungo A o lungo B). In pratica si tratta principalmente delle varietà tonde e delle varietà di tipo indica (gruppo lungo B), che già oggi non hanno una loro riconoscibilità varietale da parte del consumatore. In sede di controllo del prodotto, sarà verificata solo la rispondenza dei granelli alle misure (lunghezza e larghezza) previste per ciascun gruppo, senza necessità di identificare la varietà utilizzata che potrà essere anche più di una. Resta tuttavia la possibilità, facoltativa, di indicare in etichetta accanto al gruppo, il nome della/e varietà di risone utilizzata/e. Sono state codificate una serie di definizioni che tengono conto della sempre più ampia diffusione di tipologie di risi che subiscono lavorazioni particolari (semilavorato) o hanno pericarpo colorato (riso rosso, riso nero) o riuniscono in un’unica confezione risi bianchi e colorati, parboiled e integrali (miscele di risi colorati). E’ stata prevista inoltre l’istituzione di un registro, redatto e gestito dall’Ente Nazionale Risi, dove saranno elencate le caratteristiche merceologiche utilizzate per la classificazione delle varietà (misure del granello, consistenza) e verranno descritte le caratteristiche visive del granello (forma del dente, della perla, ecc.). Il testo prevede, infine, una tutela specifica per i marchi collettivi che identificano il prodotto di qualità e che comunicano al consumatore una certa “reputazione”».(18.03.15)