Un successo internazionale. E Paolo Marchi, patron del primo congresso italiano di cucina d’autore gongola. Per tre giorni, ha riunito a Milano la migliore sapienza ai fornelli, gli chef pi esperti (e pi pagati) che hanno rivelato i loro segreti nell’ambito di vere e proprie conferenze scientifiche. Il dato pi interessante sicuramente il "pienone" di Palazzo Mezzanotte, che dimostra il bisogno di cultura che attraversa lo stesso settore della ristorazione. Abbiamo assistito cos alla preparazione del risotto rinascimentale di Pietro Leemann, gli arancini di Ciccio Sultano e il riso croccante mantecato di Carlo Cracco. Paolo Marchi aveva presentato "Identit golose" (il nome del meeting) cos: "qualcuno un giorno avr pur creato il Risotto alla Milanese, e magari qualcuno altro lo avr anche criticato, dicendo ‘non va bene, giallo, il risotto deve essere bianco!’. Ora, intascato il successo, il critico enogastronomico del Giornale ci dice di pi sul rapporto tra riso e alta cucina: "Il peso del riso destinato a crescere – ci dichiara – anche se, Cracco a parte che cerca nuovi sentieri, nessun altro da noi lo studia come un Decosta in Spagna. Uno cuoco italiano al nostro congresso ha commentato la relazione dello chef spagnolo cos: "doveva arrivare uno da Alicante per spiegarci le percentuali di amido del riso!" Di certo il riso pi coccolato della pasta nei grandi locali, ma noi italiani siamo un po’ prigionieri della grandezza del risotto che ci frena nella ricerca di nuove forme di espressione e di cottura". Secondo Marchi, "gli chef interpretano meglio il riso italiano che quello straniero" ma esistono molte modalit di utilizzo ancora inesplorate: dalle creme alle frittate ("il riso al salto uno solo e solo quello!"), agli stessi arancini. "Abbiamo creato un capolavoro – aggiunge – che il risotto, ma lavoriamo solo a quello. Perci aspettiamoci ancora che Decosta, con il suo prossimo libro, ci insegni a usare il nostro riso come neppure immaginiamo".
IL CLIMA CAMBIA, CARTESIO NO
Un Carnaroli produttivo e molto stabile che fa della precocità una marcia in più