Recentemente, il Mipaaf ha pubblicato il “Manuale di Difesa Integrata” (per scaricarlo clicca QUI) predisposto ai sensi della dir.UE 128/2009 come recepita dal D.l.vo 150/2012 e dal DM 22/01/2014 (il cosiddetto PAN). Uno snello volumetto di 24 pagine che detta i principi generali per l’applicazione della difesa integrata obbligatoria introdotta dal PAN a far tempo dall’1 gennaio 2014, definiti con il contributo di un consiglio tecnico-scientifico di ben 23 esperti e di un coordinatore. Si tratta di una pubblicazione dalla simpatica veste grafica che, con tono piuttosto didascalico, elenca le opportunità ed i vantaggi che si realizzerebbero con la difesa integrata delle colture (anche se forse, a livello di definizione, sarebbe più scientificamente corretto parlare di “protezione integrata” in senso lato, piuttosto che di “difesa” in senso stretto).
La traduzione dei principi generali elencati nella pubblicazione del MIPAAF in azioni pratiche da realizzarsi nella realtà di campo resta tuttavia relegata in ambiti abbastanza generici, se non opachi e fumosi, specie se ci si riferisce alle colture cerealicole. Purtroppo, l’impostazione generale del “Manuale” ministeriale fa evidente riferimento a situazioni colturali, come quelle dell’ arboricoltura da frutto e del vigneto, in cui la protezione delle produzioni era affidata in passato ai trattamenti “a calendario”, ma non sembra tenere in particolare conto l’esistenza di altre problematiche ed avversità (come ad esempio quelle legate alla flora infestante) che rappresentano il principale problema fitosanitario per una vasta gamma di colture erbacee (ma non solo erbacee) tra cui il riso.
La difesa integrata, resa obbligatoria dal PAN entrato in vigore con il DM 22-01-2014, comporta in realtà un lavoro complesso fatto di valutazioni e di scelte sulla necessità e sulle modalità con cui effettuare gli interventi di protezione delle colture. Che non può ridursi (lo si dice -sia chiaro- senza alcun intento polemico ma anzi con spirito assolutamente costruttivo) all’ emanazione di indicazioni generiche o di norme restrittive percepite dagli agricoltori come più o meno “casuali”, oppure al rispetto di adempimenti più formali che sostanziali. Al contrario necessita di un grande sforzo di coordinamento, di concertazione e di confronto che sia in grado di rendere realmente sostenibile l’ utilizzo dei prodotti fitosanitari, che restano in larga misura un irrinunciabile strumento per la realizzazione delle produzioni quantitativamente e qualitativamente sicure richieste alla moderna agricoltura. Il coinvolgimento dei tecnici che vivono quotidianamente le realtà “di campo” in qualche forma di “tavolo di coordinamento” con le istituzioni competenti (a partire dai servizi fitosanitari delle Regioni) potrebbe probabilmente rappresentare un passo avanti su questa strada. Autore: Flavio Barozzi, dottore agronomo – flavio.barozzi@odaf.mi.it (18.07.2015)