Risobiosystems è un progetto dedicato all’approfondimento scientifico delle tematiche circostanti alla risicoltura biologica, al fine di creare un bagaglio conoscitivo che possa legittimarla e proporla con credibilità sempre maggiore sul mercato. Esso è finanziato dal Mipaaft e comprende numerosi enti scientifici che svolgono diverse ricerche e studi specialistici tra loro paralleli.
Ente Nazionale Risi durante la campagna 2017 ha svolto, come riportato nel Risicoltore di settembre 2018, uno studio inerente ai rischi di contaminazione della granella e della pianta di riso delle coltivazioni biologiche, derivanti dai residui dei prodotti fitosanitari impiegati nella produzione tradizionale, presenti nell’acqua e nel suolo. In particolare, circa il suolo, è stata analizzata anche la possibilità di riscontrare la presenza di residui agro farmaceutici, potenzialmente assorbibili dalla coltura.
Il processo di recupero dei dati si è basato sul campionamento sistematico di terreno, acqua, pianta e granella durante tutta l’annata 2017 in due sedi con caratteristiche pedo culturali differenti: l’Azienda agricola sperimentale del Centro Ricerche sul Risodi Castello d’Agogna, che fino all’anno precedente aveva seguito un regime di coltivazione tradizionale nei terreni analizzati, e un’azienda agricola della baraggia vercellese, coinvolta nel progetto Risobiosystems, al secondo anno di conversione nella camera oggetto i studio. Il monitoraggio ha riguardato 48 principi attivi e 2 metaboliti di fitofarmaci, prendendo in considerazione i limiti proposti dalla Direttiva Europea 2000/60/CE per i campioni di acqua e dal Regolamento (CE)396/2005, entrambi emanati, come deducibile, dall’Unione Europea.
I risultati ottenuti al termine delle analisi dei campioni hanno fatto emergere, circa la presenza nelle acque, che il principio attivo con maggiori criticità è il bentazone, molto persistente che è stato ritrovato in entrambe le aziende, nonostante non sia previsto il suo utilizzo in risicoltura. L’MCPA è stato rilevato al di sopra dei limiti durante il periodo di utilizzo in risaia (fase di accestimento delle piante) in entrambe le aziende e in uno strano picco durante luglio 2017 in Baraggia. Anche il clomazone è stato ritrovato in entrambe le aziende, in Baraggia nel periodo di utilizzo (trattamento in pre-emergenza e post-emergenza precoce) mentre in Lomellina a distanza di qualche settimana, forse perché mobilitato dall’adacquamento della camera seminata in asciutta. Circa i residui nel terreno sono ritrovati valori critici di oxadiazon, glifosate e AMPA (metabolita del glifosate) in entrambe le aziende e triciclazolo solo in lomellina. Nella granella non sono stati ritrovati residui in nessuna delle due camere mentre nella pianta sono stati scoperti residui di oxidiazon.
«I risultati ottenuti nel primo anno del progetto Risobiosystems- spiega l’ENR sulle pagine del Risicoltore-hanno evidenziato come la presenza di prodotti fitosanitari nella acque del sistema risicolo non determina particolari rischi di contaminazione della granella di riso ottenuta con metodo biologico. Residui dell’erbicida oxidiazon sono stati rilevati nelle piante di riso in entrambe le aziende, limitatamente ai campionamenti effettuati nelle prime fasi di crescita della cultura. Al fine di approfondire i risultati preliminari precedentemente esposti, risulta importante incrementare il numero di monitoraggi, considerando tecniche e condizioni pedoclimatiche differenti». Autore: Angelica Bianchi